Nel periodo estivo a Treviso ed in Provincia si tengono numerosi concerti ed esibizioni jazzistiche a cui partecipo con grande coinvolgimento. Debbo essere riconoscente a mio padre di avermi iniziato a questa musica. Vittorino possedeva un prestigioso grammofono in radica ed una collezione invidiabile di dischi di musica sinfonica, lirica e, appunto, Jazz. I suoi miti erano: Arturo Toscanini, Enrico Caruso e Beniamino Gigli. Spesso lo sentivo canticchiare le romanze più famose del melodramma italiano: E lucevan le stelle, Una furtiva lacrima, Nessun dorma e Recondita armonia. Già a partire dalla metà degli Anni ’50 seguiva le opere liriche ed i primi Concerti Jazz. al teatro La Fenice di Venezia. Se avesse saputo che qualcuno aveva definito il melomaneColui che sentendo cantare una donna nel bagno a fare la doccia si avvicina al buco della serratura e vi appoggia l’orecchio” non avrebbe potuto non riconoscersi in quella paradossale definizione. Il suo rapporto con la musica jazz è stato poliedrico, ascoltava il Cool Jazz [Jazz freddo], che utilizza ritmi tranquilli e lenti; il Free Jazz [Jazz libero], che invece è molto più aperto alle contaminazioni con altri generi e non segue regole precise ed il Blues che è musica estatica, meticcia e disperata per eccellenza. Gli piaceva il ritmo tutto scatti e giravolte di Charlie Parker e quello struggente e miagolante di Billie Holiday. Della tormentata tournée italiana di quest’ultima ha assistito al concerto del febbraio 1959 a Venezia. Billie Holiday è nata con il nome di Eleanora Fagan a Philadelphia il 7 aprile del 1915. È stata il frutto di una notte d’amore tra Clarence Holiday, un suonatore sedicenne di banjo e Sadie Fagan, tredicenne ballerina di fila. Il padre, Clarence, abbandona la famiglia molto presto mentre la madre non è certamente una persona, e tantomeno una madre, convenzionale. A causa di questo desolante quadro familiare, Billie cresce a Baltimora sostanzialmente sola e con notevoli problemi caratteriali. Una delle tante leggende che circolano sul suo conto le attribuiscono addirittura un passato di prostituzione, esercitata in giovanissima età per guadagnarsi da vivere e sollevarsi dal regime di miseria in cui versava la sua famiglia. La vita di Billie Holiday ha una svolta quando, trasferitasi a New York, viene scoperta da John Hammond, un artista che cantava in un Club di Harlem e che disponeva di notevoli agganci e conoscenze. Nel 1933 Hammond arrangia per lei, con Benny Goodman, uno dei massimi clarinettisti, sia classici che jazz, della storia, un paio di pezzi che segnano l’inizio della sua carriera. Nello stesso anno apparve nel film di Duke Ellington “Symphony in black”. In seguito, entra a far parte di una delle orchestre più in voga del momento, quella di Count Basie e incide una canzone con l’orchestra di Artie Shaw. Ormai nel “giro”, sembra che la sua carriera stia per decollare, tant’è che le collaborazioni e le richieste di incisioni si susseguono. Ad esempio, sul fronte delle produzioni più importanti, sono da segnalare diversi dischi con il pianista Teddy Wilson e il sassofonista Lester Young, nomi storici del jazz. Quest’ultimo le attribuirà il celebre soprannome di “Lady Day” e, nel 1939, diventa la stella del Cafè Society. Sull’onda del successo, ormai riconosciuta come una delle voci più intense della musica, incide la splendida “Strange Fruit“, un capolavoro di interpretazione e un inno contro il razzismo di cui lei stessa in fondo è vittima. Il brano, per reazione di alcuni ambienti conservatori, viene vietato in diversi paesi. Negli anni Quaranta e Cinquanta Billie Holiday si esibisce, con grande successo, in locali di tutti gli Stati Uniti e nel 1946 recita nel film “New Orleans” con Louis Armstrong, ma sfortunatamente è proprio in questo periodo che comincia a fare uso di eroina. Lo sregolato e dissoluto regime di vita a cui si sottopone interferisce pesantemente con la sua carriera rovinandole fra l’altro la preziosa voce. A questo riguardo Tony Scott, un suo musicista collaboratore ha detto di lei: “…Billie Holiday è stata e sempre sarà un simbolo della solitudine: una vittima dell’american way of life come donna, come nera e come cantante jazz“. Per la società bianca tutto questo voleva dire essere l’ultima ruota del carro. Questo insieme di shock e traumi la spinse a cercare un qualcosa che l’aiutasse ad annebbiare il dolore spirituale e mentale. Appena si presentò l’opportunità, cominciò subito a far uso di stupefacenti. Nel 1956 Billie Holiday scrive “La Signora canta il blues“, la sua autobiografia, da cui fu tratto un film con Diana Ross nel 1973. Nel 1959 dopo la tournée italiana [Milano, Venezia, Roma], subisce un attacco di epatite e viene ricoverata in ospedale a New York. Anche il suo cuore ne risente. Billie Holiday è morta il 17 luglio 1959, all’età di soli 44 anni, con la polizia attorno al suo letto. Il suo grande amico, Lester Young, era morto il 15 marzo dello stesso anno. Sempre dalle parole di Tony Scott, riporto una toccante immagine della cantante: “…Solo due donne nella mia vita non mi hanno mai offeso: mia madre e Billie Holiday., come nera e come cantante jazz. La sua voce tocca chiunque, anche chi non capisce le parole, perché il suo canto nasce direttamente dall’anima. L’anima di un essere umano molto profondo, che capisce la tristezza, la felicità, la solitudine, il successo e che fu sempre destinata ad avere un no good man a fianco, un buono a nulla“.

Gianni Milanese
Sono nato a Mogliano Veneto nel 1946. Dopo una lunga carriera militare mi sono dedicato alla libera professione come Consulente di Direzione ed Organizzazione, attività che ancora oggi svolgo con grande passione nell’ambito dello Studio Milanese®. Scrivere rappresenta per me un hobby come il Nordic Walking, la Barca a vela, la musica Jazz e l’impegno nel Volontariato. Ho scritto alcuni racconti lunghi e numerose poesie. Ma, fondamentalmente, quando mi metto alla tastiera lo faccio per me stesso e per chi sa ancora accendere la miccia dei sentimenti cioè per coloro che soffrono o gioiscono e che, come me, nello scrivere vivono una seconda vita. In tale ottica la mia scrittura non può essere giudicata come scontata, perché l’esistenza non lo è mai. Secondo me un racconto per toccare le corde deve essere dolceamaro come appunto lo è la vita. Dal 2021 collaboro con il mensile di attualità, cultura e società L’ECO di Mogliano e con altri periodici [Trevisani nel Mondo, D&V…]. Vivo e lavoro a Villorba, ridente cittadina a nord di Treviso, nel comprensorio del Parco naturalistico del fiume Storga.

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