Ho ereditato da mio padre, piccolo produttore vitivinicolo della provincia di Treviso, e da mia madre, nata nell’Astigiano terra di antica tradizione vinicola, la passione per la cultura del vino pur essendone soltanto un moderatissimo consumatore. Prendendo anche spunto dal recente Vinitaly 2024 ho trovato le motivazioni per proporre alcuni approfondimenti sull’argomento.

Il vino è un prodotto che in Italia vanta una storia antica. A diffondere la coltivazione della vite furono i Greci, che introdussero nuove varietà e sperimentazioni. Si ritiene che alcuni tipi di uva tuttora vinificati, in particolare nel Sud, risalgano proprio ai tempi della colonizzazione greca [VII sec. a. C.]. I Romani, entrati in contatto con la civiltà ellenica, ne appresero e perfezionarono le tecniche. Furono loro a diffondere il vino e la sua cultura anche nel resto dell’Europa con le conquiste territoriali. Tra i Romani si usava bere vini allungati con l’acqua poiché si riteneva che il contenuto di alcool fosse eccessivo a causa delle vendemmie tardive usate in quel tempo. Una figura detta magister bibendi [maestro del bere] o rex convivii [re del convivio] stabiliva, durante ogni banchetto o festeggiamento, con quanta acqua allungare il vino e quanti brindisi compiere.

Nel Medioevo la viticoltura, declinata dopo la fine dell’Impero Romano, venne sviluppata e migliorata soprattutto nei monasteri benedettini. Questa tradizione conobbe un nuovo ‘boom’ nel Rinascimento anche grazie ai commerci marittimi; così, la cultura del vino nel nostro Paese iniziò a ritagliarsi nuovamente un ruolo di primo piano. Dopo la ripresa decisiva nei secoli ’800 e ‘900 si è arrivati ad una tappa di grande importanza: l’adozione delle etichette contenenti, tra l’altro, anche l’origine controllata, quindi una garanzia di qualità. Il vino oggi è una parte integrante della nostro modo di vivere ed il suo uso moderato e consapevole è in sviluppo. L’idea della Vendemmia come momento non solo di lavoro ma anche di socialità ha origini antiche: già tra i Romani veniva celebrata con il nome di Vinalia rustica. L’uva era raccolta in grandi vasche per essere pigiata e ogni altra attività lavorativa veniva sospesa. Le famiglie potevano così ritrovarsi e dedicare i festeggiamenti al dio Bacco. In età moderna questo evento, fondamentale nella cultura contadina delle aree vitivinicole, è stato spesso inglobato nelle celebrazioni cristiane, associato magari al ringraziamento ai santi.

SAN MARTINO

La nebbia agl’irti colli piovigginando sale e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l’aspro odor de i vini l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi lo spiedo scoppiettando: sta il cacciator fischiando sull’uscio a rimirar.
Tra le rossastre nubi stormi d’uccelli neri, com’esuli pensieri, nel vespero migrar.

Giosuè Carducci [1883]

La Vendemmia un tempo era particolarmente difficile e richiedeva perfino la scala, perché le viti crescevano appoggiate ad alti tronchi, in gergo detti testucchi . L’uva veniva poi trasportata alle cantine su un carro trainato dai buoi. La meccanizzazione ha semplificato il procedimento, eliminando però parte del carattere conviviale, legittima conseguenza del lungo e faticoso lavoro collettivo.

La raccolta meccanica dell’uva si avvale delle macchine vendemmiatrici che agiscono a scuotimento verticale e/o orizzontale, un procedimento sicuramente rapido ed efficiente, ma tuttavia sopravvive ancora l’approccio manuale per vendemmiare uve destinate a vini di selezione o vini per spumanti di pregio che richiedono maggiore delicatezza nella raccolta. Il mondo della vendemmia è vario, con alcune curiosità: tra queste il vino di ghiaccio, da vendemmie effettuate in inverno, quando i grappoli congelano. Si tratta di un prodotto caratterizzato da una spiccata dolcezza bilanciata da una certa acidità. Un’altra particolarità è l’uva apirene, cioè senza semi, selezionata e coltivata proprio per questa sua caratteristica [l’uva sultanina ne è un esempio].

L’Italia ha occupato un ruolo di vertice a livello mondiale nel business dei vini: nel 2023 si è classificata al secondo posto per la produzione dopo la Francia; comunque è italiano circa il 18% della produzione mondiale! Ai ricavi derivanti dal commercio si devono poi sommare quelli dei settori paralleli legati alla viticoltura: dalle attività classiche come gli agriturismi presso le aziende vinicole e i tour enogastronomici. Nel nostro Paese si contano ben 355 vitigni autoctoni, un numero davvero sorprendente! Anche nel 2024, grazie alla passione e alla dedizione degli operatori, il vino italiano ed il turismo enogastronomico prevedono un trend positivo e continuano a rappresentare i “prodotti” tra i più visibili del made in Italy nel mondo.

Gianni Milanese
Sono nato a Mogliano Veneto nel 1946. Dopo una lunga carriera militare mi sono dedicato alla libera professione come Consulente di Direzione ed Organizzazione, attività che ancora oggi svolgo con grande passione nell’ambito dello Studio Milanese®. Scrivere rappresenta per me un hobby come il Nordic Walking, la Barca a vela, la musica Jazz e l’impegno nel Volontariato. Ho scritto alcuni racconti lunghi e numerose poesie. Ma, fondamentalmente, quando mi metto alla tastiera lo faccio per me stesso e per chi sa ancora accendere la miccia dei sentimenti cioè per coloro che soffrono o gioiscono e che, come me, nello scrivere vivono una seconda vita. In tale ottica la mia scrittura non può essere giudicata come scontata, perché l’esistenza non lo è mai. Secondo me un racconto per toccare le corde deve essere dolceamaro come appunto lo è la vita. Dal 2021 collaboro con il mensile di attualità, cultura e società L’ECO di Mogliano e con altri periodici [Trevisani nel Mondo, D&V…]. Vivo e lavoro a Villorba, ridente cittadina a nord di Treviso, nel comprensorio del Parco naturalistico del fiume Storga.

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