Ritroviamo tutta la potenza visionaria di Gustave Doré nella mostra allestita in bello stile al Brolo dall’artista e critico d’arte Angelo Zennaro, con la fattiva collaborazione del Centro “Piranesi” di cui è presidente, il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Veneto e il contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Mogliano Veneto. È un’esposizione che prosegue il cammino iniziato lo scorso anno con le “Carceri d’invenzione” di Giambattista Piranesi, il cui titolo “Passato senza fine” già svelava gli intendimenti del curatore: offrire al pubblico una rassegna orientata alla riscoperta delle radici della modernità. La conferma viene dal sottotitolo scelto quest’anno per la mostra dell’artista strasburghese: “la nascita della sensibilità moderna”, che nel corso della prossima primavera verrà ulteriormente approfondita con i “Los caprichos” e a seguire i “Los desastres de la guerra” del celebre artista spagnolo Francisco Goya: tre appuntamenti di grande valore artistico e culturale. Imperdibili.

L’inferno, la magia dei chiaroscuri

La mostra in corso (che verrà prorogata fino a fine gennaio) presenta 93 xilografie dedicate all’inferno e al paradiso dantesco, un affascinante percorso che ci consente di cogliere gli stilemi e lo sguardo anticipatore di Gustave Doré. Nella fervente atmosfera del tardoromanticismo, l’artista mescola diverse tecniche della fantasia (così ben descritte da Bruno Munari nel suo libro “Fantasia”) utilizzandole ad effetto per le sue superbe illustrazioni (una magistrale ri-scrittura, direbbe Umberto Eco). Così scorrendo le sue emozionanti tavole ritroviamo alcuni di questi ingredienti fantastici dell’iconografia popolare: la moltiplicazione delle parti (canto VI, “il gigantesco animale dal corpo massiccio dal quale partono tre lunghi colli terminanti in teste canine”. Cit. nota esplicativa di Emanuele Busi nel catalogo della mostra), il cambio di dimensione, l’unione di più parti in un unico insieme (come ad esempio l’antropomorfizzazione dell’elemento naturale). Ma soprattutto continua a sorprenderci la sua maestria nel gioco dei chiaroscuri, la sua modernissima utilizzazione dei bianchi e neri per focalizzare l’attenzione. In particolare, è interessante rilevare come l’impiego del bianco corrisponda a una precisa tecnica creativa della fotografia, a ciò che il semiologo francese Roland Barthes un secolo dopo definì come il punctum dell’immagine, quel particolare cioè che riesce a coinvolgere e ad attrarre lo sguardo fornendo una chiave di lettura per decodificare l’insieme dell’illustrazione. In moltissime delle sue straordinarie interpretazioni dell’inferno dantesco, infatti, Gustave Doré getta luce per illuminare personaggi e/o paesaggi che intende evidenziare e mettere in primo piano per una piena comprensione dei frame danteschi.

Scrive, più in generale Emanuele Busi nell’introduzione al catalogo: “l’impatto che quest’opera ebbe sugli artisti a lui coevi e successivi può ben esemplificarsi guardando la moltiplicazione di opere a tema dantesco presenti in vari Salon dopo la pubblicazione dell’Inferno. Il successo delle illustrazioni di Doré portò un nuovo modello iconografico dantesco a cui attingere, si copiarono dall’alsaziano le pose, le ambientazioni, la muscolatura michelangiolesca, la scelta delle scene ritratte. Quest’opera andò a plasmare un nuovo immaginario collettivo di fruitori del testo dantesco e non solo, in quanto la fortuna di quest’opera toccò, nei decenni successivi, non solo l’ambito prettamente artistico ma anche la cultura più o meno popolare, andando ad influenzare successive edizioni illustrate, film, serie tv, fumetti”

È un successo che si deve alla forza interpretativa dell’artista, alla sua capacità di raccontare il capolavoro di Dante con l’autonomia dell’immagine, espandendone le possibilità di comprensione. Doré rientra nel novero di quegli artisti che nell’Ottocento seppero soddisfare le aspettative di un crescente numero di lettori nel processo di formazione di un pubblico sempre più ampio. Anche in questa missione generalista consiste la sua pionieristica modernità.

La luce del Paradiso

Una notazione a parte meritano le illustrazioni del Paradiso. È vero, furono accolte dalla critica del tempo con una certa tiepidezza rispetto alle tavole dell’inferno, considerate decisamente più riuscite, di attraente impatto. Tuttavia, va detto che Gustave Doré riuscì a compiere un ulteriore salto creativo nella trasposizione in illustrazione della terza Cantica che, per ammissione dello stesso Sommo Poeta, presentava numerose difficoltà compositive, spesso nell’impossibilità di reperire parole adeguate a ciò che intravedeva negli eterei spazi del Paradiso. L’incisore risolse il problema inondando di biancore le planches, aprendo la sua mente fotografica alla massima esposizione per assicurarne una diffusa luce divina, simbolo di eternità. Per questo, a posteriori, possiamo rintracciare in Doré una coerenza interpretativa di rara, filologica efficacia.

La mostra riserva infine due belle sorprese.

1 La stanza del Piranesi

La prima si riferisce alla contemporanea presenza, nella stanzetta al piano superiore del Brolo, di “un’appendice” della mostra delle Carceri d’Invenzione di Giambattista Piranesi dello scorso anno, con altre preziose incisioni raggruppate sotto il titolo: “I sogni di pietra. Le carceri immaginarie tra capriccio, teatro e fantasmagoria”.  Assieme a Doré, si possono così ammirare le riproduzioni delle Carceri piranesiane concesse da vari collezionisti, accompagnate da un agile ma erudito saggio di Alessandro Martoni, stampato in un apposito catalogo a cura del Centro Piranesi.

2 Il catalogo della mostra

Il catalogo della mostra “Dante Alighieri Gustave Doré” si apre con l’illuminante introduzione del prof. Giorgio De Conti che accompagna Dante nel suo viaggio “dalle profondità del male al trasumanar della gloria celeste” ed è seguita da altre due preziose prefazioni di Emanuele Busi alle tavole del Doré (Inferno e Paradiso), via via commentate anche con note esplicative. La conclusione è firmata ancora del dantista De Conti che, con una sorta di promemoria, riconduce i disegni del Doré ai versi di Dante, preceduti da utilissime sinossi descrittive dei contesti e delle situazioni.

Con questa seconda esposizione, il Brolo di Mogliano Veneto si conferma sempre più come il Centro Espositivo della Grafica d’Arte, un gioiello fra Venezia e Treviso in grado di attrarre e far conoscere al grande pubblico artisti ed opere di valore universale. A partire, dalla prossima primavera, da Francisco Goya…

La mostra resterà aperta fino a fine gennaio, con i seguenti orari di apertura: venerdì 16.30 / 19.30 sabato e domenica 10.30 / 12.30 – 16.30 / 19.30.

Si può visitare nel rispetto delle misure anticovid e muniti di  greenpass.

Lucio Carraro
È nato a Mogliano Veneto il 3.6.1954. Ex insegnante, è stato Assessore alla Cultura, Pubblica Istruzione e Commercio del Comune di Mogliano Veneto. Scrittore, ha al suo attivo numerose pubblicazioni. Collabora con varie Associazioni culturali e sociali.

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