Nell’ultimo comunicato di Veritas, dedicato a contrastare il sempre più vasto movimento che si oppone all’inceneritore di Fusina di Porto Marghera, si legge: “non c’è nessun pericolo. I cittadini possono stare tranquilli, l’impianto di Veritas è moderno, e non comporta rischi per la salute e l’ambiente, i comitati raccontano solo bugie”.

Queste affermazioni di Veritas si basano su uno “studio scientifico” commissionato dalla sua controllata Ecoprogetto, che è stato ritenuto valido dalla Regione Veneto in sede di rilascio delle concessioni, e purtroppo anche dai giudici del TAR e del Consiglio di Stato, che non hanno minimamente preso in considerazione i rilievi tecnici presentati dai comitati NO INCENERITORE FUSINA già al momento della presentazione del progetto.

Lo “studio scientifico” affermava che i gas emessi dall’inceneritore avrebbero un impatto significativo solo vicino all’impianto, in un raggio di circa 1 km appena.

La massima Autorità sanitaria del Paese, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ha completamente smentito questo studio, confermando le critiche mosse fin da subito dai comitati.

In una nota trasmessa alla Regione Veneto il 20 gennaio 2022 l’ISS smonta pezzo per pezzo lo studio di Veritas, affermando che: i modelli di dispersione dei fumi sono vecchi, datati e non in linea con le indicazioni scientifiche attuali; i limiti di concentrazione dei gas presi a riferimento sono ben più alti di quelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); non si è tenuto conto che per alcuni composti altamente tossici (ossidi di azoto, benzo(a)pirene e polveri ultrasottili) i livelli di inquinamento registrati nella zona di Porto Marghera sono già oltre i limiti consentiti; non è stato fatto uno studio approfondito ed esteso sugli effetti di sostanze estremamente pericolose emesse dagli inceneritori, come diossine, furani e metalli pesanti.

L’ISS critica, inoltre, l’insufficienza del monitoraggio sulle ricadute degli inquinanti fatto da Veritas prima e dopo l’avvio del primo forno, che avrebbe dovuto durare due anni e non un mese, e che avrebbe dovuto considerare tutti gli inquinanti che escono dall’inceneritore (come i PFAS) e non solo quelli previsti dalla normativa.

La Regione viene inoltre sollecitata a mettere in atto i biomonitoraggi sulla popolazione esposta, come richiesto dai medici, dall’ISDE e dalle associazioni.

Allora chi racconta balle: Veritas o i comitati?

Così rispondono i comitati, lanciando una petizione e una raccolta firme con banchetti a Mestre, Marghera e Riviera del Brenta, il 16, 17 e 18 dicembre, con il seguente comunicato:

A questo punto i comitati invocano l’applicazione del principio di precauzione:Le critiche mosse dall’ISS sono pesanti e preoccupanti. Se le valutazioni delle ricadute dei fumi sono inattendibili, il rischio per l’ambiente e per la salute della popolazione è più che concreto. Ci rivolgiamo ai Sindaci e alla Regione Veneto richiamandoli tutti alle loro responsabilità. C’è bisogno di provvedimenti coraggiosi, d’altra parte la salute viene prima di tutto sempre, almeno questo è stato il ritornello durante la pandemia. Vediamo se è vero”.

Precise le richieste del Coordinamento: Chiediamo la sospensione della linea L1 e una moratoria su L2 almeno fino a quando non verrà fatto un altro studio più approfondito, secondo le indicazioni dell’ISS su un’area vasta, e fino a quando non verrà dismesso realmente l’utilizzo del carbone nella centrale Enel Palladio, anche questa una promessa clamorosamente smentita. Vogliamo poi che i report di gestione e tutti i dati sulle emissioni, non solo quelle gassose, siano resi pubblici nei siti istituzionali, nonché il monitoraggio di tutte le sostanze in uscita dai camini, e in particolare dei PFAS. Ribadiamo poi la necessità di fare i biomonitoraggi su un campione significativo della popolazione metropolitana che vive intorno a Porto Marghera. Infine, richiesta specifica per Venezia, vogliamo che in centro storico sia finalmente applicata la norma che prevede l’obbligo di raccolta separata della frazione umida. È inqualificabile che nella città lagunare l’umido sia smaltito come secco residuo; questa mancanza costa ai cittadini veneziani almeno 2 milioni di euro in più ogni anno e circa 12 punti in meno nella percentuale di raccolta differenziata dell’intero comune”.

Siro Valmassoni
Medico ambientalista, per 40 anni anche anestesista rianimatore

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