Mio padre Vittorino [1912-1990] durante il periodo della leva militare obbligatoria fu destinato, con il suo Reggimento di artiglieria d’arresto, a presidiare il confine con l’Austria. La Circolare ministeriale n.200 del 6 gennaio 1931 aveva infatti annunciato, in pompa magna, la creazione del Vallo Alpino del Littorio [Alpenwall in Südtirol], voluto dal Duce nel Sud Tirolo a baluardo della Patria contro una potenziale invasione da parte tedesca. Il popolo l’aveva subito soprannominato Linea Non mi fido, assonanza ironica con la Linea Sigfrido fatta erigere dal Führer a difesa del Terzo Reich in contrapposizione alla francese Linea Maginot.

Di quel periodo mio padre ha sempre conservato un ricordo nostalgico tanto che per anni ha portato la famiglia a trascorrere le vacanze estive in Alta Pusteria, proprio nei luoghi dove aveva fatto il servizio militare all’inizio degli Anni ‘30.

Quest’anno come faccio da tempo sono tornato in Val Pusteria per le vacanze estive e non ho potuto fare a meno di rilevare che negli ultimi due decenni l’imponente flusso turistico ha modificato in parte gli stereotipi classici della Valle.

La Val Pusteria [Pustertal] era un mondo diverso, non soltanto montagna ma anche lànde, terra, storia e tradizione. Le mucche vivevano nei masi circostanti i paesi della valle e per le strade, assieme ai contadini veri, incontravi la gente che ti diceva Grüß Gott! [Dio sia con te!] anche se ti incontra per la prima volta. La vita in montagna era un duro lavoro tutto l’anno e per i contadini l’esistenza non lasciava spazio al romanticismo, era solo faticosa ritualità quotidiana!

Al mattino quando la foschia lasciava spazio ai raggi del sole, i valligiani, che indossavano il tradizionale grembiule blue schürze, avevano già finito il primo turno di lavoro. I bovini nella stalla rappresentavano il capitale su cui si basava la loro esistenza e la loro economia; se stava bene il bestiame stavano bene tutti.

Il fulcro dell’attività era l’erba ed il fieno, tagliare la prima e lavorare il secondo era indispensabile alla sopravvivenza. Per falciare si usava la scythe [falce] ben arrotata perché nei prati scoscesi i macchinari erano spesso inadeguati ad operare. La merenda era una pausa sempre benvenuta nel ritmo lavorativo: un Belegtes Brödchen di pane nero, imbottito con speck e formaggio, faceva tornare le forze! A sera ci si accontentava di poco: due knödel, una birra ed un mozzicone di sigaretta rullata. Tutto aveva un sapore familiare che diventava anche un piccolo piacere. I mesi invernali erano quelli più duri: quando iniziava a nevicare la stagione si faceva spietata ma portava anche pace e raccoglimento pur dovendo continuare le attività giornaliere. A marzo arrivava la primavera con il sole ed una nuova voglia di fare e di vivere. Il bestiame era portato ai pascoli e l’erba tagliata veniva rimossa ripetutamente perché si asciugasse. Il ciclo lavorativo si è sempre concluso così e si continuerà a farlo anche per il futuro: le vacche, il fieno, il latte e il formaggio.

Da tempo l’offerta turistica si è diversificata e qualificata con un particolare attenzione al rispetto dell’ambiente, all’alimentazione sana ed alle terapie naturali. Una di queste è il Percorso Kneipp, una terapia che si propone di curare diversi tipi di disturbi attraverso l’attivazione delle naturali tecniche di autoguarigione dell’organismo. Si fonda sulla naturopatia, una dottrina che considera corpo, anima e spirito come un unicum complesso da trattare con metodi assolutamente naturali.

Il Metodo Kneipp si è sviluppato nel XIX secolo grazie agli studi dall’abate tedesco Sebastian Kneipp. Insoddisfatto dei rimedi offerti dalla medicina tradizionale, egli sperimentò i benefici dell’idroterapia derivanti dall’alternanza di acqua calda e fredda sul corpo. Affetto da tubercolosi, trovò un vecchio libro scritto da un medico di campagna dove erano descritte le proprietà curative dell’acqua. Egli era solito immergersi nelle acque fredde del Danubio, rivestendosi subito, sudando e creando dunque uno shock termico dal freddo al caldo. Questa terapia funzionò perché la tubercolosi sparì in appena sei mesi. Il religioso perfezionò il suo metodo curando alcune persone anche grazie alla teoria dei cinque pilastri: l’idroterapia, la fitoterapia, la dietetica, il movimento e uno stile di vita equilibrato.

Una delle offerte turistiche della Val Pusteria è quello di esplorare in bicicletta, a contatto con la natura, paesaggi mozzafiato. L’opportunità più gettonata dai turisti italiani e stranieri è il percorso cicloturistico San CandidoLienz. La pista parte appunto da San Candido si snoda su un percorso di 44 chilometri per poi concludersi in Austria nella cittadina tirolese di Lienz. Il percorso raggiunge un dislivello massimo di 500 metri, quindi si adatta perfettamente anche alle pedalate di famiglie con bambini. Per percorrerla ci vogliono almeno due ore e trenta e se dopo la lunga pedalata si è stanchi, c’è la possibilità di prendere il treno per il ritorno.

Gianni Milanese
Sono nato a Mogliano Veneto nel 1946. Dopo una lunga carriera militare mi sono dedicato alla libera professione come Consulente di Direzione ed Organizzazione, attività che ancora oggi svolgo con grande passione nell’ambito dello Studio Milanese®. Scrivere rappresenta per me un hobby come il Nordic Walking, la Barca a vela, la musica Jazz e l’impegno nel Volontariato. Ho scritto alcuni racconti lunghi e numerose poesie. Ma, fondamentalmente, quando mi metto alla tastiera lo faccio per me stesso e per chi sa ancora accendere la miccia dei sentimenti cioè per coloro che soffrono o gioiscono e che, come me, nello scrivere vivono una seconda vita. In tale ottica la mia scrittura non può essere giudicata come scontata, perché l’esistenza non lo è mai. Secondo me un racconto per toccare le corde deve essere dolceamaro come appunto lo è la vita. Dal 2021 collaboro con il mensile di attualità, cultura e società L’ECO di Mogliano e con altri periodici [Trevisani nel Mondo, D&V…]. Vivo e lavoro a Villorba, ridente cittadina a nord di Treviso, nel comprensorio del Parco naturalistico del fiume Storga.

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