Sono passati oltre duemila anni da quando l’Imperatore Augusto pensò bene di introdurre una nuova festività a metà della stagione estiva, desideroso di rinforzare il proprio consenso politico. Certe cose non cambiano mai, si potrebbe pensare. Per la maggior parte dei successivi duemila anni i ritmi e i meccanismi delle attività lavorative non sono praticamente mai cambiati, mantenendo quindi viva la tradizione – particolarmente sentita in Italia – di utilizzare il mese di agosto per le ferie di tutta la famiglia. Nemmeno le innovazioni industriali e tecnologiche della seconda metà del ventesimo secolo, che hanno cambiato per sempre la storia del genere umano, hanno avuto particolare impatto su questa tradizione.

Questo status quo è cambiato improvvisamente con il passaggio nel nuovo secolo. Le tecnologie informatiche e telematiche hanno aperto la strada alla possibilità di svolgere l’attività lavorativa senza necessità di una postazione fisica fissa – un computer, una connessione internet, un telefono ed ecco che qualsiasi luogo dotato di questi elementi diventa potenzialmente una postazione di lavoro. E se la cultura lavorativa italiana faticava ad accettare questa evoluzione e solo con molta lentezza la stava digerendo, la cruda necessità imposta dai lockdown durante la pandemia di Covid è stata il colpo finale che ha sfondato definitivamente la porta. Lo smart working, o lavoro agile, è ora normalità.

La prima conseguenza di questo fenomeno che salta all’attenzione è molto semplice: usciti dalla sfera di controllo diretto del datore di lavoro, costituita dalla combinazione di “luogo di lavoro” e “orario di lavoro”, i lavoratori impegnati a svolgere la loro attività in modalità agile sono tenuti ad auto-disciplinarsi e a rispondere molto più direttamente di prima della gestione della loro giornata. Le 8 ore in ufficio, un principio quasi incontestabile per generazioni, diventano così un concetto molto più fumoso e non più imprescindibile, così come la distinzione pressoché assoluta tra “tempo di lavoro” e “tempo di ferie”.

Se fin qui il quadro sembra complessivamente positivo, portatore di una promessa di un futuro in cui il Lavoro è concepito come una realtà flessibile e adattabile, è necessario tuttavia ampliare la prospettiva e considerare anche altri aspetti. Chiunque abbia fatto esperienza di alternanza lavoro in ufficio / lavoro agile potrà testimoniare quanto sia facile perdere la distinzione tra tempo lavorativo e tempo ricreativo, con l’uno che si fonde nell’altro creando una giornata in cui potenzialmente si è costantemente attivi e in allerta. Se anche si vuole dare priorità alla produttività sulla propria salute, comunque non si può sottovalutare l’importanza di mantenere regolari ritmi circadiani – l’autodisciplina che i lavoratori sono ora chiamati ad avere passa anche per questo.

Si pone spesso in evidenza il fatto che siano soprattutto le generazioni più giovani a chiedere di avere accesso alla possibilità di lavoro agile. Non è elemento di poco conto: è infatti generalmente più facile, e anche attraente, svolgere una vita professionale flessibile e senza particolari vincoli di luogo e tempo quando per motivi anagrafici si ha più energia e non si deve fare i conti con i vincoli e le responsabilità derivanti ad esempio dall’avere una famiglia. Pertanto, è bene forse usare un po’ di cautela prima di proclamare l’universalità di un fenomeno sociale.

Ciò diventa ancora più evidente quando spostiamo l’attenzione dalla situazione del lavoratore a quella del datore di lavoro. Quando leggiamo che colossali aziende multinazionali introducono rivoluzionari modelli di gestione dell’orario di lavoro, non dobbiamo dimenticare che per una Microsoft americana ci sono centinaia di “Nardin Snc” venete (nome di fantasia) la cui dimensione produttiva e lavorativa si svolge su un piano completamente diverso. Le innovazioni delle grandi aziende possono sicuramente avere un’influenza sulla generale cultura aziendale, ma pensare ad una trasposizione immediata sarebbe peccare di ingenuità.

In conclusione: il mondo del lavoro è cambiato in maniera profonda e questo sicuramente avrà effetti altrettanto profondi sulla società; tuttavia la natura di chi il lavoro concretamente lo svolge rimane ancora la stessa, pertanto è bene non perdere di vista la realtà o il prezzo sarà più pesante del beneficio.

Enrico De Zottis
Enrico De Zottis Nato a Venezia nel 1987 e cresciuto a Mogliano Veneto, da oltre un decennio si occupa professionalmente di Gestione delle Risorse Umane presso aziende multinazionali. Ad oggi vive e lavora a Lione (Francia). Nel tempo libero si dedica allo studio di tematiche socio-economiche, oltre che alla musica e al trekking. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a Padova e un Master in Analisi Economica a Roma.

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