L’altra sera, al cinema Busan di Mogliano, è accaduto un fatto straordinario, almeno per l’emozione di chi scrive: una coda di gente a far la fila, un cinema con quasi 160 posti occupati. Qui non è abituale. La straordinarietà è rappresentata dal fatto che non era in programma la proiezione di un film blasonato, magari forte del supporto mediatico dell’ultimo Festival veneziano: nessun Leone d’oro, nessun attore da autografi. Andava in scena la multivisione CLOROFILLA, il respiro del bosco, proposta dal Comitato a difesa delle ex Cave di Marocco. Si tratta di un’opera di un artista fotografo di grande livello, Paolo Spigariol, non ancora abbastanza celebre.

Non intendo fare una recensione al film: mi basta dire che le immagini stupende, di rigore scientifico ma trattate con la cura di un amante onesto della natura, non han fatto altro che aprire a scenari di assoluta… normalità. Eppure risultano una scoperta di incomparabile bellezza. È un guardarsi intorno con la curiosità di chi vuol vedere ciò che abbiamo e che rischiamo di perdere. Spigariol ci ha mostrato, insegnandoci senza pretendere di insegnare, quanta bellezza riposi nei boschi delle montagne venete, nei prati sotto casa. Non serve scomodare la maestà delle vette dolomitiche per farci trattenere il respiro nella magnificenza dello spettacolo, ogni metro di terra può essere un eden. Ecco il miracolo della crescita: racchiuso in un semino insignificante c’è il codice che genererà una pianta stupenda, altro che tecnologia da microchip. Nel ritmo delle stagioni si genera l’armonia, lo scatto di un meccanismo misterioso che un ateo faticherebbe a non attribuire a opera divina.  

L’uomo, così attento soprattutto alle leggi dell’economia non si riconosce creatura tra creature, pretende di imporre anche alla natura la legge del profitto e ne paga le conseguenze, come con la tempesta Vaia, che non è una casualità, ma il risultato di tante azioni dissennate che potrebbero (o potranno) portarci presto alla sesta estinzione nel Pianeta.

Lasciatemi interrompere questo flusso di coscienza per trasmettervi un pensiero: 320 occhi e altrettante orecchie, 160 bocche sono uscite attonite dal cinema, l’altra notte, con la sensazione di un’urgenza. Salvarci dal degrado. Possibile che uno più uno non faccia mai due, in questo benedetto Paese? E com’è possibile che questa consapevolezza di giocarci il futuro non duri più di un’ora? Già domani archivieremo tale sentimento e ci lasceremo travolgere, distratti da una quotidianità strabica, dove non esiste visione del futuro. Pretendiamo una risposta immediata a bisogni contingenti, come se fossero il nostro destino eterno: in questo momento la vita intera sembra giocarsi sulla bolletta della luce e del gas e non esiste altro.

Troppi veneti non hanno abbastanza memoria: spesso non distinguono chi vuole il loro bene e chi li inganna. Credono volentieri alla Befana. Figurarsi se si ricordano della natura, quando non mostrano nemmeno riconoscenza per chi ci ha tirato fuori dalla peste del Covid e non puntano il dito contro chi invece ha negato, finché ha potuto, qualsiasi misura di contenimento.

