L’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) è una delle più grandi multinazionali dei combustibili fossili, a livello mondiale.

Negli ultimi tempi, dopo aver sperato che avessero successo le (costose) campagne di nascondimento dei cambiamenti climatici, ha dovuto prendere atto della sempre più vasta presa di coscienza, soprattutto tra i giovani, sul pericolo per l’umanità intera e per la natura del pianeta legato al riscaldamento globale, prodotto in pochi decenni dalle combustioni della rivoluzione industriale.

Sarà perché ha visto che questa presa di coscienza poteva compromettere i profitti (10,8 miliardi di euro di utili nei primi mesi del 2022, grazie anche agli andamenti speculativi dei prezzi dell’energia e dei carburanti) che adesso Eni cerca di darsi un’immagine green? Siamo subissati da campagne pubblicitarie come E: l’energia nuova sempre più decarbonizzata oppure La mobilità del futuro: Eni Sustainable Mobility. E ha rinominato con appellativi graziosi le sue varie branche: Eni Rewind nel campo del trattamento rifiuti. Anche qui da noi, Eni ha recentemente presentato a stampa e sindacati lo zuccherino di due interventi green a Marghera: un impianto per la produzione di acido isopropilico e un piccolo impianto di riciclo di plastiche propileniche.

Ha perciò avuto l’effetto di un fulmine a ciel sereno la presentazione, da parte di Eni Rewind, del progetto, già in fase avanzata, per la costruzione a Marghera di un mega-impianto per l’incenerimento di 190.000 tonnellate/anno di fanghi da depurazione provenienti da tutto il Veneto. Anche questo viene presentato come un impianto innocuo e verde, anzi molto vantaggioso perché è un termovalorizzatore (solo in Italia ha funzionato, purtroppo con la complicità di tutti i media, di chiamare gli inceneritori con questo appellativo rassicurante).

Eni Rewind presenta il suo mega-inceneritore come dedicato solo a bruciare i fanghi di depurazione civile, facendo intendere che si tratta solo di quelli provenienti “dalle acque dei water”. In realtà si tratta della depurazione delle acque reflue anche da attività come quelle artigianali e della piccola industria, dove si trova di tutto, medicinali, pesticidi, coloranti, detergenti, fino ai micidiali PFAS, le sostanze che costituiscono uno dei maggiori problemi in Veneto, perché presenti in altissime concentrazioni nei suoli e nelle acque, non solo nella “zona rossa” interessata dal disastro ambientale della Miteni di Trissino.

Sull’incenerimento dei rifiuti contenenti PFAS i comitati NO INCENERITORE FUSINA erano intervenuti già in sede di ricorso contro l’inceneritore di Veritas, producendo diversi documenti scientifici, tra cui una relazione di EPA (l’agenzia americana per l’ambiente), in cui si parla dei pericoli cui si va incontro smaltendo i PFAS tramite incenerimento: questi composti sono infatti molto resistenti alle alte temperature, e per questo vanno a finire nei fumi in uscita dai camini, tali e quali o come frammenti della molecola. È per queste preoccupazioni che recentemente il Sindaco di Legnago ha emesso un’Ordinanza, con la quale è stato imposto lo stop all’incenerimento di rifiuti contenenti PFAS alla ditta Chemiviron.

Ad aggravare la situazione il fatto che la normativa ambientale non preveda alcun limite di concentrazione per le emissioni gassose di PFAS. Dunque, è evidente che qualcuno pensa di risolvere il problema dell’inquinamento da PFAS disperdendoli in atmosfera con gli inceneritori. È come se si volessero bruciare le scorie radioattive delle centrali nucleari per farle sparire.

È ormai consolidato il principio che l’unico modo per trattare i fanghi inquinati sia quello di essiccarli, riducendone enormemente il volume, poiché contengono fino al 75% di acqua, poi inertizzarli mescolandoli con cemento e metterli in discariche controllate.

Un aspetto emblematico, che dimostra come la logica del profitto travalichi e annulli ogni volontà di darsi un’immagine green, è il sito dove l’inceneritore viene collocato: al bordo di un laghetto che è un fiore all’occhiello di ENI, dove vengono portate le scolaresche per far vedere gli uccelli che svernano e si riproducono. Per rifornire con l’enorme quantità di fanghi l’impianto è prevista la costruzione di una nuova strada vicino al laghetto, che dovrà permettere il transito di 50-60 camion al giorno, per un totale di quasi 13.000 camion all’anno.

La presa di posizione del Coordinamento NO INCENERITORE FUSINA è stata immediata:

“è ora di finirla con l’idea di fare affari sulla pelle della gente, l’aria che respiriamo a Marghera e in tutta la cintura metropolitana è una delle più inquinate d’Europa; i dati dell’ultimo rapporto SENTIERI ci dicono che in queste zone ci si ammala di più di patologie gravi come tumori e malattie respiratorie, eppure si continua con progetti nocivi, obsoleti e sbagliati.  Questa è la realtà che viviamo quotidianamente, dunque rispediamo al mittente le dichiarazioni propagandistiche di Paolo Grossi, AD di Eni Rewind, circa il fatto che il loro inceneritore sarebbe talmente innocuo da poter stare vicino a una scuola come avviene a Zurigo. Ci rivolgiamo poi alla Giunta Zaia e al Sindaco Brugnaro in quanto amministratori delle Istituzioni cui compete l’approvazione del progetto, dicendo loro che, se hanno deciso di sacrificare la salute di centinaia di migliaia di persone per soddisfare gli appetiti delle varie lobby, noi non ci stiamo. Abbiamo una battaglia aperta contro Veritas, da oggi ne apriamo un’altra ancora più dura contro ENI, la Regione e il Comune, perché è ormai chiara a tutti l’intenzione di trasformare Porto Marghera nella centrale di smaltimento di tutte le porcherie più tossiche del ‘mitico’ nord-est, altro che Venezia capitale della sostenibilità”.

Il movimento è partito subito, il 13 gennaio, con una affollatissima assemblea pubblica a Marghera, seguita da una cena di autofinanziamento con più di 120 persone.

2 COMMENTS

  1. Treviso 17 01 2023 – Grazie di questo contributo. Credo che anche a Roma sia stato approvato dal Governo Draghi il Termovalorizzatore che è stata una delle concause della sua caduta…

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