Una leggenda narra che una anziana signora, per proseguire la fienagione sui prati verdi che ricoprivano la Marmolada, avesse scelto di ignorare le celebrazioni della Madonna della Neve del 5 agosto. Per punizione il cielo si fece carico di nubi nere ed iniziò a nevicare. In poco tempo, la neve coprì la signora e tutti i prati della Regina delle Dolomiti. Nacque così il Ghiacciaio della Marmolada.

Appena un secolo fa il ghiacciaio era molto esteso, al punto che il tenente ingegnere Leo Handl propose ai comandi Austro-Ungarici di costruire una vera e propria città militare nel cuore gelido della Marmolada. Il forte scetticismo dei comandi militari era dovuto alle ancora rudimentali tecniche di perforazione e lavorazione del ghiaccio.

Tuttavia, nonostante l’opera fosse ritenuta irrealizzabile, in pochi mesi il progetto divenne operativo, benché bisognoso di continue manutenzioni a causa dello spostamento del ghiacciaio.

Sotto al manto ghiacciato i genieri dell’esercito austroungarico scavarono dodici chilometri di gallerie che portarono i militari austriaci da quota 2.300 a quota 3.153, nelle vicinanze della linea italiana.

La “Città di Ghiaccio” aveva tre alloggi per ufficiali, sei per soldati semplici, uffici logistici, latrine, mense, un’infermeria, un generatore per l’illuminazione elettrica e una grande grotta per celebrare le funzioni religiose. Grazie a questa complessa opera, era possibile sfuggire alle gelide temperature ed all’artiglieria italiana che colpiva quotidianamente le linee austriache.

Dopo la disfatta di Caporetto gli italiani abbandonarono le postazioni sulla cresta della Marmolada. La “città militare”, distante dal nuovo fronte, perse la sua funzione. Venne abbandonata alla fine del 1917 e nel 1921 il ghiacciaio, ancora vivo, aveva già inglobato baracche e materiale bellico.

Negli ultimi decenni, con il surriscaldamento globale, il ghiacciaio iniziò a ritirarsi svelando i segreti custoditi della “Città di Ghiaccio”.

L’immane tragedia della Marmolada che nei giorni scorsi ha colpito uomini e natura conferma il danno irreparabile causato dal surriscaldamento globale.

Dopo la tempesta Vaia e l’innalzamento della temperatura, la montagna è diventata più fragile. Nelle zone colpite da Vaia, nelle quali non sono state rimosse con celerità le piante cadute, i boschi sono aggrediti dal bostrico. Adesso il taglio delle piante morte risulta inutile perché il bostrico ormai si è già spostato in quelle ancora vive. Gli esperti dicono che se questa emergenza non viene affrontata subito, fra cinque anni le nostre montagne saranno solo una grande riserva di legna da ardere.

Questo succede in montagna, ma in pianura …?

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