Le potentissime immagini in bianco e nero senza tempo della grande fotografa americana documentano emblematici  brandelli di umanità , quella degli ultimi e degli emarginati.

La fotografia sociale è sempre stata un mezzo privilegiato attraverso il quale documentare la realtà senza alcuna mediazione di tipo emotivo o sentimentale e trova bellezza ed efficacia espressiva nella armonica sintesi tra un’esposizione obbiettiva del soggetto e una tecnica impeccabile. Sono nate così immagini dall’altissimo valore simbolico, in grado di fissarsi indelebilmente nell’immaginario collettivo, icone senza tempo che hanno tuttora il potere di scuotere le coscienze. Ricordiamo ad esempio l’istantanea di Robert Capa che fissa l’ultimo istante di vitadi un miliziano durante la guerra di Spagna o gli operai che lavorano sospesi ad altezza vertiginose sui grattacieli di New York di Lewis Hine.

“C’è un ambito in cui la fotografia non può forse dirci niente di più di ciò che vediamo con gli occhi. Ma ce n’è un altro in cui ci mostra quanto poco gli occhi ci permettano di vedere.” Sono parole di Dorothea Lange (1895-1965), statunitense di origini tedesche, prima fotografa al mondo alla quale il MoMa di New York abbia dedicato una retrospettiva.

Ed è proprio di Lange un’altra immagine simbolo del Novecento, una fotografia talmente potente da diventare simbolo di una condizione sociale drammatica. Si tratta della Migrant Mother, scattata nel 1936 tra i poverissimi braccianti agricoli: il soggetto è Florence Thompson, una donna di 32 anni che ne dimostra almeno il doppio, immortalata nei pressi di un campo di piselli in California, con in braccio tre dei suoi sette figli ed un espressione indimenticabile nella sua smarrita angoscia.

Lange ha saputo ritrarre questa umanità dimenticata senza alcun pietismo ma piuttosto con una sensibile partecipazione unita ad una magistrale capacità di lettura del soggetto. Insieme con il marito, l’economista Paul Schuster Taylor, seguì la migrazione verso ovest degli agricoltori divenuti braccianti costretti a migrare di paese in paese alla ricerca di campi coltivabili. Lange lavorò come fotografo dalla Federal Farm Security Administration, agenzia creata per combattere la povertà rurale. Per tutti gli anni Trenta Taylor raccolse informazioni quantitative e qualitative mentre lei scattava fotografie e insieme portarono all’attenzione del pubblico americano la povertà e lo sfruttamento di alcune categorie sociali negli stati centrali colpiti da una durissima siccità e dal Dust Bowl, devastanti tempeste di sabbia, una vera e propria odissea degli ultimi fra gli ultimi in un’America già in difficoltà a causa della Grande Depressione.

Il loro lavoro di documentazione ebbe comunque dei risultati positivi: le foto vennero utilizzate nelle campagne di sensibilizzazione politica e in seguito al New Deal del presidente Roosevelt, cominciarono a piovere sussidi che consentirono a molti di uscire dall’indigenza totale. Nel 1942 Dorothea e Paul furono chiamati a documentare la condizione degli americani di origine giapponese che, dopo Pearl Harbour, furono costretti a lasciare le loro residenze e le loro attività per essere confinati in aree militari del Paese fino alla fine della guerra. Giustamente contraria a questa vera e propria vergogna nazionale, Dorothea dovette però eliminarne gli aspetti più truci come recinzioni e filo spinato. Ma i suoi scatti, molti dei quali censurati dai vertici militari fino a dopo la guerra, restano una testimonianza preziosa e struggente in stridente contrasto con una nazione autodefinitasi la più grande democrazia del mondo.

A questa fuoriclasse della fotografia i Musei Civici di Bassano del Grappa dedicano una imponente retrospettiva molto ben documentata che tra le oltre duecento fotografie in mostra annovera anche la sequenza di scatti della Migrant Mother eseguiti da Lange per ottenere la foto perfetta.

Curata da Walter Guadagnini e Monica Poggin in collaborazione con Camera-Centro Italiano per la Fotografia di Torino, la rassegna è visitabile (tranne il martedì) fino al 4 febbraio 2024.

Renzo De Zottis
Renzo De Zottis é nato a Treviso il 9 settembre 1954 e da qualche anno ha lasciato l'insegnamento nella scuola media. Collabora da lungo tempo con svariati mensili occupandosi prevalentemente di argomenti di carattere storico. Ha inoltre al suo attivo diversi servizi fotografici per le maggiori testate nazionali di automobilismo storico ed é stato addetto stampa in diverse manifestazioni internazionali del settore. Fa parte del direttivo dell'Unitre Mogliano Veneto e da almeno un ventennio svolge conferenze per questa associazione e per l'Alliance Française di Treviso.

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