Dopo i gravi fatti di sabato scorso a Roma, in questi giorni da più parti si sta chiedendo che il partito di Forza Nuova venga sciolto con un provvedimento del governo. Una richiesta che personalmente auspico da anni e sono stupito che diventi attuale solo oggi, all’indomani dell’episodio di violenza contro la sede della CGIL. E mi chiedo: ma dove siete stati finora? Perché ci sono almeno cinque motivi per cui organizzazioni come Forza Nuova – e altre appartenenti alla galassia neofascista – dovrebbero essere sciolte. E aggiungo: immediatamente. Come è avvenuto in passato per Ordine Nuovo di Giovanni Ventura, Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi nel 1973, per Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie nel 1976 e per il Fronte Nazionale di Franco Freda nel 2000. Già questi nomi “sinistri” (ma destri destri) basterebbero per riflettere su quanto il neofascismo abbia inquinato e ferito la democrazia repubblicana. Qualcuno potrebbe obiettare che esiste la libertà di opinione. Certo, ma la celebre frase erroneamente attribuita a Voltaire – “Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente” – non può valere per coloro che si considerano ostentatamente e orgogliosamente eredi del fascismo fino ad assumerne i valori e a praticarli con la violenza. E la tesi che alberga in qualche anima bella secondo cui sciogliere Forza Nuova sarebbe controproducente e creerebbe dei “martiri” non regge. I “martiri” nella storia, purtroppo, sono stati altri, non certamente i nipoti, politicamente parlando, dei carnefici. Poi è evidente che una volta sciolto un partito i suoi componenti s’intrupperebbero subito in qualche altra formazione. Ma da qualche parte bisognerà pure iniziare e personalmente ritengo che gli elementi per un provvedimento di questo tipo ci siano tutti.

Vado quindi ad elencare questi cinque motivi, anche se non necessariamente in ordine di importanza. Il primo motivo sta scritto ovviamente nella Costituzione, nella XII disposizione transitoria e finale, che recita espressamente che “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Ribadisco: “sotto qualsiasi forma”. Un partito non serve che si chiami “fascista” per esserlo. Il secondo motivo, che ne è la diretta conseguenza, si rinviene nella legge Scelba del 1952, che all’art. 1 specifica in maniera cristallina: “Si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”. Il terzo motivo è l’uso sistematico della violenza come strumento di lotta politica. La cronaca giudiziaria degli ultimi anni ci racconta di un mondo neofascista i cui componenti si sono resi protagonisti di gravi episodi. L’assalto alla sede della CGIL – premeditato e organizzato – è solo l’ultimo in ordine di tempo. Allora possiamo fare tutti i distinguo che vogliamo – e da storico non posso non farli – ma il parallelismo con lo squadrismo dei primi anni Venti non è affatto infondato. Alcune modalità e parole d’ordine sono plasticamente le stesse.

Il quarto motivo è storico. Un partito neofascista i cui componenti propugnano idee razziste, antisemite e omofobe, offende la storia e la memoria di una nazione che i conti con il fascismo deve finalmente chiuderli. Anche dal punto di vista culturale. Diversamente, tutto appare annacquato nell’indistinzione e non usciremo mai da una sterile polemica tra fascismo e antifascismo, dove sembra che tutti abbiano ragione. Non è così. Mi dite cosa andiamo poi ad insegnare nelle scuole? Che partigiani e repubblicani di Salò pari erano? Che l’orrore della Shoah e la tragedia delle foibe stanno sullo stesso piano? Il quinto motivo sta nel fatto che le organizzazioni neofasciste si stanno infiltrando pericolosamente nelle istituzioni attraverso altri partiti (che si lasciano gioiosamente infiltrare per un mero tornaconto elettorale) fino a condizionarle e, cosa ben più grave, rischiando di attuare dei pericolosi progetti eversivi. È un motivo che apparentemente è solo politico, ma in realtà ha a che fare con la tenuta democratica di questo Paese. E scusate se è poco.

Daniele Ceschin
Nato a Pieve di Soligo il 20.12.1971. Storico con un dottorato di Storia sociale europea dal medioevo all’età contemporanea. Docente a contratto di Storia contemporanea dal 2007 al 2011 all’università di Ca’ Foscari di Venezia. Autore di pubblicazioni a carattere storico. E’ stato Vicesindaco a Mogliano Veneto dal 2017 al 2019.

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