Esistono momenti nella vita, nei quali, dopo la corsa affannata è necessario fermarsi a respirare. Ce lo chiede la nostra costituzione biologica. In quest’atmosfera nervosa, tutto sembra congiurare contro: i venti di guerra, il lavoro in bilico, l’economia sul punto di invertire la propria tendenza, l’ambiente irrimediabilmente degradato che si prende la scena solo nei congressi bla-bla. Anche i sentimenti, come l’altruismo e l’amore rischiano di sbiadire nel sole violento dell’oggi che ci allontana a grandi passi da un progetto che miri ad un’intima felicità. Di fatto quest’oggi così gretto ci separa ideologicamente, e non solo affettivamente, dalla progettazione di un benessere compatibile che non sia un prodotto a scadenza, ci svena mentre ci lascia vivere come amebe in un brodo di coltura, combinato secondo la religione del capitalismo sornione.

Così anche la politica propone scenari inconsueti e per questo preoccupanti. In questi giorni poco trasparenti, dopo il logorio amletico per giungere alle elezioni senza sensi di colpa, adesso ci concediamo una sosta, ansimando. Per vincere il grigiore occorre inventarsi un diversivo, così come fa il lavoratore delle fabbriche, l’impiegata o la commessa frustrate, l’artigiano precario, il pensionato con la minima che, rubando qualche ora alla domenica, risalgono le vallate alpine più prossime, per il piacere semplice dell’immersione in un paesaggio verde che ci sovrasta per bellezza, prima di ridiscendere nella quotidiana bolgia, dove il dacci il nostro pane quotidiano ha un prezzo duro.

L’incredibile capacità di rigenerazione umana, di resurrezione anche dalle delusioni, trova strade di sopravvivenza quasi incredibili. Pochi eletti migrano magari nel regno incontaminato della poesia, gran parte si rifugia nel territorio del diavolo che non è così brutto come si dipinge: in altre parole ricorre all’autoconvincimento che questo qui è il migliore dei mondi possibili. Così, dopo le più o meno aspre discussioni avvenute prima del voto politico, spese inutilmente a ipotizzare gravi minacce per le conseguenze di un possibile avvento della destra-destra al potere, ecco la realtà:

Giorgia Meloni, dall’alto (alto???) di un non certo plebiscitario 26 %, ottenuto da quel 65% di italiani che si sono degnati di votare, ha sbaragliato completamente il campo avversario; un risultato, che neanche Babbo Natale avrebbe osato mettere nel sacco dei doni. Meglio di lui ha fatto la legalissima, bizantina, legge elettorale. I romani, quelli antichi direbbero: dura lex sed lex, e se le regole sono regole, quelli di oggi parafrasano in romanesco: “Chi sparte c’ha la mejo parte”. Le elezioni legittime hanno dato la mejo parte alla Meloni che ora, con sua stessa sorpresa, ha il diritto di fare le porzioni a tavola.

Dunque, dicevo dell’illusione, l’autoinganno che ci salva: ora il processo mentale di chi ha temuto, immaginando più che altro per scaramanzia uno scenario fosco con tanto di saluti romani, donne chiuse in casa a far la calza e figli in serie, con la data del 25 aprile ricondotta a semplice Festa di San Marco, bene, la mente di molti di questi cittadini qualunque, ora cede il passo alla rivalutazione, al ridimensionamento consolatorio dei pericoli. Assuefazione, si chiama.

Così, i ben informati ci rassicurano progressivamente, giorno per giorno: Meloni non può mettersi contro l’Europa che conta, Meloni siede sulle ginocchia di Draghi e con lui scriverà la manovra di governo; Meloni, la generosa, vorrebbe dare all’opposizione la presidenza di un ramo del Parlamento, se gli alleati lo permetteranno (in questa parodia, ovviamente, si sottintende che sono meno democratici), Meloni espone il petto contro Salvini per non concedergli il ministero dell’Interno; Meloni non è fascista, lo dice lei stessa. Dunque, la fiammella sul simbolo del partito non è un richiamo, ma un sussidio del buon tempo antico per riscaldare un inverno senza gas.  Meloni non metterà mano alla legge 194 sull’aborto…

Certo alcune cose sono plausibili: Meloni non è una divinità greca, ma bazzica scaltramente nella politica da quando aveva i calzetti corti. Ma a me sembra di intravvedere che sguscia tra le gambe degli italiani un processo di rimozione collettiva. A Venezia dicono: in mancanza dei gàmbari, anca ‘e sate xe bone. E anche Mao Tse-Tung comunisticamente sosteneva che, bianco o nero, importante che il gatto catturi il topo.

