Oggi desidero parlarvi di un’escursione al Bosco di Mestre e nella cosiddetta Campagnazza. È stata organizzata dal Comitato a Difesa delle ex Cave di Marocco; la prima uscita dopo la lunga fermata a causa del Covid, per domenica mattina 23 maggio. C’è una citazione che mi ha sempre impressionato: “Preferisco essere un sognatore tra i più umili, con visioni da realizzare, piuttosto che il principe di un popolo senza sogni nè desideri”. Non è importante l’autore, anche se si tratta dell’ispirato Gibran, ma il senso. Cosa c’entra, si chiederà qualcuno, questa sparatina pseudoculturale, con l’escursione? C’entra. Eccome. Sono più di vent’anni che qualcuno aspira a realizzare un parco della biodiversità a Mogliano. Come nei sogni, sembra sempre di essere ad un passo dalla mèta e invece qualcosa va storto. Ecco: per realizzare i progetti visionari bisogna avere la testa dura e prepararsi, anche mentalmente. Anche immaginando come potrebbe diventare, quel nostro parco ancora inesistente. E allora è necessario vedere degli esempi in giro, fare in modo che anche le autorità, a volte troppo tiepide, inizino a condividere la visione. È necessario che qualcuno le accompagni a fiutare la bellezza naturale, perché si convincano ad agire e non solo a proclamare di volere un Parco della biodiversità. E insieme ad esse rendere sensibili quanti possono influire, come messaggeri, se non vogliamo proprio esagerare chiamandoli apostoli della Natura. Dunque, stamattina ci siamo incamminati alla volta del meraviglioso Bosco di Mestre. Per una circostanza favorevole si era formato un gruppo di partecipanti di grande spessore, anche da un punto di vista simbolico. Con noi c’era Michele Zanetti, quel magister naturae in grado di prendere in mano una foglia e raccontarti una storia affascinante di pianure planiziali, di ambienti che cavalcano i secoli dal neolitico, di roveti che non sono mai da tagliare perché sono l’unico posto dove nidificano gli usignoli e i moscardini, di piante morte che non sono un rifiuto, ma la casa ideale per insetti straordinari, tipicamente veneti e in via di estinzione, come i cervi volanti. Ti spiega che stiamo vivendo una globalizzazione ambientale dove le piante e gli animali esotici stanno invadendo i nostri territori e c’è il pericolo di estinzione della biodiversità, aiutati dall’insipienza umana, che non fa più notizia. Con noi c’era Paolo Cornelio del Consorzio acque risorgive che qui intorno sta coordinando operazioni di altissimo valore: la rinaturalizzazione di aree umide, degli argini e la fitodepurazione. Ci siamo fermati lungo un canale scolmatore: le pareti ed il fondo dell’invaso sono state cementificate tanto tempo fa. Un poco quel che è successo al canale che attraversa le Cave di Marocco. Ed ecco la visione: piantare sugli argini filari di alberi, secondo la qualità che è suggerita semplicemente guardandosi intorno: querce, olmi, aceri. E poi lasciare alla Natura le sue scelte: si aggiungeranno spontaneamente i salici, i pioppi e qualche sorpresa come il pallon di maggio, o magari qualche infiltrato come l’olmo napoletano portato dal vento. Sono risuonate le storie degli aceri campestri da cui si ricavavano gli zoccoli che accompagnavano per decenni i piedi maltrattati dei nostri nonni. E abbiamo colto la funzione magica dei prati, complementi biotopici ai cui margini venivano allevate le scrofe, dove c’era sempre un albero di noce o un gelso ombreggiato sotto il quale i bimbi potevano giocare, razzolando insieme alle galline. Quant’è importante un prato aperto: ci possono vivere una trentina di specie di farfalle, mentre nel bosco le conti sulle dita di una mano. Con noi c’erano tanti occhi ed orecchie tese: anche quelli del presidente della Commissione ambiente del Comune di Mogliano, del rappresentante trevigiano per l’ambiente del FAI, quelli preziosi di un giovane aspirante ingegnere ambientale di FFF, quelli del Presidente della principale associazione di divulgazione scientifica moglianese, cioè la SOMS. Poi l’associazione naturalistica Sandonatese, gli amici del Parco Arcobaleno, la ex responsabile tecnica del Bosco di Mestre. Eccetera. Per una coincidenza astrale stamane abbiamo camminato a fianco di alcuni amici artisti, perché la scienza si deve nutrire del fascino che emanano le parole, quando toccano la nostra interiorità: come quelle del poeta Ulliana che ha fatto della conservazione della lingua la sua missione, perché altrimenti si perderebbe la memoria della denominazione dialettale degli uccelli, delle piante e con essa sparirebbe nel Nulla anglofono, che tutto assorbe, anche la diversità e la ricchezza del nostro passato contadino con le sue pratiche ataviche. C’era anche Isabella Panfido, sensibile interprete letteraria di paesaggi. E Paolo Spigariol, il fotografo della Natura che dona immagini spettacolari, attraverso le sue multivisioni e trepida per la sparizione dei barbagianni e delle civette. La visione di un ambiente restituito alla fruizione non invasiva dell’umanità è il progetto che prende forma, ogni giorno più nitido, per il Parco della Biodiversità alle ex Cave di Marocco. Incrociamo le dita che non sia un miraggio fatuo. Ce lo chiede l’essere umano, quel meraviglioso animale selvatico che resiste caparbiamente in noi.

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta, Dragan l’imperdonabile e Il mite caprone rosso. Vita breve di norbert c.kaser.

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