Ascolta l’articolo:


Il Covid è passato o, meglio, è dimenticato, esorcizzato, sepolto. Proprio così: sepolto, come le migliaia di morti che ha causato e di cui neppure ci si ricorda. Anzi, sembra si faccia di tutto per premiare negazionisti e no-vax, penalizzando gli eroi di quei giorni terribili e indimenticabili. “E’ la politica di destra, Bellezza”, direbbe il solito Humprey Bogart.

Se abbiamo evocato la pandemia che ci ha colpiti e affondati in tempi recentissimi, lontani soltanto alcuni secoli, è tuttavia per parlare di altri fenomeni naturali (perché di questo alla fine si tratta), non meno drammatici e devastanti. Il tema che oggi desideriamo proporre all’attenzione del solo fedele lettore su cui posso contare su “ILDIARIOonline”, è quello delle “Pandemie vegetali”. In altre parole, delle calamità sanitarie, dovute ad agenti diversi, che hanno colpito nell’Antropocene (gli ultimi duecento anni circa) le piante negli ambienti selvatici e umanizzati della Penisola italica e del Veneto.

Calamità devastanti, che hanno lasciato dietro di sé uno strascico di milioni di morti, al punto da modificare la composizione di boschi, paesaggi e colture.

Non tutti sanno, ad esempio, che verso la fine dell’Ottocento, venne importata dagli USA la Filossera (Viteus vitifoliae). Un insetto parassita della Vite (Vitis vinifera), quest’ultimo, per cui non esistevano rimedi e che distrusse enormi superfici di vigneto, costringendo gli agricoltori a inventare nuovi genotipi di vite, ottenuti mediante incroci e resistenti al flagello.

Ma ancora nell’Ottocento è giunto in Italia il Cancro colorato del Platano (Platanus hybrida). Un fungo microscopico (Ceratocystis platani) di origine nordamericana, che uccide alberi di portamento maestoso e di età secolare. Un’avversità pressoché impossibile da combattere (nonostante i tentativi normati da disposizioni di legge), essendo che si trasmette anche per via radicale. Fenomeno, quest’ultimo, che costringe a tagliare la pianta malata e le due piante sane che le stanno a lato nel filare stradale.

Per valutare i danni di questa pandemia è sufficiente percorrere il Terraglio o qualsiasi strada provinciale e osservare quanti platani ancora sopravvivono.

Dei platani, comunque, si può fare a meno: chi se ne importa. Tanto, se muoiono, li si sostituisce con qualche altro albero, oppure, com’è accaduto, si lascia la strada nuda, orfana d’ombra ed aperta sugli sconfortanti paesaggi del Nordest.

Più grave invece è stata la pandemia che ha colpito il Castagno (Castanea sativa), dovuta ancora una volta a un fungo microscopico nordamericano (Cryphonectria parasitica), con milioni di castagni secolari perduti e un’intera filiera economica distrutta. Quant’erano buone le castagne dell’infanzia di chi scrive e quant’erano a buon prezzo, dato che se le potevano permettere anche i poveri.

L’Olmo campestre (Ulmus minor), invece, è stato colpito da un’avversità chiamata Grafiosi e che prende il nome da Ophiostoma ulmi. Ancora una volta un fungo microscopico, ma di origine asiatica, che uccide alberi monumentali e non, a centina, a migliaia, a milioni.

Anche in questo caso, però, non c’è stato nulla da fare. Tanto più che le travi per la nuova abitazione i contadini hanno continuato a costruirli con legname proveniente dalla Malesia, a km zero e senza emissioni di CO2.

Ma non è finita, perché nell’ultimo decennio è arrivata una farfallina cine se (Cydalima perspectalis) che ha fatto strage del Bosso (Buxus sempervirens). L’ha distrutto ovunque: nei giardini rinascimentali, nei parchi urbani e nei giardini privati, senza che si potesse fare nulla.

E da ultimo è arrivata la Flavescenza dorata della Vite, una malattia dovuta ad un citoplasma e trasmessa da una cicalina (Scaphoideus titanus), che ha rinsecchito in piedi milioni di piante di prezioso Prosecco (il plebeo Glera).

Che dire, caro Lettore: semplicemente che dovremmo prestare attenzione e risorse anche alle pandemie vegetali e per una ragione molto (fin troppo) semplice. Perché dalle piante, esclusivamente da loro, dipende la Vita sulla Terra, uomo compreso. Anche se qualcuno ancora sostiene che “noi” siamo un semidio, come tale immortale.

PS. Abbiamo tralasciato la pandemia del Cipresso, ma solo per ragioni di spazio.

Michele Zanetti
Michele Zanetti vive vicino alle sponde del Piave e di acque, terre, esseri viventi si è sempre occupato. Prima come "agente di polizia provinciale" e adesso come naturalista a tutto tondo. È stato il cofondatore di un attivo centro didattico "il Pendolino" , ed è l'autore di una cospicua serie di libri su temi ambientali di cui è anche capace illustratore. ha intrapreso anche la via narrativa in alcune pubblicazioni recenti.

2 COMMENTS

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here