IL RISCALDAMENTO GLOBALE

Farnia. La quercia di bassa pianura rischia l’estinzione locale a causa dell’abbassamento della falda freatica.

Certo se ne fa un gran parlare, anche troppo forse; nel senso che poi alle parole, agli allarmi, alle denuncie, agli atti d’accusa, non segue quasi nulla. Tutto, insomma, continua a navigare a vista, come prima, come sempre e come da sempre ha sancito il primato dell’economia sull’ecologia, intrinseco nel Capitalismo globale. Anzi, se se ne parla è perché qualche “fazione politica” – indovinate un po’ di quale segno – si scaglia con veemenza contro l’Istituzione Europa, colpevole di una politica di “ideologia green” (espressione idiota, quest’ultima, che naturalmente qualifica chi ne fa uso).

Eppure l’altro giorno, primi di febbraio di un inverno mai arrivato a destinazione, a Musile di Piave c’erano 15°C e i merli cantavano con almeno quaranta giorni di anticipo. Come a dire che si era in una inquietante primavera anticipata.

La ragione di questo nostro breve intervento, comunque, non è quella della denuncia di una situazione che ormai chiunque, anche gli scettici e i negazionisti, percepiscono sulla propria pelle, bensì quella di parlare delle conseguenze ecosistemiche del riscaldamento globale in atto. Dove gli ecosistemi di riferimento sono quelli a noi domestici e dunque la città, la campagna, i corsi d’acqua e la Laguna di Venezia. Cosa sta accadendo, insomma e cosa dobbiamo aspettarci per il futuro immediato e da qui a fine secolo.

La prima conseguenza sarà quella della perdita di acque dolci pulite. Nel senso che i ghiacciai alpini si estingueranno, che le portate dei corsi d’acqua perenni ne saranno impoverite e che la risalita del cuneo salino dalle foci dei principali alvei fluviali ne determinerà la non disponibilità per uso potabile e irriguo.

Niente paura, dirà qualcuno, c’è sempre la falda. Vero, certo, se non che la falda andrà impoverendosi e abbassandosi, oltre al fatto che è essa stessa inquinata dalle sostanze chimiche impiegate in superficie, compresi i PFAS.

Accanto a queste ci sono poi le conseguenze microclimatiche e meteo climatiche, che riguardano in particolare città e campagne. Perché se le temperature urbane risulteranno in certi periodi letteralmente invivibili, ne seguiranno eventi meteorici di inedita violenza, con conseguenti danni a edifici e colture.

Niente paura, dirà ancora qualcuno, perché abbiamo la casa in montagna e lì si sta bene. Vero, certo, andremo tutti in montagna a lavorare da remoto e a mandare i bambini nella scuola del villaggio e a pascolare le caprette.

Se non basta, ci sono anche le conseguenze di carattere sanitario. Certe patologie, veicolate da insetti che con le temperature medie più alte si trovano perfettamente a loro agio, si diffonderanno con maggiore facilità. Febbre del Nilo occidentale e Dengue, per citarne soltanto un paio, giungeranno quindi al momento opportuno per insidiare le nostre ferie.

Niente paura, dirà ancora qualcuno, perché questo capita soltanto agli sfigati. Vero, certo, ma a quel punto entrare a far parte della benemerita categoria sarà estremamente facile.

Da ultimo ci sarà anche la perdita di Biodiversità. Come a dire che si estingueranno “storiche specie autoctone”, che subentreranno specie termofile o subtropicali e che i nostri ecosistemi ne verranno semplificati e banalizzati.

Come naturalista, ovviamente, avrei voluto collocare questa conseguenza al primo posto, ma mi rendo conto che anche così, all’ultimo, è difficile che essa venga recepita e valutata correttamente. Soprattutto se si tiene conto del livello di analfabetismo naturalistico che distingue la nostra società.

Niente paura, dirà ancora il solito rompi – che a questo punto ha rotto davvero – , ci sono sempre i musei. Nei musei potremo infatti insegnare il nostro bellissimo passato bio-ecologico, quello che ci siamo fumati per arroganza, ignoranza, insipienza e stupidità.

Vero un cavolo, rispondiamo noi, spazientiti, perché il museo è in città e non nel piccolo villaggio di montagna in cui vorremmo rifugiarci; e attivare i condizionatori costerà certo troppo.

Buon riscaldamento a tutti.

Michele Zanetti
Michele Zanetti vive vicino alle sponde del Piave e di acque, terre, esseri viventi si è sempre occupato. Prima come "agente di polizia provinciale" e adesso come naturalista a tutto tondo. È stato il cofondatore di un attivo centro didattico "il Pendolino" , ed è l'autore di una cospicua serie di libri su temi ambientali di cui è anche capace illustratore. ha intrapreso anche la via narrativa in alcune pubblicazioni recenti.

1 COMMENT

  1. Difficile dire di più e meglio. Dovrebbe essere chiaro a tutti. Ma non riesco ad essere ottimista, non c’è mai fine al peggio!

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