Quando Nadia venne uccisa nell’attentato di via dei Georgofili a Firenze, il 27 maggio 1993, aveva 9 anni. Morì assieme ai genitori Fabrizio Nencioni e Angela Fiume, alla sorellina Caterina che aveva appena 50 giorni e allo studente Dario Capolicchio.

Tre giorni prima Nadia aveva scritto una poesia,Il tramonto“.

“Il tramonto”

I Ros hanno voluto ricordarla chiamando proprio così l’operazione che ha condotto all’arresto di Matteo Messina Denaro, uno dei mandanti della strage. La bomba provocò anche 41 feriti, sventrò la torre dove ha sede l’Accademia dei Georgofili, causò ingenti danni alla Galleria degli Uffizi, a Palazzo Vecchio, alla chiesa di Santo Stefano, al Ponte Vecchio e alle abitazioni vicine.

In questi giorni è importante ricordare queste vittime innocenti della mafia, in particolare a Nadia e Caterina. Farlo pubblicamente, nelle cerimonie ufficiali e nelle scuole. Il giornalista e scrittore Umberto Cecchi, giunto immediatamente sul luogo della strage, ha scritto: “Dovevamo tornare al giornale e ci avviammo verso la nostra auto, poco lontana dalla piazza. E lì ci colse l’esplosione. Violenta, cupa, accompagnata da un fragore di macerie che cadevano. Una vampata di luce e polvere copriva il cielo. Tornammo da dove eravamo venuti e l’incanto di poco prima era ora un inferno. Gli abitanti della strada erano terrorizzati, ma un terrore silenzioso da sopravvissuti. Poco dopo, volontari, pompieri e infermieri lavoravano a spostare i cumuli di macerie che impedivano di entrare nella torre. Eravamo naufraghi. Poi l’incognita si mutò in una spaventosa realtà: dalle macerie emerse un vigile del fuoco, lentamente, scavalcando pietra su pietra e portando in braccio, con grande cura, un fagottino recuperato che sembrava una bambola rotta e invece era un neonato morto. E la tragedia ci entrò dentro infame, terribile. Sapemmo dopo che quella bambola era Caterina, di appena un mese e mezzo. E dopo di lei emersero i corpi del padre, della madre e della sorellina”.

Il pensiero commosso nei confronti di queste bimbe, raggiunte dalla furia stragista di Cosa Nostra del 1992-93, ci interroga però non solo sulle responsabilità già accertate dalla Magistratura, ma su quanto poco sia stato fatto negli anni seguenti per assicurare alla giustizia i colpevoli. Tutti stanno parlando in queste ore di vittoria dello Stato. Ma è una vittoria amara. Trent’anni sono tanti, sono troppi.

Daniele Ceschin
Nato a Pieve di Soligo il 20.12.1971. Storico con un dottorato di Storia sociale europea dal medioevo all’età contemporanea. Docente a contratto di Storia contemporanea dal 2007 al 2011 all’università di Ca’ Foscari di Venezia. Autore di pubblicazioni a carattere storico. E’ stato Vicesindaco a Mogliano Veneto dal 2017 al 2019.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here