Intervista a Mirko Scattolin, imprenditore nei settori agroalimentare
e dell’energia nel territorio di San Liberale.
Ci racconta in breve la sua storia?
Io sono nato qua. Sono figlio di Augusto, il quale era uno dei titolari dell’azienda che nel ‘95 ha diviso con i suoi fratelli. Crescendo sono entrato nell’azienda e, nel 2013, assieme ad un socio abbiamo messo su una società per la produzione di biogas. Abbiamo poi unito le due aziende in un’unica società per facilitare la gestione, creando la Rudy. Nel 2023 è nata anche l’azienda Scattolin Mirko, che riprende la parte “storica” di questa attività.
Come è nata l’idea di produrre energia da biomassa?
Nel 2006, assieme a mio papà, abbiamo chiuso la stalla delle vacche da latte perché non riuscivamo più a sostenerla economicamente. Basti pensare che nel ‘95 prendevamo 950 lire (al litro), mentre nel 2006 appena 32 centesimi (con conto arrotondato circa 640 lire). Per dieci anni perdevamo guadagni mentre tutti i prezzi aumentavano. Una volta mollato questo progetto ne abbiamo preparati altri due. Il primo era lo spaccio di carne. La seconda, dato che ne sentivo parlare da un po’, erano i biogas. Mi sono detto che una delle due passerà, con il tempo sono passate tutte e due e continuiamo a gestirle tuttora. La questione biogas era partita con calma con una costruzione fatta da noi a step, mentre l’altra, grazie al mio socio, si è avviata più speditamente.
Può raccontarci in breve le fasi del processo?
Noi usiamo come materie prime insilato di mais e scarti dell’azienda, anche se questo ci ha portato delle critiche per immoralità. Lo scopo era quello di trovare una nuova fonte di reddito ed al tempo questa era la forma che andava per la maggiora, ma le cose cambiano. Tra un paio di anni finiranno gli incentivi, quindi il mio obiettivo ora è quello di lasciare l’impianto acceso, ma alimentarlo solo a reflui ed aumentare il numero di animali. Bisogna sempre adattarsi alle situazioni e al clima.
Ci parlava di critiche legate alla moralità, a cosa erano dovute di preciso?
C’è chi dice che è sbagliato usare il mais per produrre biogas piuttosto che sfruttarlo come cibo. Magari può anche essere vero, ma è forse ancora più immorale lavorare e non avere un reddito.
Quanta energia riesce a produrre con il suo impianto ad oggi?
Al momento 250 KW orari, quindi 6000 KW al giorno, al lordo degli autoconsumi. La produzione dipende anche dalla stagione e dalla temperatura.
È mai stato interpellato dal Comune o da altri enti pubblici per un’eventuale collaborazione per fornire energia nel territorio, magari nella frazione San Liberale?
No. Adesso si sta iniziando a parlare di comunità energetiche, ma è un’iniziativa più orientata ai pannelli fotovoltaici. Secondo me questi sono discorsi ancora molto distanti, nel senso che sono difficili da spiegare ai privati cittadini. Magari qualche grossa azienda sarebbe disposta ad ascoltare, ma per ora non è ancora successo.
Sarebbe disposto a presenziare ad un incontro per favorire questo sistema di produzione di energia? Se sì, di quali punti sarebbe fondamentale discutere?
Per quello che è il contributo che posso dare, verrei volentieri. Bisogna far capire alla gente che attraverso il biogas stiamo lavorando. A volte, quando siamo in giro con i trattori, ci sentiamo quasi delinquenti. Quando muoviamo una botte di digestato di mais non stiamo inquinando il mondo. A dire il vero il digestato è semplicemente mais lasciato a macerare, come l’erba che tagliamo a casa e lasciamo sul prato. Serve poi rendere chiari vantaggi e svantaggi di questo sistema. Siamo disposti a spendere un poco in più per avere questa energia green? Siamo disposti a fare qualche sacrificio per poi, però, avere effettivamente dei risultati?
Quali problemi ha riscontrato più spesso nella sua attività?
Quando si parte con un’idea si dovrebbe essere aiutati, non ostacolati. C’è un conflitto con il modo di pensare della gente e non intendo una fascia di popolazione o politica specifica, ma parlo in generale. Si sentono opinioni da parte di chi non conosce la materia. Per avere un dibattito costruttivo, invece, entrambe le parti devono sapere di cosa si sta parlando. Poi c’è la burocrazia. Ormai per il trasporto di un animale ci vogliono quindici o anche venti minuti per sbrigare le scartoffie, mentre ne bastano cinque per caricarlo sul mezzo. Ogni limite in più ha un costo. Questo si vede nelle contraddizioni, come ad esempio gli OGM, che possiamo importare, ma non produrre. Ci sono paradossi che tutti conoscono, ma nel pratico nessuno fa niente per sistemare le cose. Continuiamo a sottovalutare l’articolo uno della Costituzione. Spero che possano esserci dei necessari cambiamenti in tempi veloci