Sono dibattuto, incastrato tra un sentimento di ripulsa istintivo e la razionalità che mi costringe a contrastare la mia stessa negatività: talvolta per sopravvivere occorre una dose di rassegnazione. Quasi mi sfugge la percezione del confine che si frappone tra il vero ed il falso, il giusto e la menzogna. Non è facile distinguere i buoni dai cattivi. Gli schemi ideologici sono fragili, anche se bastano gli occhi per constatare che il territorio veneto è largamente devastato, cementificato all’inverosimile. Se ne parla come di una regione benedetta, governata quasi ovunque dagli accoliti del sornione doge Zaia. Lui è l’abile uomo politico che si vanta (Veneto first) di aver prodotto una delle prime leggi contro il consumo di suolo: eppure contiene così tante deroghe da assomigliare a un velo, utile a coprire le magagne di un volto ambientale sfigurato. Da qui la mia titubanza: questa politica onnivora è premiata. I meriti attribuiti sono altissimi, il consenso è bulgaro, colpe non ce ne sono o sono solo incubi inconsistenti e sfoghi umorali delle opposizioni che non riescono ad agguantare il potere.  Io continuo ad arrovellarmi in nuovi dubbi.

Venezia e la laguna: In nome del progresso economico se ne pianifica con sicumera l’assedio ininterrotto. Jesolo vuol assomigliare sempre più a Dubai: la linguetta di spiaggia, già ingombrata da costruzioni massificate, costrittive, elevate al cielo, deve essere integrata con un’isola balneare artificiale proiettata come un braccio a ghermire il mare.

Dal canto suo anche la città di Venezia (intesa come chi ne ha la rappresentanza) è schizofrenica: dichiara pubblicamente di voler mettere un freno al turismo devastante e al degrado. Intanto progetta ulteriori scavi ai canali, il sollevamento di fanghi mortiferi per riportare i croceristi provvisoriamente allontanati. Stabilisce nuovi ticket di accesso alla città, nell’intento inesausto di drenare altro danaro: una nuova tassa comunale aeroportuale e un nuovo contributo d’accesso per i visitatori. L’ipocrisia al potere: non c’è l’intenzione di restituire alla più bella città del mondo una certa sacralità, ben vengano le masse, basta che paghino. Infatti, intorno alla Serenissima si progetta anche uno stadio/centro commerciale, mentre nuovi alberghi le tolgono il fiato da Mestre. In località Montiron (Ca’Noghera) si progetta un nuovo canale (costo iniziale 10,3 milioni) per collegare più facilmente la terraferma a Burano: altra deturpazione di un ecosistema delicato. Questo è il modello veneto vincente: schei fa schei. La città si spopola e l’accusa, fumo negli occhi per gli allocchi, è tutta rivolta contro i detentori di alloggi per affitti turistici. Come dire che la responsabilità principale delle inondazioni è delle nutrie che indeboliscono gli argini. Questa è un’altra assurdità, buona per la distrazione di massa: i piccoli proprietari hanno almeno il merito di mantenere gestito un patrimonio immobiliare popolare che altrimenti, in assenza di una politica per gli alloggi seria e finanziata a favore dei residenti, rischia di andare in malora. Fino al 2003 la città aveva ottenuto fondi della Legge speciale per poco meno di tre miliardi, poi il Mose, con le sue ruberie e lungaggini, ha praticamente drenato tutte le risorse e le due entità che provvedono agli alloggi pubblici (Insula per il Comune e Ater per la regione) faticano a trovare risorse ingenti. Oggi si contano nella Venezia insulare all’incirca 800 alloggi pubblici sfitti che abbisognerebbero di ristrutturazione. Senza interventi pubblici è impensabile che l’iniziativa privata provveda a supplire alle carenze abitative dei residenti, dati gli ingenti costi di risanamento degli immobili da ristrutturare, in un contesto così problematico.

Dietro al lusso dei grandi alberghi e la vivacità commerciale delle botteghe, si nasconde dunque la piaga dello spopolamento: quest’anno la città è andata sotto alla soglia critica dei 50.000 abitanti. Tolto lo splendore di palazzi monumentali e musei che godono di periodiche manutenzioni, spesso finanziate da estimatori e fondazioni anche estere, continua il lento progressivo degrado del tessuto abitativo popolare. Inesorabilmente la città lascia intravvedere il suo vero aspetto sempre più spettrale. Evoca le rovine di epoche passate, grandiose ma morte: la mistificazione narrativa si diluisce nello sciabordio romantico dei remi dei gondolieri, nella leggenda sul fascino esclusivo della città galleggiante in perenne agonia.

Molti anni fa ebbi modo di accompagnare un gruppo di visitatori tedeschi. Era la prima volta che mettevano piede nella meraviglia lagunare. Loro erano abituati all’arte sopraffina della manutenzione nel proprio pur già bombardatissimo patrimonio edilizio storico, puntualmente ricostruito. Ad un certo punto qualcuno mi domandò, molto seriamente e con una punta di disagio: “Come mai qui le case sono tutte così rovinate?” Allora mi parve un’ingenuità, mi pareva normale che una città antica come Venezia fosse in tali condizioni. Anche alla bruttezza ci si abitua e si coglie anche il tono artistico della negligenza. Ora mi si stringe il cuore e ripenso alle parole di Montanelli, riferite ad un altro contesto, ma pur assimilabile: “Siete governati da tedeschi? Beati voi”.

Talvolta serve proprio un bagno d’umiltà, una scossa che ci costringa a vedere che il re passeggia nudo. Forse rimarrà una delle mie solite illusioni, ma ci sarà prima o poi qualcuno con una visione chiara che voglia rimboccarsi le maniche e fare per il bene comune, disposto a pianificare un rinascimento meno spocchioso e fatuo, a indirizzare le cospicue risorse secondo un modello umanistico. Finanziamenti agli stadi faraonici e a piste di bob, per me vecchio maledetto poetastro, valgono meno di una calle animata, di casette dagli intonaci colorati di fresco e panni stesi sui fii, di gente e bambini, nuovi nati che perpetuano la vita in una città accogliente: a Venezia, come altrove, l’eternità possibile non è altro che un’eredità, un lascito da conservare intatto.

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta, Dragan l’imperdonabile e Il mite caprone rosso. Vita breve di norbert c.kaser.

1 COMMENT

  1. Analisi lucida e vigorosa, poetica e politica, amara e debitamente argomentata. Fa innamorare di, e temere per, Venezia anche chi la conosce assai poco ma sa comprenderne l’intrinseco valore universale.

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