Riprendiamo, come promesso, il nostro percorso alla riscoperta del patrimonio artistico di Mogliano Veneto iniziato qualche mese fa con gli affreschi trecenteschi della sacrestia di Santa Maria Assunta.

Vogliamo occuparci oggi di una delle manifestazioni artistiche più significative e singolari, quella che riguarda le espressioni di religiosità popolare, cioè tutto l’apparato iconografico sacro collocato fuori del contesto ecclesiastico, di cui il nostro territorio è piuttosto ricco.

Stiamo parlando innanzitutto dei capitelli votivi o edicole, cioè quelle strutture architettoniche di piccole dimensioni, che trovano origine da un culto cristiano tramandato nei secoli.

Normalmente venivano erette come ex voto dopo il superamento di qualche calamità, ma diventavano poi strumento di aggregazione della comunità cristiana che vi si riuniva in preghiera, per esempio nel mese di maggio durante la recita del rosario.

Generalmente sono sorti nei luoghi di confine, agli incroci delle vie di comunicazione, sui valichi o comunque dove la tradizione popolare individuava una motivazione alla realizzazione. Molti di essi sono ancora oggi meta di processioni effettuate per chiedere la protezione divina contro i danni dovuti al maltempo e nelle nostre campagne può capitare di incontrare un capitello con delle croci dalla funzione apotropaica, costruite dai contadini e benedette dai parroci proprio in occasione di queste processioni.

Dal punto di vista artistico nel corso dei secoli la maggior parte vennero affrescati da pittori mediocri quando non da veri e propri dilettanti nei quali però l’anelito religioso e l’entusiasmo compensavano ampiamente le carenze di tecnica e stile. Ma in diversi casi sono giunte sino a noi delle opere pregevoli, realizzate da autori quasi sempre sconosciuti ma di notevoli capacità, opere che hanno superato i guasti del tempo e quelli altrettanto devastanti delle ridipinture successive e dei restauri moderni.

Anche nel territorio di Mogliano Veneto possiamo trovare piccoli gioielli lungo strade e incroci, testimonianze di un’epoca ormai lontana, alle quali non facciamo più caso, passandoci magari cento volte accanto senza dedicar loro nemmeno uno sguardo.

La frazione di Zerman, ad esempio, può vantare la presenza di due capitelli cinquecenteschi sui quali troviamo affreschi di pregevole fattura anche se piuttosto deteriorati dal tempo. Il primo si trova sul crocevia di ingresso al paese a ovest della piazza principale.

La tradizione vuole che vi abbia messo mano nientemeno che Paolo Caliari detto il Veronese (1528-1588) che fu ospite in quei tempi della famiglia Da Riva affrescandone forse la facciata della villa che si erge ancor oggi a nord della chiesa.

Le figure all’interno dell’edicola sono di fattura piuttosto modesta mentre quelle delle pareti laterali esterne sono ridotte ormai a lacerti di colore. La mano di un pittore di livello decisamente superiore (forse lo stesso Veronese o più probabilmente qualcuno della sua bottega) si riscontra invece nella Crocefissione della parete posteriore, anch’essa molto deteriorata.

Meglio conservato risulta il secondo capitello, posto immediatamente dietro la parrocchiale, sempre lungo l’antica strada centrale che attraversa il paese. La scena più rilevante e più leggibile si trova sulla parete di fondo interna: si tratta di una deposizione di Cristo dalla croce che ricorda nella tipologia compositiva la Lamentazione sul Cristo morto del Veronese conservata al museo di Castelvecchio a Verona.

Come per il primo capitello le altre figure poste sulle pareti interne sono di un artista assai mediocre mentre quelle esterne sono quasi completamente scomparse e ormai illeggibili.

Ancora più affascinante perché sempre più difficile da scoprire è quanto rimane della religiosità popolare nelle antiche abitazioni rurali sopravvissute. Al contrario delle ville patrizie, conservate e in gran parte protette nei secoli, le case contadine nelle quali intere generazioni hanno vissuto, lavorato e sofferto sono ormai in via di estinzione nella indifferenza generale.

In questi grandi edifici venivano spesso ricavati spazi di devozione nei quali raffigurare santi protettori ai quali i residenti erano particolarmente legati oppure la protettrice della Cristianità per eccellenza, cioè la Madonna.

Ebbene anche a Mogliano, più precisamente a Bonisiolo, esiste una meravigliosa testimonianza di questa manifestazione di fede.

Da qualche tempo è riemersa dalla vegetazione infestante che la nascondeva una antica abitazione contadina abbandonata da decenni e in grave stato di degrado.

Nel sottoportico dove si trova l’ingesso principale fa ancora bella mostra di sé un magnifico trittico, purtroppo in parte cancellato dall’apertura di due finestre in epoca molto successiva alla sua realizzazione.

Molti anni fa, quando la casa era ancora abitata, si pensò bene di proteggere questo piccolo gioiello con una cornice vetrata e questo ha salvaguardato le pitture fino ad oggi.

La parte centrale dell’opera é rimasta fortunatamente intatta e raffigura la Madonna con il piccolo Gesù in braccio che tiene nella mano sinistra un cardellino, simbolo della sua futura passione sulla croce.

Maria è seduta su un trono con alle spalle una tenda di sfondo, secondo la tradizione delle pale d’altare della scuola veneta del primo Cinquecento.

L’espressione della Vergine, pur nella apparente fissità, colpisce ancora oggi chi ne incrocia lo sguardo per la profondità carica di significato.

Sulla destra, tagliata a metà da una finestra, si riconosce la figura di San Sebastiano trafitto dalle frecce mentre a sinistra sopravvive solo la testa di un re con corona e barba bianca, probabilmente re Salomone che simboleggia la saggezza.

Cosa ne sarà di questo piccolo capolavoro? Non lo sappiamo ma speriamo che i proprietari della casa e del terreno non cedano alla tentazione di fare piazza pulita per edificare l’ennesima serie di villette a schiera. Con questa nota di speranza chiudiamo la nuova passeggiata virtuale alla scoperta delle bellezze artistiche di Mogliano: molte sono ancora da segnalare, alcune le abbiamo sotto gli occhi e magari non ce ne accorgiamo ma tutte, comunque, hanno bisogno della nostra protezione.

Renzo De Zottis
Renzo De Zottis é nato a Treviso il 9 settembre 1954 e da qualche anno ha lasciato l'insegnamento nella scuola media. Collabora da lungo tempo con svariati mensili occupandosi prevalentemente di argomenti di carattere storico. Ha inoltre al suo attivo diversi servizi fotografici per le maggiori testate nazionali di automobilismo storico ed é stato addetto stampa in diverse manifestazioni internazionali del settore. Fa parte del direttivo dell'Unitre Mogliano Veneto e da almeno un ventennio svolge conferenze per questa associazione e per l'Alliance Française di Treviso.

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