La nutria (nome scientifico: Myocastor coypus) è un grosso roditore originario dell’America latina, che abbiamo imparato a conoscere solo negli ultimi anni, ma che invero vive in Italia da quasi un secolo.

Esso venne importato nel nostro paese, in epoca fascista, in un periodo di ricerca autarchica nella produzione dei capi d’abbigliamento. La nutria, di cui già nella terra d’origine si sfruttava la pelliccia, venne vista come un valido candidato per sopperire in maniera del tutto italiana alla richiesta di quei costosi capi che venivano per la maggior parte importati.

La facilità d’allevamento dai costi molto contenuti, l’alta natalità e il veloce sviluppo di questi animali fecero sì che si creasse velocemente in tutta la penisola un’enorme e fruttuosa filiera legata all’allevamento e alla lavorazione della sua pelliccia, che grazie anche alla grande varietà di colorazioni naturali si rivelava ancor più remunerativa quando venduta per più nobili manti, come quelli di marmotta, lontra, ermellino e visone.

La triste sorte di questi poveri grossi roditori, allevati per essere brutalmente uccisi e trasformati in costosi capi d’abbigliamento e cibo per animali, continua la sua ingloriosa vita, sinché la sensibilità e il cambio della moda fanno tramontare il mito della pelliccia come status symbol.

Gli allevatori decidono così di chiudere le aziende, dovendo però assumersi i costi per l’abbattimento, e smaltimento poi, dei capi ancora in vita, solitamente dichiarati in maniera molto sottostimata rispetto all’effettiva realtà. Un’incombenza economicamente piuttosto onerosa, tanto che, per velocizzare e risparmiare, molti liberano gli animali nell’ambiente, non curandosi dell’impatto che essi avrebbero potuto avere.

Gli animali, riacquisita la perduta libertà, tornano a fare ciò che quasi un secolo di prigionia non aveva potuto cancellare dal loro DNA: metter su casa e far famiglia.

La nutria è un animale molto prolifico: una caratteristica che, se prima era apprezzata, ora, in mancanza di predatori naturali, innesca una complessa situazione, legata al loro rapporto con le colture, che ha portato questo roditore ad essere demonizzato ed accusato di ogni misfatto, in un crescendo di falsità degno dell’inquisizione spagnola, tanto da far pensare che se fosse vissuto in Europa durante il periodo medioevale di certo avrebbe salvato la vita a molti neri felini, venendo arso sul rogo quale incarnazione del demonio e amico delle streghe, con le quali avrebbe di certo danzato in cerchio ai sabba, volando con loro sulle scope per poi sparire negli abissi dei laghi.

Hanno accusato questi poveri animali di attaccare cani e gatti, di sbranare galline e conigli, di divorare i pesci di fiumi e laghi, di attaccare l’uomo, di essere irosi e violenti, di avere un particolare veleno che se morsi mandava in cancrena l’arto colpito, di mangiare uccelli e anatre tirandoli sottacqua e annegandoli, di divorare i propri piccoli nei periodi invernali, di correre velocissime per inseguire le prede, di riuscire a scavare il cemento, di mangiare il legno e il ferro, di scavare chilometri di gallerie, di essere portatori di ogni malattia, comprese le più improbabili, e di moltissime altre fantasiose cose. 

Tutte falsità che chi, senza pregiudizi, si è avvicinato a tali animali di persona ha potuto smentire. Certo, la grossa coda glabra, unita ai grandi e sporgenti denti incisivi di un vivo arancione, non fanno scaturire immediatamente sentimenti di amore verso questi mammiferi, ma basta conoscerli un po’ meglio per simpatizzare velocemente per loro.
La nutria, oltre a essere un animale totalmente erbivoro, che disdegna ogni tipo di carne animale, è estremamente pacifico, non attacca, ma scappa; la sua più grande difesa è mostrare i grossi denti in maniera alquanto maldestra e buffa. Vive in grandi famiglie dove le madri accudiscono con amore i figli, coadiuvate dagli altri membri femminili del gruppo e difese dai maschi, in un sistema all’apparenza matriarcale. È un animale molto abile nel nuoto, grazie anche alle zampe posteriori palmate, ma estremamente goffo sulla terra. Sa riconoscere le persone e sviluppa per loro veri sentimenti d’affetto, come fanno i nostri animali domestici, arrivando persino a identificare il proprio nome. È molto intelligente e con un grande spirito di adattamento, ha spesso atteggiamenti buffi e divertenti, tanto che il suo carattere viene di sovente definito “simpatico”.

Per le sue caratteristiche in molti paesi la nutria viene adottata come animale da compagnia, ma in Italia ancora è additata come pericolosa e aggressiva. Certo non si vuol negare che provochi danni all’agricoltura, ma la colpa di chi è? Della nutria che, scampata ad una vile morte, mangia per sopravvivere o dell’uomo, che senza criterio l’ha liberata in un ambiente non autoctono?!

E certo, le molte tane rendono meno stabile la struttura degli argini, ma se si evitasse, con la mancata manutenzione, di creare habitat per loro ideali di certo il problema non sarebbe così pressante. Come sempre è molto più facile puntare il dito su chi è docile ed indifeso e distogliere così l’attenzione da chi ha causato il vero problema.

La grande capacità di procreazione di questo animale in effetti causa disagi, ma con mirate campagne di sterilizzazione essi possono essere contenuti. Trovo barbaro come molte persone si divertano a far sbranare dai cani questi poveri animali o dopo averle catturate le uccidano a bastonate, lasciandole molte volte agonizzanti a soffrire per ore sinché la morte non le libera dalle loro pene. Nessun essere vivente merita una simile fine, dettata dalla cattiveria, dall’ignoranza e dalla piccolezza di alcuni uomini che si sentono forti solo sopraffacendo i più deboli e indifesi. 

  Molti paesi europei riescono a convivere in armonia con questi animali trasformandoli in una risorsa che attrae turisti e bambini, come già accaduto anche qui in Italia ad Alzano con la nutria Mariarosa.

Siamo troppo spesso pronti a scagliarci contro il diverso, il non abituale, arroccandoci nell’errata posizione che nulla deve mutare, senza nemmeno provare a conoscere chi o cosa osteggiamo, vittime della superficialità e degli inganni di chi con malizia ci insinua opinioni fuorvianti.

Con un po’ di buonsenso e mirati investimenti si riuscirebbe a trovare una giusta soluzione che metterebbe fine ai danni e alle barbarie che, ahimè, si legano al nome di questi animali.

Spero che queste poche righe facciano un po’ di luce su questi esserini che non vi si chiede di amare né di apprezzare, ma di rispettare con dignità come esseri viventi.

Andrea M. Basana
Di natali veneziani, si è sempre interessato all'arte, non solo lagunare. Il suo campo di ricerca sono le arti applicate, cosa che lo ha portato a tenere svariate conferenze in importanti realtà museali, tra cui le più degne di nota sono quelle del museo di palazzo Zuckermann a Padova e del museo di palazzo Fulcis a Belluno. Ha collaborato con varie riviste tra cui Ateneo Veneto, l'archivio di Belluno, Feltre e Cadore e l'Oadi di Palermo. Negli ultimi anni si è dedicato alla scoperta dell'arte e della cultura della Basilicata, pubblicando per testate locali e scrivendo in collaborazione con il prof. Santoliquido "Forenza Sacra", pubblicazione patrocinata dal Vescovo di Melfi, Rapolla e Venosa.

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