C’è modo e modo di stare nelle istituzioni. Ad esempio rispettando l’art. 54 della Costituzione: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Ma il Presidente del Senato, Ignazio Benito Maria La Russa, pur avendo giurato sulla Costituzione, non la (ri)conosce. In qualunque altro Paese uno così sarebbe accompagnato alla porta dal suo stesso partito. Ma è evidente che così non sarà. Perché quella di La Russa sull’attentato di via Rasella non è ignoranza storica, bensì malafede politica. Lo è anche quella di Giorgia Meloni che, nel ricordare l’eccidio delle Fosse Ardeatine, dimentica la parola “antifascisti”; come lo è quella dell’ex presidente di 3-I che parafrasa in maniera superficiale il celebre discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925; come lo è quella di decine di esponenti di Fratelli d’Italia che commentano pubblicamente o sui social dei fatti storici in base al “sentito dire”, riproponendo una versione edulcorata del fascismo. Non sono amnesie o gaffes: sono tentativi consapevoli di manipolare la storia. Ora, che i dirigenti di Fratelli d’Italia siano allergici all’antifascismo è pacifico. Che il partito della Meloni non sia riuscito a recidere il filo nero con il passato del Ventennio fascista è altrettanto certo. Ma non è accettabile che si possa riscrivere la storia negando l’evidenza. In particolare rispetto a fatti, come appunto quelli di via Rasella, sui quali esiste una chiara verità storica, peraltro confermata da una verità giudiziaria. Su queste vicende consiglio lo straordinario volume di Alessandro Portelli, L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria (Donzelli, Roma 1999, più volte riedito). Nello specifico delle affermazioni di La Russa su via Rasella, rimando al comunicato pubblicato ieri dall’Istituto nazionale Ferruccio Parri – Rete degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea.

In merito alle dichiarazioni del Presidente del Senato Ignazio La Russa l’Istituto nazionale Ferruccio Parri – Rete degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea -, per rispetto alla verità storica, dichiara:

  • L’attacco partigiano di via Rasella fu un legittimo atto di guerra condotto contro una pattuglia di poliziotti altoatesini appartenenti al terzo battaglione Bozen.
  • Il Polizeiregiment Bozen comprendeva tre battaglioni, si era formato nel settembre 1943, subito dopo che i Tedeschi, a seguito dell’armistizio, avevano costituito l’Operationszone Alpenvorland, (Zona di Operazione delle Prealpi), che comprendeva le province di Belluno, Trento e Bolzano.
  • La maggior parte dei suoi membri, a seguito della opzione del 1939, avevano preso la cittadinanza tedesca.
  • Il battaglione Bozen non era una banda musicale ma un battaglione di polizia armato di pistole mitragliatrici e bombe a mano, che stava ultimando il suo addestramento.
  • L’età media dei componenti era sui 35 anni (avevano un’età dai 26 ai 42 anni), quindi certamente non delle giovani reclute ma neppure dei semi pensionati.
  • È bene ricordare che gli altri due battaglioni del reggimento Bozen erano stati subito impiegati in funzione anti-partigiana in Istria e nel Bellunese, dove si erano resi autori di stragi.
  • Il battaglione oggetto dell’attacco di via Rasella è stato successivamente impiegato in Italia in funzione anti-partigiana.
  • A seguito dell’attacco i Tedeschi fucilarono alle Fosse Ardeatine 335 fra antifascisti, partigiani, ebrei, detenuti comuni. Le liste furono compilate con l’aiuto della Questura di Roma. L’ordine di fucilazione fu eseguito prima della pubblicazione del comunicato emanato dal comando tedesco della città occupata di Roma alle 22,55 del 24 marzo 1944.
  • Per tale atto il Questore di Roma, Pietro Caruso, fu condannato a morte dall’Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo. La sentenza fu eseguita il 22/9/1944.

Milano, 1 aprile 2023

Il Presidente Paolo Pezzino
con tutti gli organi direttivi,
i collaboratori e le collaboratrici
dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri
Rete degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea

(PH. Retata di fronte a Palazzo Barberini, da parte di truppe tedesche e della RSI. Foto tratta da Bundesarchiv, Bild 101I-312-0983-03 / Koch / CC-BY-SA 3.0)

Daniele Ceschin
Nato a Pieve di Soligo il 20.12.1971. Storico con un dottorato di Storia sociale europea dal medioevo all’età contemporanea. Docente a contratto di Storia contemporanea dal 2007 al 2011 all’università di Ca’ Foscari di Venezia. Autore di pubblicazioni a carattere storico. E’ stato Vicesindaco a Mogliano Veneto dal 2017 al 2019.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here