Finalmente la caccia urbana al cinghiale è stata dichiarata aperta.
Il provvedimento, adottato dal governo di destra dopo 15 secondi dall’avvenuto insediamento – record assoluto -, era atteso da decenni.
Ad attenderlo, in particolare, erano le associazioni dei bracconieri (ramo operativo della Protezione Civile), le associazioni venatorie (emanazione delle case di riposo per Anziani), i commercianti di materiali da guerriglia urbana (tute mimetiche, coltelli modello “Rambo”, elmetti con videocamera, fucili automatici con puntatore laser, mitragliatori da duemila colpi al minuto, munizioni a frammentazione, ecc.) e i titolati dei laboratori “Tattoo” (per tatuare cinghialoni, croci celtiche e “boia chi molla”, questi ultimi slogan riferiti alla eterna lotta tra l’uomo e il cinghiale, sul petto villoso e canuto degli stessi bracconieri e cacciatori).
Fin qui lo stato delle cose, nella piccola Repubblica delle banane italiota, ma tra il dire, o meglio il proclamare, il decretare e il fare, c’è di mezzo un oceano.
Già, parliamo seriamente, dopo il necessario e liberatorio sfogo: come faremo a fucilare le migliaia di cinghiali che assediano minacciosamente le nostre roccaforti urbane?
Purtroppo, caro Lettore, il tema non ispira serietà e dunque siamo costretti a rimanere nel faceto, che tanto le risposte e la sostanza sono le stesse.
Noi pensiamo che sarà oltremodo difficile, oltre che estremamente pericoloso, l’esercizio venatorio al cinghiale in ambiente urbano e periurbano. E lo pensiamo non solo per il fatto che il cinghiale, antenato del maiale, è assai più intelligente di coloro che ne hanno decretato l’abbattimento ovunque, compresi i Parchi Nazionali e le Riserve Naturali ed escludendo soltanto le chiese, se con cerimonia religiosa in atto; ma anche per il fatto che costoro, i nostri governanti, che si spera diventino presto “emeriti”, non hanno la minima idea di cosa significhi abbattere un cinghialone.
Perché sembra facile: una mattina mi alzo, tiro su la persiana per vedere se piove, scorgo un branchetto di cinghiali intento a sbafare i rifiuti che la sera prima ho depositato accanto al cassonetto ricolmo, prendo il fedele Kalashnikov estraendolo da sotto il letto, dove lo custodisco per sottrarlo ai giochi dei bambini e faccio fuoco. Non funziona mica così. Anche perché il rischio è quello di abbattere la vecchietta che, proprio a quell’ora e incurante dei cinghiali, sta portando da mangiare ai gatti.
La cosa, in realtà è assai più complessa; anzi, estremamente complessa e pericolosa. Persino in termini culturali, per il messaggio imbecille e bellicoso che si diffonde tra la popolazione (leggi “popolo bue”), che a quel punto pensa, ovviamente, che quella di sparare sia la soluzione a tutti i numerosi problemi di convivenza con la fauna selvatica.
Poi ci sono gli aspetti meramente tecnici, della serie: per abbattere un cinghiale servono cartucce a pallettoni o a munizione singola e dunque quella da guerra e da caccia grossa, che tanto, abbattere un uomo o un bufalo non fa differenza. Ebbene è semplicemente demenziale pensare di impiegare tali munizioni in ambiente urbano o anche solo nelle campagne, semplicemente perché pericolosissimo. Tanto più demenziale se si pensa di delegare tale compito alla benemerita categoria dei cacciatori: gli stessi cui si deve il problema dell’introduzione e del conseguente sovra popolamento del cinghiale nell’Italia settentrionale.
Tanto per rinfrescare la memoria ai nostri governanti, che sembrano esserne a corto, si ricorda che un cacciatore, l’ennesimo (sembra si tratti di “selezione darwiniana”) è stato abbattuto dal colpo esploso da un collega proprio ieri, 06 gennaio 2023.
Detto questo, se si considera che la sciagurata caccia al cinghiale può essere praticata anche nelle Aree protette, la misura della demenzialità appare colma.
Ma come! Abbiamo combattuto battaglie di inenarrabile e cruenta ferocia per mezzo secolo, per assicurare tutela alla biodiversità di questo paese mediante l’istituzione di Parchi e di Riserve Naturali e ora viene presa la sacrilega decisione di “aprirvi la caccia”? Che poi è un pericolosissimo precedente per cacciare anche altre specie.
Qualcuno ha pensato, sempre ammesso che tale esercizio sia nelle facoltà di chi ci governa, al messaggio negativo, o meglio devastante in termini culturali ed etici, che ne deriva?
Comunque sia il problema dei cinghiali rimane e rimarrà, con i suoi rischi, compresa ovviamente la diffusione della temibile peste suina. Anche perché, allo stato di fatto, con lo smantellamento del Corpo Forestale dello Stato da parte di governanti recenti, di dubbia intelligenza quanto emeriti e l’estinzione dei Corpi di Polizia Provinciale (i Guardacaccia) seguita alla soppressione delle province, non rimane nessuno tecnicamente in grado di occuparsene; a meno che non s’intenda coinvolgere i cacciatori (!). Oppure i Carabinieri forestali, sorti dalla metamorfosi dei Forestali precedenti e, a quanto sembra, assai più efficienti nel perseguire gli evasori fiscali e i passeggeri di motorino senza casco. Oppure i Guardaparco: entità professionali la cui rarità supera di gran lunga quella delle tigri del Bengala.
Insomma, per farla breve, penso che i cinghiali possano dormire sonni tranquilli, mentre a preoccuparsi dovrebbero essere appunto coloro che amano la pratica di nord-walking, sud-walking, jogging, passegging whit passeggin whit baby, landscape photographing, dog-sitting-defecation, bird-watching, lovers-watching, petting e qualunque altra attività, di denominazione inglese, che si pratica all’aria aperta, nei parchi urbani e nei parchi nazionali.
A proposito: e quelli che portano i rifiuti ai cassonetti, è forse il caso che si preoccupino a loro volta?
Beh, a quelli consigliamo semplicemente di evitare di indossare pellicce (anche sintetiche), di stipulare un’assicurazione sulla vita e di chiedere una benedizione, che non guasta mai.