È mattina, sono in passeggiata con il mio cane. Passando davanti ai tavolini all’aperto di un bar mi sento strattonare all’improvviso: un pezzo di brioche è caduto a terra, sfuggito di mano a una signora che sta facendo colazione, e il mio amico a quattro zampe ci si fionda trascinandomi. Ma ecco che con uno scatto la signora si frappone tra lui e il bocconcino, gridando “FERMA!!!”, agitatissima. Lo trattengo scusandomi e lei, risedendosi, mi dice “Meno male che non l’ha mangiata, sa… è al cioccolato”. E così sollevata dà un bel tiro alla sigaretta che ha in mano. Il cioccolato – ormai lo sanno un po’ tutti – contiene la teobromina, sostanza tossica per i cani, che non la metabolizzano e subiscono i danni irreversibili del suo accumulo nell’organismo fino a morirne.

Trascinando via – io, questa volta – il mio cane, mogio per essere rimasto a bocca asciutta, rifletto sull’accaduto. E qui veniamo al poco arrosto del titolo: tanto fumo e poca lotta al tabagismo, poca difesa della salute, poca ribellione al potere delle multinazionali, poca difesa dell’ambiente, poco contrasto allo sfruttamento (soprattutto minorile) dei lavoratori delle piantagioni di tabacco. Ho molte domande, alcune sembreranno sciocche ma vorrei che qualcuno mi aiutasse a trovare una risposta… Perché se ne parla così poco? Perché 93.000 morti per fumo nel 2020 non hanno una loro giornata commemorativa come i 106.000 della pandemia nello stesso anno?  Perché nessuno li ricorda? Perché lo Stato vende tabacco e sigarette? Perché negando il permesso di fumare a una persona si passa ancora per scocciatori? Perché si parla di tanti negazionisti ma non di quelli che negano i danni da fumo? Perché tanti, tantissimi giovani – troppi – cominciano a fumare a età sempre più basse in una società evoluta come la nostra? Perché c’è chi si preoccupa della qualità dell’aria che respiriamo e lo fa con una sigaretta in mano? Perché il cancro e le malattie correlate al fumo non fanno paura a chi fuma?

A quindici anni ho dato la mia prima e ultima tirata a una sigaretta. Ho tossito, mi è venuta la nausea, il mio alito sapeva da posacenere. Mi è bastato per capire che non mi faceva bene, non è servito che qualcuno me lo dicesse. L’unica ragione per cui un fumatore non si sente così a ogni tirata è che il suo organismo si è “adattato”, come quando in fase di congelamento a un certo punto il freddo non lo senti più. Parlo con una psicologa che tiene dei corsi anti-fumo, mi dice che ciò che dà maggiore dipendenza non è la nicotina, il cui effetto si esaurisce in breve tempo. Cos’è allora? La sua risposta mi lascia senza parole: “Il momento per sé – soprattutto il momento per sé! – la respirazione diaframmatica, la gestualità, la condivisione e socializzazione con gli altri fumatori. Rinunciare a tutto questo è molto difficile. Cerchiamo di spiegare a chi fuma che non è a questo che devono rinunciare, ma solo alla sigaretta.”

Nessuna persona di buon cuore darebbe al suo cane un quadratino, due quadratini, mezza tavoletta di cioccolato al giorno. Nemmeno se fosse goloso come il mio.  Eppure…

Elena Carraro
Dopo la laurea in Lingue e Letterature straniere, ha approfondito altri percorsi di studio e intrapreso la professione di fisioterapista, condividendo con altri operatori sanitari l'impegno per la difesa della dignità della persona fino all'ultimo istante di vita. Ha sempre coltivato l'amore per la musica e la scrittura. Ha pubblicato L'Uovo di Mary - Storia di una sopravvivenza (Cleup 2018) e Triplo Concerto (Antilia 2023). Lasciato l'ambito sanitario per "anzianità", lavora oggi come copywriter.

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