Il successo di questa compatta due volumi, ennesimo capolavoro di Giugiaro, riuscì a far superare alla casa torinese la grave crisi in cui era precipitata negli anni Settanta.

Gli anni Settanta, per quanto riguarda le vendite di auto, vivono una certa saturazione generale del mercato, ma a mettere definitivamente in ginocchio il settore ci pensa la crisi petrolifera del 1973 che colpisce in misura particolarmente severa proprio la Fiat, il cui bilancio in quell’anno è per la prima volta in perdita. Alla fine del 1974 l’azienda mette in cassa integrazione 65.000 operai riducendo di colpo di un terzo la sua capacità produttiva. Per governare la ristrutturazione del debito viene chiamato Cesare Romiti ma la situazione non migliora e con le vendite in calo del 25%, la Fiat scende al decimo posto tra i produttori automobilistici mondiali. Alla ricerca di finanziatori a Corso Marconi non si trova di meglio che far sottoscrivere ai libici della Lafico un 10% circa di azioni ordinarie Fiat, pur con clausole contrattuali che garantiscono all’IFI (la finanziaria della famiglia Agnelli) di mantenere il controllo della società. Questa quota azionaria sarà recuperata da Fiat solo a metà degli anni Ottanta grazie alla formidabile ripresa delle vendite dovuta in buona parte al risultato di una grande scommessa vinta: la Uno.

Tutto parte dal grande successo della Fiat 128 (1969) e della Fiat 127 (1971).

La loro architettura tecnica aveva messo in evidenza i vantaggi di una filosofia costruttiva che privilegiava lo spazio nell’abitacolo ottenuto con un ingombro esterno contenuto: in altre parole motore anteriore trasversale e trazione anteriore, disposizione che garantiva pure una buona tenuta di strada.

Nel 1979, alla ricerca dell’erede della 127 (l’auto più venduta in Europa nel decennio) la Fiat si affidò ancora una volta all’Italdesign di Giorgetto Giugiaro che aveva appena inventato la Panda. Ne nacque una moderna berlina che concettualmente ricalcava la 127 pur con un nuovo schema delle sospensioni posteriori a ruote semi indipendenti. L’innovazione più profonda era però nello stile: si trattava di una compatta due volumi con il cofano e il parabrezza molto inclinati, dalle linee pulite, essenziali, con un abitacolo dotato di spazio e versatilità. Altre caratteristiche erano le portiere avvolgenti senza gocciolatoio e il portellone che avvolgeva leggermente la fiancata. L’abitabilità era eccellente e così pure l’accessibilità posteriore nella versione a tre porte grazie ai sedili “a pantografo” mentre la cinque porte vantava tre finestrini laterali al pari delle vetture di classe superiore. Molto apprezzata anche l’innovativa plancia con i due satelliti ai lati del cruscotto dai quali si comandava quasi tutto, mentre i comandi della climatizzazione erano al centro sotto le bocchette d’aerazione. Una novità anche il tergicristallo centrale singolo per il parabrezza, dotato di intermittenza e diverse velocità.

La gamma di motori poi era davvero ampia: dal piccolo 900 cc. ereditato dalla 127 si passava al 1.100 da 55 CV (Uno 45) e al 1.300 da 70 CV (Uno 55) ma ben presto si aggiunsero un 1.300 turbo a iniezione elettronica da 105 CV (Uno 70) e un 1.300 diesel da 45 CV, il più piccolo al mondo (Uno D) dalle prestazioni notevoli e dal consumo bassissimo. Dal 1986 la Uno adotterà il moderno motore FIRE (Fully Integrated Robotized Engine) da 999 cc. e 45 CV (montato per la prima volta sulla Y10) che costituirà la base di tutti i motori Fiat a benzina almeno fino al 2020.

Per la nuova vettura erano previste ben 15 colorazioni di cui cinque metallizzate e il prezzo base nel 1983 della 45 era di 7.344.000 Lire (circa 13.500 euro).

