È necessario avere almeno settant’anni per capire quale importanza abbia avuto l’ambiente, il biotopo, l’habitat (o come lo si voglia definire) del fosso di campagna, nella vita dei ragazzi della metà del Novecento. Perché nel fosso si nuotava d’estate, si pescava in primavera, estate e autunno e si facevano gare di slittino (in assenza della sciagurata pista da BOB, voluta dai nostri sciagurati amministratori pubblici, a Cortina) d’inverno.
Chi scrive, settantasette splendidi anni tra qualche mese, ha imparato a nuotare nell’acqua fredda, pulita e ricca di vita di un fosso della campagna ferrarese, ma qui le cose non erano diverse (interpellare, in proposito, il celebre intellettuale moglianese Otello Bison).
Tutto questo per dire che in poco più di mezzo secolo, la ricca, obesa e analfabeta di ritorno, società del Nordest ha letteralmente sporcato, inquinato e distrutto una delle risorse ambientali più interessanti e preziose della propria realtà territoriale. Accade infatti che se oggi, casualmente, un ragazzino scivola nell’acqua di un fosso, il rischio è quello di contrarre il tifo, l’epatite, la leptospirosi e, se malauguratamente inghiotte qualche sorso d’acqua di troppo, di trovarsi in fegato “arricchito” di PFAS o di Cromo esavalente per il resto della sua vita.
Grande dimostrazione di Civiltà, la nostra; ma soprattutto, grande dimostrazione di ignoranza, stupidità, supponenza o, per fare sintesi, di imbecillità collettiva.
Negli ultimi cinquant’anni infatti nessuno s’è accorto, tanto meno chi amministrava (sempre le stesse menti elette), che in nome dell’economia sovrana, si stava distruggendo un prezioso ecosistema acquatico, la cui funzione era innanzitutto di monitoraggio dello stato di salute dell’ambiente agrario e dunque della nostra salute.
Perché il fosso era un ecosistema, con tanto di produttori (le piante acquatiche e palustri di sponda: le alghe unicellulari, il Giaggiolo giallo, la Salcerella, l’Erba scopina, il Ceratofillo, la Ninfea bianca, il Morso di rana, la Brasca increspata, ecc. ecc.), di consumatori primari o fitofagi (gli avannotti dei pesci, i girini degli anfibi, la Gallinella d’acqua, il Germano reale, ecc.), di predatori insettivori (il Ditisco, l’Idrofilo, le libellule, i pesci, la Rana verde, ecc. ecc.), di predatori piscivori e carnivori (il Luccio, la Biscia dal collare, il Martin pescatore, l’Airone rosso, la Sgarza ciuffetto, ecc. ecc.). Un mirabile e sano “sistema di produzione e di consumo” in cui centinaia di specie interagivano in sostanziale equilibrio tra loro, essendo garantite le loro funzioni dall’acqua pulita. Un sistema ecologico che garantiva la vita a grandi popolazioni di alborelle, di pesci gatto, di grasse tinche dal ventre dorato, di anguille d’argento, di lucci voraci e di milioni di gambusie: queste ultime introdotte dal Nordamerica a fine Ottocento, per la lotta biologica alle zanzare, in quanto predatrici delle loro larve.
Un biotopo, quello del fosso di campagna, che rappresentava l’habitat sostitutivo e dunque di rifugio, degli organismi della palude dolce cancellata dalla bonifica tra Ottocento e Novecento. Un biotopo di interesse naturalistico speciale e al tempo stesso di interesse didattico e persino ludico-ricreativo, come s’è detto.
Un biotopo distrutto nell’indifferenza collettiva dall’urbanizzazione a macchia d’olio con conseguenti scarichi fognari diretti nei piccoli corsi d’acqua. Annientato dalle piccole zone industriali prive di qualsiasi sistema di depurazione delle acque, nonché dai reflui di una campagna avvelenata da tonnellate di molecole di sintesi di erbicidi, fungicidi, insetticidi e concimi.
Un biotopo lasciato, infine, ai carassi cinesi (i soli pesci che possono vivere nell’acqua di fogna), alle tartarughe americane e alle nutrie, dalla indomita Locomotiva del Nordest, che viaggia a tutta velocità verso il baratro. Come quella della mitica canzone di Guccini, che però era un’arma rivoluzionaria e non un esempio di stupidità capitalista collettiva.
Ottimo!
Treviso 01 06 2024 – Grazie di questo contributo…