Qualcuno si chiederà cosa c’entri questa affermazione con il problema della Natura. C’entra, eccome, riguarda il nostro modo di giudicare chi ci governa: allo stesso modo è trattata la conservazione della Terra, affidataci come prestito. La fisica insegna che se c’è una forza che tira da una parte il carro e un’altra, invece, finge di spingerlo ma invece punta i piedi o lo tira da parte opposta, allora il carro non procede. Siamo proprio in questa situazione: con una visione ristretta, rischiamo di premiare col voto gente affine a Trump, osannato dai suoi ambigui seguaci italiani. Di fronte al disastro irreversibile, già pronto sotto casa, ha sostenuto a fine luglio (proprio questo luglio), in una riunione dei suoi sostenitori ad Anchorage, in Alaska, il più becero negazionismo climatico: “Non c’è da preoccuparsi per il clima – ha detto -gli ambientalisti dicono che gli oceani si solleveranno di tre millimetri in 300 anni. Abbiamo ben altri problemi. E se accadrà, bè al massimo avremo un po’ più di case vista mare”, in sintesi ha ironizzato. Tre millimetri in 300 anni, afferma. Che scandalosa bugia! Invece gli scienziati, e non gli imbonitori, la pensano diversamente. Le conseguenze del riscaldamento globale sono arrivate a un punto tale che il livello dei mari crescerà – anche se si riuscisse a non superare la soglia di 1,5° di innalzamento di temperatura – e continuerà ad aumentare per secoli (studio pubblicato su Environmental Reserch Letters, condotto da ricercatori di università USA di Princeton e Columbia e della Germania di Potsdam).  Entro fine di questo secolo, dunque domani, il mare aumenterà da 50 cm a un metro. In Italia saranno coinvolte da qualche centinaio di migliaia fino a qualche milione di persone, costrette a fuggire dai propri luoghi di residenza. Le promesse della destra a cui guarda quella nostrana, su questi temi, sono quelle di un mondo dove certi problemi non devono esistere, per definizione. La polvere va messa sotto il tappeto: così come fa Bolsonaro in Brasile, che sta distruggendo il polmone del mondo. Qualcuno, qui da noi, eleva questi soggetti a propri modelli. Come si fa a fidarsi?

Preferirei che gli italiani non si facessero abbindolare da chi li sta drogando con promesse di piantare già domani un milione di alberi della cuccagna. Vorrei che gli italiani andassero a consultare i curriculum e il passato di chi potrebbe rappresentarci in parlamento: che considerassero in quali formazioni politiche sono annidati principalmente i santi protettori dei cacciatori indiscriminati, i produttori di munizioni, i cementificatori.  Non basta travestirsi con la pelle d’agnello, se si è per natura carnivori. Vorrei che i veneti cercassero e confrontassero le notizie, senza accontentarsi di chi gli strizza l’occhiolino. Si può conoscere, con un minimo di coscienza, chi si spende davvero per battaglie ambientaliste sacrosante. Invece c’è chi offre scorciatoie, soluzioni in apparenza a portata di mano: già si parla di riaprire il discorso sull’energia nucleare “pulita” che ancora non esiste, di riaprire i giacimenti di gas in Adriatico che abbassano la crosta terrestre (subsidenza nella pianura padana) e accentuano l’avanzata catastrofica del mare. Eccetera.

Lo dico con pudore, ma con forza: è preoccupante premiare chi si mette sulla scia dell’ambientalismo, tanto per sfruttare il vento favorevole. Uso una parola che per qualcuno suonerà come bestemmia: occorre responsabilità per guidare un paese, e qualche sogno da trasformare in progetto.

Mi è insopportabile, anche nel privato, l’ipocrisia di recitare un retorico “mea culpa” al degrado – in fondo assolutorio – e poi scegliere di vivere in un modello di società sorpassato e pericoloso: a questo mira più o meno consapevolmente una certa destra tradizionale. È sleale spostare la soluzione del problema dei problemi più avanti, in un futuro indeterminato: non bastano le lacrime di coccodrillo sulla sorte dei nostri figli e, di fatto, agirgli contro. Il bla bla bla ci uccide. Il futuro sta scadendo: appesi precariamente alla lancetta dell’orologio che gira, non dobbiamo lasciarci cadere.

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta e Dragan l’imperdonabile.

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  1. Treviso 16.09.2022 – Sono nato e cresciuto a Marocco nel 1946. Andavo a pescare e a fare il bagno nelle Cave Cenacchi, per me le cave evocano la mia infanzia felice. Le alluvioni di questi giorni nelle Marche debbono farci riflettere sulla Pianificazione della salvaguardia dell’Ambiente in tutte le sue espressioni…

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