Chiamata Uno (dal numero del progetto) la nuova nata in casa Fiat venne presentata nel gennaio 1983 in Florida con un battage in grande stile. I giornalisti di tutto il mondo furono scarrozzati a Cape Canaveral, base della conquista spaziale, poi al circuito automobilistico di Daytona e infine al nuovissimo parco di Epcot dedicato alla celebrazione della realizzazione umana, della tecnologia, dell’innovazione e della cultura internazionale ideato dalla Walt Disney. Una precisa coreografia volta ad esaltare un futuro prossimo tecnologico. Non a caso proprio il primo gennaio di quel 1983 il progetto universitario e governativo ARPAnet americano aveva acquisito il protocollo TCP/IP decretando la nascita di Internet che avrebbe dato il via alla più grande rivoluzione del ventesimo secolo.

In quella occasione, parlando alla stampa nel salone delle feste di un grande hotel, Vittorio Ghidella, amministratore delegato di Fiat Auto, affermò:

Abbiamo superato lo smarrimento, adesso possiamo affermare serenamente che la Uno chiude un momento storico della Fiat per aprirne uno nuovo.

E non erano parole di circostanza visto che per progettare quel modello l’azienda aveva fatto un investimento stimato in oltre 700 milioni di dollari (pari a mille miliardi di lire al tasso di cambio dell’epoca) e per consentire la produzione immediata di oltre 450.000 vetture l’anno gli stabilimenti di Rivalta e Mirafiori erano stati dotati per la prima volta in Italia di robot per la verniciatura e l’assemblaggio.

Lanciata da una campagna pubblicitaria innovativa con i disegni di Giorgio Forattini uniti a slogan originali e azzeccati (Uno è comodosa, Uno è risparmiosa, Uno è scattosa, Uno è sciccosa), la nuova vettura ottenne subito un lusinghiero successo di pubblico e di critica, venne proclamata Auto dell’Anno 1984 e diventò la protagonista assoluta del mercato con 331.000 esemplari venduti subito. Resterà per 12 anni consecutivi l’auto più comprata in Italia consentendo alla Fiat (grazie anche alla Panda) di mantenersi sopra quota 40% del mercato nazionale. La produzione della Uno negli stabilimenti italiani, dopo circa 9 milioni e mezzo di esemplari costruiti, terminò nel 1995 quando venne sostituita dalla Punto.

Questo modello resta come pochi nella memoria e nel cuore degli italiani, per molti dei quali fu la prima automobile, ma resta anche nella memoria collettiva nazionale per merito (o per colpa) della banda della Uno bianca, che l’aveva scelta perché ne circolavano talmente tante che era facile confondersi e fuggire dopo le rapine.

Noi invece preferiamo ricordarla con Lucio Dalla, che nello spot pubblicitario per la Uno FIRE del 1986 cantava:

Il motore del Duemila sarà bello e lucente
s
arà veloce e silenzioso, sarà un motore delicato
a
vrà lo scarico calibrato e un odore che non inquina
l
o potrà respirare un bambino o una bambina

Non è andata proprio così ma a un poeta visionario si perdona tutto.

Renzo De Zottis
Renzo De Zottis é nato a Treviso il 9 settembre 1954 e da qualche anno ha lasciato l'insegnamento nella scuola media. Collabora da lungo tempo con svariati mensili occupandosi prevalentemente di argomenti di carattere storico. Ha inoltre al suo attivo diversi servizi fotografici per le maggiori testate nazionali di automobilismo storico ed é stato addetto stampa in diverse manifestazioni internazionali del settore. Fa parte del direttivo dell'Unitre Mogliano Veneto e da almeno un ventennio svolge conferenze per questa associazione e per l'Alliance Française di Treviso.

1 COMMENT

  1. Bellissimo!
    Per me la uno è stata la seconda auto (70S) e ho percorso una strage di chilometri, ci avevo anche fatto montare l’impianto a metano.

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