Per parte mia, ne sono persuaso: le prime iniziative legislative saranno nel solco, comune a tutti i programmi politici, delle emergenze. Non si tratta di essere degli illuminati statisti e il popolo, quello dei cittadini comuni, ancor più di quello degli oppositori piantagrane, va rassicurato: tanto, in una prospettiva di cinque anni, c’è tempo sufficiente per fare anche cose buone. Del resto, il ventennio berlusconiano insegna: non è necessario creare scompigli, le leggi scomode non si fanno nei primi giorni di governo. Non c’è urgenza, quando le basi del potere sono solide. Verranno in tempi più lenti, ma inesorabili, le nomine nei posti chiave e l’allagamento progressivo delle stanze del potere: del resto che male c’è, anche la Costituzione democratica ha settant’anni e li dimostra tutti. Facciamocene una ragione, se sarà riveduta. Del resto, anche Renzi, che è una qualità meno pregiata di democratico, ci ha provato. E perché la destra, dunque, non è legittimata a fare altrettanto? Il sillogismo può essere aberrante: dipende dalle dosi, amici, compagni e camerati cari. Ma questa è un’altra storia…

Con i tarocchi che abbiamo in mano adesso possiamo prevedere il futuro, soltanto interpretando i fatti del passato e poi incrociare le dita, sperando che quel pessimista di Giambattista Vico, con la sua mania che la Storia si ripete, fosse uno jettatore pessimista.

Intanto, chi è svogliato o disinteressato o connivente, o magari inconsapevole, contribuirà con la propria convinta, o ovina mansuetudine, a consolidare l’immagine rassicurante di una premier donna conservatrice, a modo suo progressista per una questione di genere. Del resto, definire se un movimento, o un partito, o anche un Paese intero avanza o regredisce, è solo questione di punto d’osservazione. Se non vi fidate di Einstein, attendete conferma dalla Giorgia stessa.

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta e Dragan l’imperdonabile.

2 COMMENTS

  1. Ciao Roberto. Mi piacerebbe stabilire un dialogo con te, e comunque vedo questo minuscolo mio intervento come dialogante con quanto scrivi qui, perchè effettivamente c’è un cortocircuito provocato dai risultati di queste elezioni, che potrebbe essere anche utile se volessimo farci attraversare dalla sua carica elettrica e non invece, prudentemente, evitare di toccare i fili che danno la scossa.

    La vittoria della Meloni nei termini che hai indicato (che sarebbero i medesimi se avesse vinto la -cosiddetta- sinistra) provoca un cortocircuito sì, ma a me sembra diverso da quello che tratteggi tu: “facciamo finta di niente, in fondo che mai sarà… ”

    Diverso in che senso? Io mi chiedo se invece la Meloni, con la sua fiamma tricolore, le sue dichiarazioni, gli orpelli neo e veterofascisti, in campagna elettorale non sia stata “usata” dalla sinistra come elemento di distrazione nei confronti dei propri elettori, per nascondere le scelte disastrose che il governo ha fatto, scelte totalmente opposte a tutta la tradisione della sinistra. Non sto parlando qui degli uttimi 30 anni dove la sinistra da D’Alema a Prodi ha sposato (e lo ha ammesso lo stesso D’Alema) l’agenda neoliberista, NO, penso alle scelte di questi ultimi mesi.. . scelte precise e devastanti alle quali ogni giorno che passa ci mette davanti. Come quella di alimentare questa spirale guerrafondaia, condannata persino dal Papa, approvando e perseguendo scelte mai perseguite prima: come rifornire di armi un paese in guerra!!! Non era mai accaduto in 75 anni di storia Italiana. Raccontando balle palesi agli italiani: nel giro di 2 mesi la Russia cederà… è la fotocopia della resistenza partigiana in Italia… e via favoleggiando. Temo caro Roberto, che la paura della Meloni su cui si è fondata tutta la campagna elettroale della sinistra servisse a nascondere e mettere in secpndo piano queste scelte scellerate, che stanno portando la guerra in Europa, e chissà magari anche qui da noi. Non lo perdonerò mai a questa sinistra, di cui avevo un tempo fiducia e che pure ho anche votato.

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