Sono un grande appassionato della vela. Ho frequentato la scuola di Caprera e quella di Cortellazzo nei primi anni ’70 ed ho conseguito la patente nautica velica nel 1974 a Venezia dopo una “memorabile” prova pratica alla foce dell’Adige a Chioggia. Ho fatto attività velica nel tempo libero nelle rotte dell’Adriatico e del Mediterraneo e la mia carriera di velista attivo [Regate, Crociere, Trasferimenti, Scuole vela…] si è conclusa a metà del 1996 a bordo di “Azzurra” di stanza a Porto Cervo [Foto]. Se siete dei neofiti e salite su di una barca a vela per iniziare la vostra prima esperienza di navigazione, non dimenticate di amplificare i vostri sensi. La percezione più pregnante che avrete è quella del vento, elemento per certi versi “misterioso” capace di farvi divertire e talvolta impegnare; riconoscere la sua direzione, la sua intensità, la sua volontà non è molto difficile. Piccole increspature irregolari e poi ridenti frangenti più ripidi, sono la certezza della sua vitalità. Il mare che a volte ferisce le coste e l’animo dei marinai non agisce di sua iniziativa. Occorre osservare il movimento, talvolta impercettibile, delle onde che vanno nella stessa direzione del vento e nessuna di esse proverà a ribellarsi invertendo la propria direzione.

Cogliete la percezione del vento sul volto che ora accarezza ed ora schiaffeggia, poi chiudete gli occhi e ruotate il viso alla ricerca della sua direzione, quando la pressione sulle due guance è uguale allora aprite gli occhi così da vedere la sua fonte. La visuale dell’orizzonte a 360°, senza nessuna vista della terra, è sicuramente la sensazione più bella da provare, soprattutto se si è al tramonto e nel cielo compaiono le prime stelle. Si amplifica la percezione dello spazio circostante e si entra in una visione del tempo totalmente diversa da quella che abbiamo in città. Queste sono solo alcune delle emozioni e delle suggestioni che un viaggio in barca a vela vi farà provare. Qualunque meta scegliate, da una magica isola vulcanica, ad un porto di pescatori, ad un luogo mondano alla moda, ad un luogo ricco di storia e di folklore non trascurate di interpretare il viaggio come l’occasione per arrivare all’obiettivo: appagare i vostri sogni di libertà. Iniziate a preparare la barca a vela per il viaggio controllando il funzionamento delle singole parti ed equipaggiandola di quanto necessario. Studiate il percorso ed i vari scali intermedi attraverso le pubblicazioni che descrivono esattamente come si presenta la costa con i suoi punti cospicui, utili per determinare la vs posizione. Sono estremamente interessanti tali descrizioni perché vi aiutano ad immaginare ed a sognare i luoghi che percorrerete. Vi descrivono, ad esempio, se la costa è di tufo, di roccia o vulcanica, se è bassa o alta, se vi è vegetazione e di che tipo… Immaginate di navigare già da alcune ore e di scorgere in lontananza la terra, quella terra che voi avete studiato e sognato e di confrontarla con la realtà. Capita a volte, prima ancora di vedere la costa, di sentirne i profumi spinti dal vento. Riscoprite il gusto del viaggio attraverso una navigazione nel silenzio ed osservare il movimento perpetuo delle onde, i colori dell’acqua ed i suoi profumi.Le onde sono la forza visiva del vento, dalle piccole increspature di una docile brezza, alle temibili mareggiate di una forte burrasca. In mare aperto le onde alte e lunghe che non frangono non destano preoccupazioni ma è all’avvicinarsi della terra che inizia l’impari lotta. Così, quando diminuisce il fondale, le onde da lunghe divengono corte e ripide, quasi come un gatto che inarca il dorso al cospetto del rivale, annunciano la loro potenza devastante con un tono cupo quando frangono. La terra, che ne ha ostacolato il cammino, deve subire talvolta questi maltrattamenti che suonano come avvertimenti sul rispetto della demarcazione dei due mondi” [Fabio Genovesi “Chi manda le onde”].

È piacevole pensare al flusso delle deboli onde che frangono sulla spiaggia e ci aiutano, con il loro ritmo, a respirare lentamente e profondamente. Le maree che da noi in Mediterraneo sono mediamente di 50-90 centimetri e che in Atlantico possono raggiungere anche nove metri, sono un modo di comunicare con gli altri pianeti ed in particolare la Luna: una risposta al loro passaggio come atto di cortesia e di rispetto. Osservare tali fenomeni, soprattutto se si è a terra al riparo, è uno spettacolo che ci carica di energia se solo pensiamo alla concentrazione di iodio disciolto nell’acqua polverizzata delle onde.

