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Avremmo dovuto titolare questo breve pezzo “L’invincibile” e forse tutti avrebbero comunque capito che si trattava di lei, della Pantegana. Del grosso ratto che si pensava giungesse dal Ponto, da cui il nome di “Ratto ponticano” e infine del dialettale e ormai universale “Pantegana”.

Invece la Pantegana giunge da assai più lontano. Come il Topolino delle case (Mus musculus), infatti, essa giunge dall’Asia centrale; come a dire dalle steppe di Gengis Khan, essendo essa stessa, come il leggendario cavaliere, un conquistatore e un devastatore.

Il suo viaggio di conquista, dunque, è stato lungo, oltre che relativamente recente. Esso è cominciato proprio grazie agli umani, che come si sa sono i più formidabili migratori terrestri. Sono stati loro, infatti, a portare, con le loro masserizie, la Pantegana fino alle steppe della Russia, dove essa però si è trovata dinanzi una formidabile barriera geografica. Il fiume Volga, si sa, non è il Piave e non si attraversa con quattro bracciate vigorose, ma è una lama d’acque profonde, infestata da giganteschi siluri (sono pesci) e larga anche un chilometro e più.

Sembra che i siluri del Volga, lunghi qualche metro, abbiano fatto spuntini lungamente con le gustose pantegane che tentavano di attraversare il fiume a nuoto. Alla fine, però, ecco di nuovo lui, il guastafeste: Homo sapiens. Eccolo con le sue masserizie, con le sue zattere, attraversare impunemente il Volga, traghettando sull’opposta sponda il solo mammifero che riesce a superarlo in intelligenza.

Tutto questo accadeva intorno alla metà del secolo XVIII ed ecco che, intorno al 1750, la Pantegana si ritrova davanti l’intera Europa da conquistare. Un territorio accogliente, privo di ostacoli insormontabili, con predatori come la Volpe, il Lupo, l’Astore, l’Aquila reale, il Gatto selvatico, che tutto sommato è facile evitare. Soprattutto, un territorio ricco di insediamenti umani permanenti e fiorenti, zeppi di derrate alimentari e ricchi di nicchie d’habitat.

E la Pantegana dilaga, si espande, permea ogni territorio, si insedia in ogni angolo, ogni città, ogni villaggio, ogni singola abitazione. Mette al mondo figli a milioni di milioni e quando gli umani, presi alle spalle dal nuovo conquistatore, tentano di reagire, si accorgono che in realtà questo nuovo coinquilino, oltre che estremamente dannoso, è letteralmente invincibile.

Al suo giungere nei nostri territori, tuttavia, la Pantegana trova già almeno due specie dello stesso genere e dunque il Ratto nero (Rattus rattus) e il Ratto alessandrino (Rattus alexandrinus). E mentre il primo viene sopraffatto facilmente e si ritira sui tetti, essendo di corporatura e aggressività inferiori, il secondo ne subisce un modesto impatto perché abita sugli alberi.

Gli umani tirano un sospiro di sollievo, per il semplice fatto che il Ratto nero era portatore dei germi della Peste bubbonica mediante le pulci che lo infestavano. Si tratta comunque di una vittoria di Pirro, dato che il Ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus) – questi sono i suoi “nomi, italiano e scientifico, ufficiali”- si rivela ben presto portatore sano di altre, letali patologie, tra cui la Leptospirosi.

Per farla breve e descrivere la situazione attuale, va detto che la Pantegana è insediata ovunque: nelle stalle, nei fienili, nei pollai, nei magazzini, talvolta nelle stesse abitazioni dell’uomo, ma anche nelle fogne, nei giardini, nei parchi, sulle barene lagunari. Sembra che le pantegane frequentino anche l’Università di Padova, anche se non è noto con quale profitto. Loro, infatti, a differenza degli umani e come si diceva, sono molto intelligenti. E lo sono al punto da aver vanificato campagne di derattizzazione miliardarie e di aver provocato danni enormi e non quantificabili all’economia umana e alla stessa salute dell’uomo. Questo, nonostante siano animali pulitissimi, che l’uomo stesso ha costretto a vivere nella propria sporcizia.

Quanto al futuro del Pianeta, alcuni scienziati sostengono che, dopo l’Umanità, saranno loro, le invincibili pantegane, a dominare, con forme nuove e gigantesche. Con buona pace del “figlio di dio” che ha devastato la Terra e il suo formidabile patrimonio di Biodiversità.

Michele Zanetti
Michele Zanetti vive vicino alle sponde del Piave e di acque, terre, esseri viventi si è sempre occupato. Prima come "agente di polizia provinciale" e adesso come naturalista a tutto tondo. È stato il cofondatore di un attivo centro didattico "il Pendolino" , ed è l'autore di una cospicua serie di libri su temi ambientali di cui è anche capace illustratore. ha intrapreso anche la via narrativa in alcune pubblicazioni recenti.

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