E adesso cari compagni affranti della sinistra che si farà? Vestiremo tutti in gramaglie, lacrimando amaramente per la cara estinta che fu? Rimpiangeremo i bei tempi di Berlinguer? Oppure completeremo l’opera di sbranarci a vicenda, corrente di sinistra contro altra corrente di pensiero di sinistra, in un tutto contro tutti cannibale? Lasceremo che, intanto, questa destra trionfante e scatenata consolidi la propria arrogante posizione, rivalutandosi agli occhi del popolo, decreto dopo decreto, sottraendosi dalla nomea infamante che la designa erede del Mascellone, ma che insinui passo dopo passo la propria profonda visione poco democratica?

Forse non è ancora chiaro: battere la grancassa dei fascisti al governo, cari compagni piangenti, rischia di favorire la destra come quando si censura un film e tutti vanno a vederlo. Ovvio: se si continua a dipingere questi signori come se fossero dei mostri riesumati da un passato di eia eia alalà, allora la frittata è fatta: perché non sono dei mostri, visto che fan cose che molti italiani, ahimè, condividono nello spirito, se non nel metodo. La presidente Meloni cresce nei sondaggi: gli italiani approvano la sua determinazione. La destra del presidente Meloni ha adottato il principio della rana bollita: far sentire il tepore del’acqua ad un’Italia che ha bisogno di chiarezza e autorità, anche di odiare qualcuno, per non far toccare con mano al Paese i pesanti limiti strutturali che l’affliggono: eccovi, come primo atto, il decreto anti-rave party, ecco la crudele barriera contro i migranti che rischiano la vita nel mare, fuggendo dall’orrore dell’indigenza e dalle guerre.

Visto che dai binari tracciati da Draghi in economia non è possibile uscire, senza rompersi il collo, ecco che arrivano i decreti muscolari, a rassicurare i gonzi: così il rave party di Modena, dove i camioncini vendono pacifici street food come in una sagra, e dove si balla con la musica a tutto volume, diventa per l’opinione pubblica la quintessenza del male, il tempio della più trasgressiva deviazione. Anche se tutti abbiamo visto in televisione che, alla fine, i ragazzi educatamente raccoglievano persino la spazzatura nei sacchi e abbiamo capito che sono persone normali, a parte qualche sbandato, nostri figli che cercano solo un poco di compagnia tra loro fuori dall’omologazione. La droga? Sì, ne girava come ne gira, purtroppo, troppa nei locali pubblici. Ma la situazione non meritava un decreto così immediato e punitivo: la copertura legale per richiamare all’ordine era già stato scritto. L’organizzazione di un simile evento non è punibile. Fa testo, per esempio, la sentenza della SCC n.36288 del 2017. Il Collegio era stato chiamato ad esaminare il ricorso contro una sentenza del Tribunale di Pisa che puniva un responsabile per avere organizzato, in concorso con altre persone non identificate e senza alcuna autorizzazione, una festa da ballo (c.d. “rave party”) in luogo pubblico (art. 68 T.U.L.P.S.).  La sentenza di condanna era stata annullata. Dispone, infatti, l’art. 17 Cost., che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi e che per le (loro) riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Il diritto di riunione è tutelato nei confronti della generalità dei cittadini, che, riunendosi, possono dedicarsi a quelle attività lecite, anche se per scopo di comune divertimento o passatempo (Corte cost. sent. n. 142 del 1967). Tra l’altro la Corte costituzionale aveva dichiarato che l’art. 68 del T.U.L.P.S., approvato con R.D. 18 giugno 1931 n. 773, è costituzionalmente illegittimo, nei confronti dell’art. 17 Cost., nella parte nella quale vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico senza la licenza del questore. (fonte Huffipost)

Qui non vorrei fare il leguleio, che non sono, per non cadere nella trappola di chi ti fa guardare al dito invece che alla luna. Sorvoliamo anche la questione che il raduno si è svolto in un’area privata, anche se di fatto abbandonata, perché questo non giustifica leggi eccezionali.

A dirla in modo eticamente fascista, visto che va di moda usare modi ed espressioni spicce: chi se ne frega del rave party? Sono questi i veri problemi dell’Italia? Ritengo che questo governo voglia dare un segnale di legalità, anche se inutile o addirittura dannoso (per i rischi che una simile norma sia illiberale e usata anche in altri contesti), perché non è in grado di mettere mano all’economia, secondo le promesse elettorali fatte, vero nodo di interesse. Certo l’esecutivo darà una mano a contenere il costo delle bollette, come avrebbe fatto qualsiasi governo, certo farà una leggina per mantenere più o meno l’attuale legislazione sull’età pensionistica, come avrebbe fatto qualsiasi altro governo.  Ma dopo? Dov’è l’innovazione? È forse quella di riaprire le estrazioni del gas in Adriatico che ci daranno un introito ridicolo, 15 miliardi di metri cubi di gas in 10 anni? Un’inezia, a fronte del pericolo della subsidenza del territorio, visto che consumiamo ogni anno dai 73 a 76 miliardi di metri cubi.

Come per la rana bollita, a poco a poco il governo aumenterà la temperatura dell’acqua: così i poveri disgraziati che oggi tirano a campare, anche grazie al reddito di cittadinanza, saranno penalizzati: ma la destra assicura che, privati del sostentamento, molti saranno in grado di lavorare e procurerà loro un lavoro), chissà come, chissà quando e soprattutto a quali condizioni contrattuali…

Avrà dunque cinque anni per far bollire l’acqua come sa fare l’ideologia della destra: rivedere i diritti, tipo quelli alla maternità responsabile e altre amenità, ventilate dai più oscurantisti nei convegni.

La sinistra divisa ha la grande colpa di non aver impedito la nascita di questo governo di impresentabili, fatto di galletti senza pollaio (Salvini) e di vecchi furbacchioni travestiti da padri nobili (Berlusconi). Se è vero, a dirla come il cantautore genovese, che dal letame nascono i fior, questo è il momento di rimboccarsi le maniche e scendere dai palchi, vivere la sconfitta come opportunità: andare tra la gente, gli operai e gli impiegati, i precari, i piccoli commercianti. Ricominciare a tracciare una visione per il futuro che non sia basata solo su un concetto astratto di democrazia che pochi comprendono. è tempo di parlare di legalità nel lavoro, di salari, di utilizzo delle risorse intellettuali dei giovani, di ecologia., di consolidamento dei rapporti con le forze vive. Servono proposte che urgono e di cui siamo tutti intuitivamente consapevoli, serve redistribuzione delle risorse. Servono programmi chiari, anche dei volti nuovi. Serve rinunciare a rincorrere profili che distanziano la sinistra dalla propria anima.

Altrimenti questa sinistra, o quel che ne resta, sarà solo ombra di se stessa, capace soltanto di riconoscersi nella difesa della festa del 25 aprile antifascista, di innalzare le proprie bandiere sgualcite nei cortei pacifisti, come una vecchia reduce. Troppo poco per la grande eredità di cui dispone e che potrebbe innescare una positiva rivoluzione, chiamiamola trasformazione, nel segno del rinnovamento del paese. Avanti!

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta e Dragan l’imperdonabile.

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