Non si tratta dell’ex-Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ma della sigla che sintetizza alcune caratteristiche dell’egemonia politica, sociale, economica e culturale che la Lega esercita in Veneto da oltre vent’anni: Comunicazione, Cemento, Capannoni, Prosecco (C.C.C.P.).

Alcune  ricadute ambientali più gravi di tale egemonia non vengono minimamente sfiorate neanche da una “narrazione terza”, sempre più addomesticata grazie ad un prolungato esercizio del potere  e anche alla mancanza di visione di chi, a parole, si propone e si professa alternativo al modello leghista imperante.

É un modello, quello della Lega, che si basa su una comunicazione (C) scientificamente studiata, pensata e costruita secondo una “didattica della comunicazione emotiva” (quando si dice parlare alla pancia degli elettori) con lo scopo di trasmettere ad una potenziale maggioranza elettorale, in modo parziale, semplificatorio e semplicistico, informazioni su temi complessi.

É una Comunicazione rassicurante, distrattiva, opportunista, capace di dare un lustro semantico e mediatico ai discorsi da bar e supportata dall’uso sapiente  dei social media il cui linguaggio favorisce la frammentazione della dialettica politica e simula un serio dibattito sui temi affrontati, aumentando nel contempo  la divisione, l’analfabetismo funzionale e il potere dei manipolatori. E’ un modello, quello veneto, che si basa sul Cemento (C).

La Regione Veneto è riuscita ad aumentare la cementificazione del suo territorio in presenza di  una legge che dal 2017 l’avrebbe dovuta contenere: è riuscita addirittura a consumare più suolo del periodo precedente all’entrata in vigore della legge. Il tombale silenzio politico e mediatico sulla incostituzionalità di tale legge è un altro miracolo  della (C) Comunicazione, reso possibile grazie alla ripetizione di Goebbelsiana memoria,  a reti mediatiche unificate, delle condivisibili premesse della legge (un copia e incolla dalle tesi ecologiste), ma vergognosamente tradite da una quantità industriale di esenzioni all’obbligo di non consumare suolo. 

É un modello, quello veneto, che si basa sulla (C) Capannonizzazione  delle campagne. La superficie totale occupata dai capannoni in Veneto è di 41.000 ettari (410 km2): un capannone ogni 54 abitanti. I dati non sono  forniti da un’associazione ambientalista ma da un rapporto del 2019 di Assindustria Veneto Centro che quantifica in 11.000 i capannoni industriali abbandonati: come se in ogni comune Veneto ci fossero 20 capannoni inutilizzati. 

E’ un modello, quello veneto, che si basa sull’espansione imperialistica della monocoltura del (P) Prosecco in tutta la campagna veneta sopravvissuta alla cementificazione. 

Il modello CCCP lo possiamo vedere applicato in Veneto un pò dovunque. Il Comune di Dosson di Casier ne è un esempio. Recentemente, il sindaco leghista nel suo discorso pubblico  alla  Festa del radicchio rosso di Dosson  ha affermato che “la festa del radicchio rosso è un appuntamento che profuma di impegno, dedizione, amore per la terra e i suoi prodotti e il radicchio, per noi tutti, è il simbolo di questa terra, è il filo impercettibile che ci lega alla nostra storia e alla tradizione dei nostri avi”.

Ecco come la (C) “comunicazione-propaganda” stende un velo enorme, distrattivo e rassicurante sulle trasformazioni subite dall’ambiente di quel comune. Una comunicazione che non dice come le superfici per la coltivazione del radicchio rosso e altre colture per la  sovranità alimentare si siano ridotte e si stiano  riducendo per far posto a capannoni  (C), alla monocoltura del Prosecco ( P ), al Terraglio Est e  a nuovo cemento (C).

Un  consumo imperterrito di suolo che, grazie alle famigerate deroghe della legge ossimoro sul suolo della regione Veneto (Piano Casa, Ambiti di Urbanizzazione Consolidata, ecc.), sta letteralmente e topograficamente tappando di cemento tutti i buchi verdi a disposizione della comunità e che ha permesso a questo comune di raggiungere oltre il 35% di suolo consumato nonostante il generale calo demografico, il contestuale invecchiamento della popolazione e la disponibilità del patrimonio edilizio esistente. Questo infausto processo autodistruttivo avviene grazie anche al fumoso mantra della “rigenerazione urbana”, ispirato dalla “rendita immobiliare” e agito dai politici locali e che sta creando fenomeni di “gentrificazione” e “congestione urbana”. Non c’è che dire, il Veneto è proprio la terra dei miracoli: al miracolo del Nord Est, che ha visto sorgere capannoni ad ogni campanile, si aggiunge il miracolo della “comunicazione”, magari parlando di “cemento responsabile”, un altro ossimoro.

Dante Schiavon
Laureato in Pedagogia. Ambientalista. Associato a SEQUS, (Sostenibilità, Equità, Solidarietà), un movimento politico, ecologista, culturale che si propone di superare l’incapacità della “classe partitica” di accettare il senso del “limite” nello sfruttamento delle risorse della terra e ritiene deleterio per il pianeta l’abbraccio mortale del mito della “crescita illimitata” che sta portando con se nuove e crescenti ingiustizie sociali e il superamento dei “confini planetari” per la sopravvivenza della terra. Preoccupato per la perdita irreversibile della risorsa delle risorse, il “suolo”, sede di importanti reazioni “bio-geo-chimiche che rendono possibili “essenziali cicli vitali” per la vita sulla terra, conduce da anni una battaglia solitaria invocando una “lotta ambientalista” che fermi il consumo di suolo in Veneto, la regione con la maggiore superficie di edifici rispetto al numero di abitanti: 147 m2/ab (Ispra 2022),

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