Nel tardo pomeriggio del 19 luglio 1982, è stata varata a Pesaro “Azzurra” la prima imbarcazione italiana per una sfida di America’s Cup. Come da regolamento, era stato lo Y. C. Costa Smeralda a lanciare la sfida al New York Yacht Club Defender. Azzurra, classe 12 metri Stazza Internazionale, è stata costruita in alluminio dalle Officine Meccaniche Pesaro sotto la direzione dell’ingegner Marco Cobau su progetto di un giovanissimo Andrea Vallicelli e del suo studio di yacht design.

Per comprendere l’atmosfera del varo, dobbiamo ricordare l’ottimismo di 40 anni fa. Non erano solo i “favolosi anni ‘80” ma anche otto giorni prima Dino Zoff aveva alzato al cielo la Coppa del Mundial ’82 mentre la prima sfida italiana all’America’s Cup aveva già avuto ampia risonanza mediatica. Malgrado gli esperti sapessero bene quanto una vittoria fosse impossibile, la percezione del pubblico era che la migliore Italia potesse far sua qualsiasi sfida e per Azzurra fu così.

Fin dal primo pomeriggio di quel 19 luglio, un folto pubblico, io tra loro, si era riunito sulla banchina antistante il cantiere per assistere all’evento, al quale erano presenti tutti i personaggi coinvolti, a partire dagli imprenditori italiani che sostenevano il Consorzio Azzurra. L’America’s Cup di allora era una sfida nazionale al 100%, un’ottima vetrina per il Made in Italy anche se al tempo i marchi commerciali non erano ammessi su vele e scafi. L’Aga Khan con la Begum, Principessa Salima, madrina del varo, era arrivato assieme all’avvocato Gianni Agnelli a bordo del suo elicottero con il logo della Sfida. L’allora comandante del dipartimento militare marittimo dell’Adriatico, l’Ammiraglio di squadra Sergio Agostinelli, era invece arrivato via mare. L’equipaggio guidato da Cino Ricci era schierato a bordo banchina, pronto a saltare a bordo e prendere possesso della barca non appena questa iniziò la sua vita in mare, galleggiando svincolata dai cavi della gru. “Tutti coloro che sostengono la prima sfida italiana per l’America’s Cup, sottolineò l’Aga Khan, consentono alla vela italiana di entrare nell’ultimo regno della vela agonistica dal quale era assente”. Come per tutte le sfide veliche, il varo è uno spartiacque, c’è un prima carico di attese e un dopo nel quale occorre affrontare e risolvere tutto quello che un gioco così complesso può mettere quotidianamente sul piatto. Azzurra iniziò gli allenamenti a Marina di Ravenna contro la “lepre” Enterprise, appositamente acquistata allo scopo. Lo sviluppo proseguì durante l’inverno al centro CONI di Formia, ad aprile 1983 Azzurra venne imbarcata a Napoli per Newport Rhode Island, dove partecipò alle selezioni del Challenger per la 25^ America’s Cup. Il resto è storia nota, la prima edizione in assoluto della Louis Vuitton Cup venne vinta da Australia II che per la prima volta dopo 132 anni interruppe il dominio del New York Y. C. Azzurra andò ben oltre le più rosee aspettative, arrivando a battersi in semifinale contro gli inglesi di Victory Challenge. In particolare, nel corso di una prova del Round Robin, ebbe la soddisfazione di sconfiggere proprio quegli australiani che poi avrebbero vinto l’America’s Cup.

Gianni Milanese
Sono nato a Mogliano Veneto nel 1946. Dopo una lunga carriera militare mi sono dedicato alla libera professione come Consulente di Direzione ed Organizzazione, attività che ancora oggi svolgo con grande passione nell’ambito dello Studio Milanese®. Scrivere rappresenta per me un hobby come il Nordic Walking, la Barca a vela, la musica Jazz e l’impegno nel Volontariato. Ho scritto alcuni racconti lunghi e numerose poesie. Ma, fondamentalmente, quando mi metto alla tastiera lo faccio per me stesso e per chi sa ancora accendere la miccia dei sentimenti cioè per coloro che soffrono o gioiscono e che, come me, nello scrivere vivono una seconda vita. In tale ottica la mia scrittura non può essere giudicata come scontata, perché l’esistenza non lo è mai. Secondo me un racconto per toccare le corde deve essere dolceamaro come appunto lo è la vita. Dal 2021 collaboro con il mensile di attualità, cultura e società L’ECO di Mogliano e con altri periodici [Trevisani nel Mondo, D&V…]. Vivo e lavoro a Villorba, ridente cittadina a nord di Treviso, nel comprensorio del Parco naturalistico del fiume Storga.

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