Le immagini di guerra che ormai da mesi affollano i nostri schermi senza soluzione di continuità suggeriscono, oltre al comune senso dell’orrore, alcune considerazioni sull’impatto visivo di tali e tante crudeltà. Avere a che fare quotidianamente con la realtà di una guerra provoca purtroppo un senso di saturazione che in un attimo diventa noia o, per usare un francesismo più elegante, deja vu.

Merito e demerito dei mezzi di comunicazione di massa che entrano fin nei dettagli più atroci della sofferenza e li riversano quasi fosse una gara davanti ai nostri occhi di pacifici cittadini europei, cresciuti in settant’anni di pace relativa, visto che i drammi balcanici sono appena dietro l’angolo della storia. Insomma, si fa l’abitudine a tutto e dopo i primi mesi di generale indignazione e di vessilli gialloazzurri al vento, la tragedia ucraina sta inesorabilmente vivacchiando nei palinsesti e nell’attenzione, solo in parte ravvivata dalla preoccupazione dei suoi effetti sulle bollette energetiche. Ma se a mostrarci di cosa è capace l’uomo quando segue i suoi istinti peggiori è un genio della storia dell’arte forse la scossa emotiva si rinnova.

Sabato 22 ottobre al Brolo di Mogliano Veneto si inaugura la seconda parte di una importante rassegna di incisioni di Francisco Goya (1746-1828) eseguite tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento.

Curatore dell’iniziativa, il professor Angelo Zennaro, presidente del Centro Artistico Culturale Piranesi, con la consulenza scientifica di Giandomenico Romanelli e Giovanni Bianchi, la collaborazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Mogliano Veneto, il patrocinio del Ministero della Cultura e della Regione Veneto.

La prima parte, inaugurata a marzo e conclusasi a giugno, aveva riguardato la serie dei Capricci comprendente la celeberrima stampa “Il sonno della ragione genera mostri”, intesa forse dall’artistacome elogio della cotérie illuministica ma che possiamo agevolmente applicare alla società attuale.

Vengono ora esposte le 80 incisioni intitolate Los Desastres de la guerra realizzate tra il 1810 e il 1820.

La guerra di cui si tratta è l’invasione della Spagna, avvenuta nel 1807, da parte delle truppe napoleoniche, accolte inizialmente come portatrici delle istanze di libertà e giustizia della Rivoluzione in sostituzione della corrotta e inetta monarchia borbonica.

I francesi però non tardarono a mostrare la vera faccia di occupanti spietati (vi ricorda qualcosa?) attirandosi l’odio degli spagnoli che scatenarono in risposta una feroce guerriglia diventata ben presto una vera e propria guerra di liberazione. Ma nuove violenze, vendette ed epurazioni ebbero luogo anche dopo la partenza dei francesi, quando l’imbelle re Ferdinando VII° fu riportato sul trono dagli inglesi e ripristinò un regime oppressivo e assolutista dominato dall’Inquisizione.

Goya, all’epoca piuttosto avanti negli anni e afflitto da una grave sordità che lo isolava dal mondo esterno, diede sfogo all’angoscia e al senso di minaccia che lo tormentavano raffigurando un incredibile catalogo di efferatezze. “Squartamenti, stupri, decapitazioni, violenze sui cadaveri, sevizie difficili da immaginare a mente fredda.

Stragi di massa e scontri individuali, scontri fra frati e soldati francesi, madri rapinate dei figlioletti, vecchi e giovani, laide figure di torturatori o gente all’apparenza civile ma accecata dall’odio, dal desiderio di vendetta, dal bisogno di soddisfare istinti bestiali: le impiccagioni si susseguono alle decapitazioni, l’ecissione di membra precede l’affondo delle baionette.

Ed è una tale degradazione che le parti spesso si invertono: i carnefici diventano essi stesse vittime, chi difende la propria terra si misura in atrocità con gli occupanti e talvolta ne supera la ferocia” scrive suggestivamente Giandomenico Romanelli nel catalogo della mostra. Si tratta di qualcosa di inedito nell’arte occidentale che fin dall’antichità aveva visto la rappresentazione delle battaglie come glorificazione del vincitore.

Goya invece non si schiera dalla parte di nessuno e non fa differenza fra chi compie le violenze tanto che spesso nelle sue stampe le vittime diventano carnefici.

Non c’è gloria e non vi sono vincitori perché all’artista interessa soltanto quello che gli uomini riescono a farsi l’un l’altro e come il caos e la guerra trasformino dei pacifici esseri umani in belve sanguinarie.

La forza incredibile di questa opera grafica lascia ancora oggi sgomenti per la capacità di coinvolgimento e di denuncia della insensatezza della guerra, riscontrabile con tanta efficacia pur nella sua diversità formale forse solo nella Guernica di un altro grande maestro spagnolo. Insomma, una vera e propria lezione civile da parte di un genio universale, un capolavoro grafico senza tempo, da vedere e magari ri-vedere approfittando della straordinaria occasione di averlo proprio a due passi da casa.

La rassegna resterà aperta fino all’8 gennaio 2023. 

Renzo De Zottis
Renzo De Zottis é nato a Treviso il 9 settembre 1954 e da qualche anno ha lasciato l'insegnamento nella scuola media. Collabora da lungo tempo con svariati mensili occupandosi prevalentemente di argomenti di carattere storico. Ha inoltre al suo attivo diversi servizi fotografici per le maggiori testate nazionali di automobilismo storico ed é stato addetto stampa in diverse manifestazioni internazionali del settore. Fa parte del direttivo dell'Unitre Mogliano Veneto e da almeno un ventennio svolge conferenze per questa associazione e per l'Alliance Française di Treviso.

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