Accade di frequente che ogni formazione politica o aggregazione si appelli ai cosiddetti “nostri valori” per evidenziare un proprio patrimonio ideale costitutivo. La mistificazione consiste nel fatto che tali presunti valori non sono i medesimi per tutti e non è nemmeno certificabile che detti valori siano tali, divenendo più che altro l’esibizione di un alto profilo morale che in realtà spesso nei fatti manca. In argomento, oggi parliamo di corruzione.

Esiste una classifica che viene redatta ogni anno, il cosiddetto Indice di Percezione della Corruzione (CPI) dell’ente Transparency International. Il CPI, che di anno in anno si affina, misura la corruzione nel settore pubblico e nella politica, segnalando quali siano i Paesi più corrotti al mondo.

Comparando i dati di 175 stati, l’Italia, da dieci anni almeno, risulta il paese più corrotto in Europa occidentale, con 56 punti (è al 42°posto in classifica generale). La media europea si colloca a 64 punti, con le eccellenze rappresentate dai soliti paesi nordici, ma anche dalla Germania, che vanno oltre gli 80 punti.

Fin qui la statistica. Ma i numeri e la classifica sono solamente la sintesi di una situazione di degrado che ha radici profonde e lontane: del resto proprio dal Belpaese abbiamo esportato il prodotto più riconosciuto che non è né la pizza né la fashion, ma la mafia. Non sono lontani i tempi in cui essa stessa si ammantava persino, come presunto valore, addirittura di una propria specifica moralità, quale garante di una giurisdizione in territori dove lo stato era per lo più latitante. Targate o meno con le etichette ufficiali mafiose o ‘ndranghetiste, le cronache dimostrano che imperversano anche nel Veneto organizzazioni molto introdotte, protese a rodere una montagna di danaro ogni anno, specie quello pubblico, e minano le basi democratiche su cui si reggono le istituzioni.

Ricordiamo quell’idrovora di soldi chiamata MOSE, la nuova Tangentopoli d’Italia (che ha provocato la fine politica del governatore-doge Galan), le cosche di Abano ed Eraclea, la corruzione dilagante negli appalti, i trucchi per accaparrarsi i fondi del superbonus sulle ristrutturazioni, gli accessi indebiti al reddito di cittadinanza e persino al bonus cultura: sono alcune manifestazioni più sfacciate di questo sistema di malaffare. Esiste poi un sottobosco che arrotonda il reddito, molto probabilmente buggerando il fisco: nella settima potenza industriale mondiale è proprio credibile che più della metà degli italiani viva con meno di 10mila euro lordi l’anno e che circa il 79% dei contribuenti dia solo il 27,5% delle risorse pubbliche?  Facile considerazione: che ci sia una spiegazione nel fatto che abbiamo un’evasione stimata in quasi 100 miliardi anno e che siamo il Paese dove si ama alla follia il “sobrio” pagamento in nero?

Eppure, dietro a questi mostruosi esempi si batte un’Italia generosa, fatta di gente perbene, che rappresenta la maggioranza fin troppo silenziosa e rassegnata a vedere sullo scenario protagonisti più o meno furbi e troppo spesso impuniti, di cui certi politici sono spesso la naturale espressione.

In Italia si è perduto il senso dello scandalo: del resto non abbiamo fatto neppure i conti col fascismo, figurarsi. La corruzione viene spesso assorbita in un “volemose ben” assolutorio, dove le giustificazioni si sprecano per dimostrare che i fatti dolosi sono poco rilevanti o addirittura meritevoli di un sorrisetto compiaciuto, alla stregua di comprensibili e umane furbate.

In altri stati, come ad esempio la Germania, nel 2011 il brillante ministro della difesa Karl Theodor zu Guttenberg del governo tedesco di Angela Merkel è stato costretto alle dimissioni, perché un giornale aveva scoperto che nell’anno 2009 la sua tesi di dottorato era stata ampiamente copiata senza citare le fonti.

E in Gran Bretagna, in luglio di quest’anno, il semplice fatto di aver organizzato feste private, vietate in tempo di Covid, e aver coperto il proprio viceministro Pincher in stato di ubriachezza, reo di aver palpeggiato due uomini, ha portato alle dimissioni il primo ministro Boris Johnson.

Piuttosto, da noi si fa un uso strumentale della cosiddetta moralità: come quando era stato contestato, addirittura con interpellanza parlamentare al sindaco di Roma, Ignazio Marino, di aver parcheggiato la propria Panda in una zona vietata ZTL e di non essere stato sottoposto a multa; il gentiluomo era stato oggetto di vandalismi e in piena legittimità aveva accettato l’indicazione del prefetto di parcheggiarla per motivi di sicurezza presso il posto di guardia del Senato. Da notare che Ignazio Marino aveva rifiutato il privilegio dell’auto blu. Non contenti i suoi detrattori gli avevano contestato il pagamento di alcune cene con la carta di credito del Comune: dopo aver percorso ogni fase di giudizio, la Cassazione aveva accertato che “il fatto non sussiste”, poiché si trattava effettivamente di cene istituzionali di rappresentanza. Il sindaco Marino, persona onesta e dunque scomoda nel discutibile ambiente politico romano, veniva comunque sfiduciato dai suoi stessi consiglieri e lasciava la carica, smagato. Pochi giorni fa abbiamo avuto un ennesimo smacco: la questione delle cooperative gestite dai familiari di Aboubakar Soumahoro, con relativo sfruttamento dei poveri e altre frodi fiscali. Ora la mano arraffona di italica matrice va a insozzare il prestigio delle istituzioni europee e la credibilità dell’Italietta, già pregiudicata, faticherà a scrollarsi di dosso quest’ennesimo marchio di infamia che grava sulla nostra reputazione.

E qui mi soffermo: sembrerebbe che la gravità delle corruzioni, di cui stavolta sono protagonisti esponenti dell’area socialista, rei di aver favorito decisioni a vantaggio di Qatar e Marocco in cambio di valigie di danaro contante, risieda nel fatto che abbiamo sporcato di nuovo la nostra immagine presso il pubblico europeo. Dunque, il problema, messo sul piano del prestigio e dell’immagine, sottovaluterebbe qualsiasi altra responsabilità. Ritengo invece che questi fatti evidenzino la mancanza profonda di una cultura della legalità che parte dalla marmellata rubata e risale a spirale verso accaparramenti indebiti che continuiamo a sottovalutare. Molti italiani brava gente scrollano le spalle. Fino a quando non vengono scoperti, considerano persino un vanto sottrarsi, quanto più possibile, agli obblighi di una moralità personale, anche di tipo fiscale: il punto di vista, sbagliato, è che le istituzioni, tutte, siano vessatorie e il cittadino, quando può, abbia il diritto di fregarle. Così, invece di reagire con uno slancio di autocritica, si va alla deriva e lo stato sociale, la sanità, l’istruzione, la previdenza, ecc. saranno prede ambite del settore privato, in uno stato svenato di risorse che favorirà soltanto i ricchi. Chi è causa del suo mal…

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta e Dragan l’imperdonabile.

1 COMMENT

  1. Treviso 19 12 2022 – Grazie per questo contributo di conoscenza, molto ben articolato. Mia mamma, maestra elementare, diceva che la cultura “corruttiva” parte da lontano. Lei rifiutava i fiori che le mamme usavano donare alle insegnanti per accattivarsi il giudizio scolastico dei figli. Mi ricordava infatti che quei bimbi “mutatis mutandis” da grandi avrebbero usato nei confronti degli interlocutori detentori di potere gli stessi sistemi…

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