Di cosa aveva bisogno la città di Treviso per salvaguardare la bellezza architettonica e paesaggistica delle mura cinquecentesche?

Di certo non aveva bisogno del PUT (Piano Urbano del Traffico) che ha trasformato in una tangenziale il tracciato viario a ridosso dell’unico corridoio verde della città secondo un modello urbanistico e tecnocratico non rispettoso delle caratteristiche storiche, archeologiche, ed ecologiche della cinta muraria e delle sue pertinenze (i bastioni, i sotterranei, il fossato).

Il PUT: un’alluvione di auto con punte di piena che in certi orari e in alcune circostanze particolari (incidenti, macchine in panne, mezzi di soccorso, ecc.) provoca un aumento della paralisi automobilistica oltre che il peggioramento della qualità dell’aria. Nella città di Treviso ai  problemi della “qualità dell’aria” e della “viabilità” non si è fatto fronte con una “pianificazione urbanistica lungimirante” che mettesse un freno al consumo di suolo e alla “urbanizzazione selvaggia” della prima e seconda  periferia a ridosso del centro storico.

Una urbanizzazione dettata dalla “rendita immobiliare” che ha finito per mangiare (e si sta mangiando tuttora) aree verdi da destinare a parchi cittadini e/o alla progettazione, in prossimità delle principali vie d’accesso al centro città, di “parcheggi scambiatori” accompagnata da una convinta politica tariffaria incentivante dell’uso dei mezzi pubblici e significativamente agevolata dalla frequenza delle corse da e verso il centro storico.   

Resta il fatto che nella città verde d’Europa 2025 anche nel 2024 l’esposizione dei cittadini alle polveri sottili (Pm10) nelle centraline di Via Lancieri e Strada S. Agnese ha superato i limiti normativi di 50 microgrammi/m3 per più di 35 giorni l’anno (Mal Aria Legambiente) e l’amministrazione comunale, con il progetto di una terza corsia del PUT, non fa altro che creare le premesse per peggiorare ulteriormente i livelli della qualità dell’aria e le condizioni strutturali per la salvaguardia paesaggistica e archeologica dell’ area delle mura e dei suoi bastioni.

Resta il fatto che nella città verde d’Europa 2025 si sta progettando un parcheggio interrato in Piazza Vittoria e l’alluvione di auto del PUT avrebbe così modo di trovare un ulteriore percorso dentro il cuore del centro storico, con tutti i rischi di natura geologica legati alla delicata cantierizzazione dello scavo che comporterebbe anche la distruzione di un pezzo della storia archeologica della città.

Resta il fatto che nella città verde d’Europa 2025 nelle residue aree verdi, beffardamente considerate dalla legge regionale ossimoro sul suolo “aree di completamento”, si assiste al sorgere di condomini signorili, di nuovi supermercati e nuove strutture commerciali con la relativa “saturazione” degli spazi verdi di “vivibilità”.

Resta il fatto che nella città verde d’Europa 2025 si continua a cementificare privando la comunità dei servizi ecosistemici del suolo naturale.

I dati dell’Ispra  e la letteratura scientifica sul valore ecologico del suolo naturale ci  permettono di documentare il peggioramento di tale  basilare “parametro ecologico” in  una città che ad oggi ha cementificato il 40% del proprio suolo.

Dal 2006 al 2022 il Comune di Treviso ha consumato 77 ettari di suolo: una quantità di prati e vegetazione arborea che avrebbe potuto assorbire 292.600.000 litri di acqua meteorica e accumulare più di 4000 tonnellate di C02.

Vorrei capire come sia possibile che una città con una storia urbanistica tutt’altro che virtuosa e dei parametri ambientali così negativi possa essere dichiarata “città verde d’Europa 2025”. Ancor di più vorrei capire la narrazione che se ne fa.

Si ha quasi l’impressione di essere avvolti culturalmente da una sorta di “narrapiattismo”: una narrazione politica e mediatica “piatta”, acritica, superficiale, accompagnata da una massiccia sovrainformazione che finisce per instaurare una dinamica narrativa di “sistema”, in funzione di un “pensiero unico” sul modello di sviluppo “cementocentrico” che fagocita e accomuna, in modo più o meno inconsapevole, destra e sinistra, governanti e oppositori, inquinatori e ambientalisti, giornalisti, pennivendoli social, accademici vari  e che non penetra nemmeno nella descrizione della “realtà fattuale”.

Il risultato è che Treviso, miracolosamente, diventa, secondo una narrazione “piatta”, “acritica”, superficiale, senza alcuna remora dialettica, ecologica, etimologica  e, men che meno politica , la “Città verde d’Europa 2025”.

Dante Schiavon
Laureato in Pedagogia. Ambientalista. Associato a SEQUS, (Sostenibilità, Equità, Solidarietà), un movimento politico, ecologista, culturale che si propone di superare l’incapacità della “classe partitica” di accettare il senso del “limite” nello sfruttamento delle risorse della terra e ritiene deleterio per il pianeta l’abbraccio mortale del mito della “crescita illimitata” che sta portando con se nuove e crescenti ingiustizie sociali e il superamento dei “confini planetari” per la sopravvivenza della terra. Preoccupato per la perdita irreversibile della risorsa delle risorse, il “suolo”, sede di importanti reazioni “bio-geo-chimiche che rendono possibili “essenziali cicli vitali” per la vita sulla terra, conduce da anni una battaglia solitaria invocando una “lotta ambientalista” che fermi il consumo di suolo in Veneto, la regione con la maggiore superficie di edifici rispetto al numero di abitanti: 147 m2/ab (Ispra 2022),

1 COMMENT

  1. D’altra parte ormai “una narrazione “piatta”, “acritica”, superficiale, senza alcuna remora dialettica, ecologica, etimologica e, men che meno politica” è tutt’altro che un’eccezione!

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