Trovo ambigua la posizione che via via sta assumendo il nostro governo: ufficialmente ha voluto imprimere nel pubblico pagante (anche la politica, in fondo, è uno spettacolo e un’arte) l’impressione di essere classe dirigente con le idee chiare, finalmente in grado di rimettere in sesto la nazione, dopo i presunti guai prodotti da governi precedenti. Funziona sempre, nel popolo bue, un bel “Tutto sbagliato, tutto da rifare” di bartaliana memoria. La Lega, dall’alto dei suoi minimi storici (tra l’8 e il 9% nelle intenzioni di voto) fa la mosca cocchiera, oramai succhiata dalla riverniciata compagine, aspiratutto, dei Fratelli d’Italia. Quest’ultima formazione destrorsa porta il blasone di aver vinto le elezioni politiche. Eppure è avvenuto con la più bassa partecipazione di sempre: la matematica dice che il 26% dei suoi voti, su un 63% di votanti potenziale, corrisponde a poco oltre un 16 % di quanti avevano diritto al voto. Ma si obietterà che queste mie sono sciocchezze. D’accordo, incasso la critica: valgono soltanto le regole del gioco democratico e questo è sacrosanto! Dunque inutile masturbarsi il cervello a voler ridimensionare la vittoria specchiata dell’estrema destra.

Il fatto è che, lo confesso, faccio una fatica boia a riconoscermi. In un meandro del mio cuoricino ingenuo avevo sperato che la sbandierata sensibilità della premier (l’agiografia corrente la giudica donna di grandi risorse), dopo essersi conclusa la stagione elettorale, l’avrebbe indirizzata ad un percorso da statista quantomeno potabile. Dopo il digiuno di potere, il suo antico ma rinnovato partito necessitava di uno sdoganamento. E invece? E invece la destra fa la destra, questa è la politica, bellezza! Il campionario delle decisioni fino ad ora messe sul tavolo è presto enumerabile in modo pur grossolano. Qualche assaggio:

  • Il Belpaese dei soccombenti, cioè dei poveri, è in rapida crescita, anche per il fenomeno recente dei non disoccupati-impoveriti. Si allarga la forbice delle diseguaglianze. Eppure in uno dei suoi primi atti il governo ha ritenuto di tagliare drasticamente il reddito di cittadinanza, secondo il principio per cui chi potrebbe lavorare, muova il sedere e vada a lavorare. Ma il condizionale, quel potrebbe, non riempie i piatti in uno stato che mantiene alto il proprio tasso di disoccupazione, che si mangia i già bassi salari col 9% di inflazione e i costi energetici in crescita. In compenso sta per inaugurare una stagione di condoni e di abbattimenti delle tasse per le classi più abbienti, o quelle di potenziali evasori e innalza la circolazione libera dei contanti, a favore – certo in buona fede -di mia nonna che, per via della pensione minima, si trova sempre almeno 3000 euro nel borsellino per le piccole spese…
  • La politica migratoria ha toccato vertici di vera crudeltà: neppure nei film più beceri si assiste ai karaoke e ai festeggiamenti, dopo aver appena visitato un paese che è stato teatro di uno dei più terribili naufragi con esiti infausti di creature umane. Ci hanno fatto assistere al teatrino del Consiglio dei ministri spostato simbolicamente a Cultro, ma non si sono degnati di incontrare i superstiti: che cosa ci sono andati a fare in Calabria? Per invitarli, tardivamente, a Roma bastava un telegramma. E costringe le navi di salvataggio ad approdi lontani; a raccogliere non più di una imbarcata di naufraghi per volta: regolamenti che farebbero rabbrividire Antigone. La madre, la donna Giorgia Meloni ha promesso di difendere le frontiere dai pericolosissimi disperati schierando navi da guerra: di fronte al bisogno e allo spirito di sopravvivenza di esseri umani senza scelta crollano le stupide barriere. Verrà mai il tempo per inaugurare una politica dell’accoglienza e non il foraggiamento a suon di miliardi degli stati sentinella? La smetteremo di continuare con la favola per gli allocchi, che veramente possiamo aiutare alcuni milioni di persone, sostenendone l’economia in casa propria, dove c’è siccità, guerra, regimi rapinatori?
  • L’atteggiamento verso l’Europa: chi semina vento raccoglie tempesta. Grazie alle mediazioni di Conte e Draghi eravamo ritornati a contare. Abbiamo ottenuto un gruzzoletto di oltre 200 miliardi da spendere. Con l‘atteggiamento a muso duro di questo scorcio di legislatura che cosa stiamo ottenendo? Un progressivo irrigidimento delle istituzioni europee. Meno male che abbiamo ancora qualche santo, come Gentiloni, ad ammorbidire le posizioni. Adesso il governo ci avverte già, dopo aver sbandierato in precedenza un solenne “siamo pronti”, che probabilmente dovremo rinunciare a un pacco di miliardi per mancanza di finalizzazione dei progetti PNRR previsti. Naturalmente la colpa va addossata ai governi precedenti che hanno promesso cose incongrue (ma nell’ultimo governo Draghi non c’erano sia la Lega che Forza Italia?)
  • Salvini promette la riforma delle autonomie regionali, a modo suo. La solidarietà, l’unità nazionale potrebbero essere a rischio di andare in malora. Lui intravede l’esecuzione di progetti faraonici: il ponte di Messina è una gran bella cosa. Peccato che in Sicilia, per andare da Trapani a Gela servano quasi 13 ore di treno e ben 5 cambi: in auto sono sufficienti 3 ore e 19 minuti per un totale di 300 km. Per arrivare a Catania da Trapani bisogna rassegnarsi per quasi 10 ore e 3 cambi.
  • Adesso è stato varato il nuovo codice degli appalti: ottimo sveltire la burocrazia, nulla da eccepire. Ma si può e si deve farlo tenuto conto che l’Italia (tutta), e specialmente il ricco Veneto, è infiltrata dalle organizzazioni mafiose o da lobbies di potere arraffone: è prevista la cosiddetta liberalizzazione sotto soglia. Per appalti fino a 5,3 milioni ci potranno essere affidamenti senza gara: pancia mia fatti capanna! E reintroduce a cascata la possibilità dei subappalti senza limiti, con tutti i rischi connessi di sfruttamento brutale dei lavoratori in carico alle aziende subappaltate.
  • Per quanto riguarda i diritti sociali è stata gettata letteralmente l’acqua sporca col bambino: sotto la pretestuosa difesa contro il cosiddetto utero in affitto (che è già vietato nella ns. legislazione e anche in quella europea) si penalizzano atrocemente i bambini di coppie gay. Al Senato la commissione Politiche europee su proposta di FdI ha bocciato la proposta di regolamento Ue sul riconoscimento dei figli anche da genitori dello stesso sesso, in vista di un certificato europeo di filiazione. Una battaglia retrograda, che ci pone nuovamente in contrasto con L’Europa (salvo i soliti amici di Ungheria e Polonia)
  • Le posizioni sull’ambientalismo sono un altro fiore della destra: sposta sempre più lontano le decisioni a favore delle auto con motori elettrici non inquinanti; accarezza l’idea obsoleta di far diventare il ns. paese un hub europeo per l’energia fossile, quando tutto il mondo più progredito reclama un’economia green reale e non di facciata.

Restiamo in trepidante attesa delle prossime esibizioni. Pronti ad applaudire.

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta e Dragan l’imperdonabile.

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