Perché il nostro piccolo Zero ha sempre questa patina marron triste e non ha più quella colorazione verde acqua di qualche anno fa? Sembra una domanda di deriva sentimentale invece è un’evidenza e un problema che fa discutere e preoccupare. In soldoni non capiamo bene perché. La nostalgia non è una buona strategia, quindi lasciamoci alle spalle bei ricordi lontanissimi di bagni estivi (anche lo scrittore Berto a momenti ci affogò) e conduciamo una piccola inchiesta facendoci aiutare da qualche esperto o da qualche testimone.

Cominciamo, al bando la modestia, dal sottoscritto. Mentre stendevo le note per il libro “Zero, piccolo grande fiume” ho perlustrato parecchie volte la zona delle risorgive. Ebbene quello che ho documentato a San Marco di Resana è una serie di polle asciutte, di vasche abbandonate. Ripasso veloce: le acque del Piave scomparivano nel sottosuolo e ricomparivano, filtrate e trasparenti, appunto in quelle zone. Da là partivano i nostri Zero, Dese, Marzenego e Sile. Quasi tutte sono scomparse, l’acqua adesso arriva da canali irrigui tracciati a sud di Castelfranco. Quindi una delle cause di questa nuova triste colorazione del nostro fiumetto è proprio questa: lo Zero non ha più le sue fonti naturali e millenarie ma è diventato anch’esso parte di un sistema artificiale. È stato addomesticato per un uso agricolo. Destino inevitabile ma un po’ triste.

Molto più pratica è invece la causa individuata dal sindaco di Zero Branco, Luca Durighetto. Lui sul fiume ci ha abitato sin da piccolo, ci ha fatto il bagno, ci ha perfino navigato con un manipolo di boy-scout non so in quale sfida fluviale. Ci racconta che durante una manifestazione recente a Sant’Alberto l’hanno chiamato a vedere cosa stava succedendo sotto un ponte. Pesci boccheggianti, puzza terribile e schiuma sull’acqua. Insieme all’Arpav hanno risalito per qualche chilometro cercando tracce dell’avvelenatore. Niente da fare. Un trattore con una cisterna di liquame? Un allevatore fedifrago?

Quindi, dopo la scomparsa delle risorgive un’altra causa potrebbe essere questa: l’inquinamento. Quello criminale, il voler sbarazzarsi di sostanze proibite nel fiume… tanto va a finire nel mare. Controprova: ho chiacchierato con un contadino che stava bagnando il suo orto attingendo proprio dallo Zero. Fortunato gli ho detto, beh mica tanto mi ha risposto: da venerdì a lunedì mattina non posso farlo, qualcuno scarica robaccia nel fine settimana approfittando del fatto che non ci sono controlli. I sospetti erano diretti verso un allevamento di vitelli a monte, qualche centinaio di metri. L’avevo fotografato proprio nel libro per la sua bruttezza e per la sua pericolosa vicinanza al fiume. Nella stessa inquadratura adesso ci sono i carabinieri in azione.

 Andiamo però a sentire un vero esperto, un naturalista, Michele Zanetti. Lui ha un’esperienza quarantennale di piedi ammollo nei fiumi “Sarebbe necessario considerare lo Zero non solo in relazione alla qualità delle acque che scorrono in alveo in una determinata fase temporale, ma nella sua complessità ambientale. Hai idea di come può essere la natura del fondale fangoso in cui sono sedimentati veleni e “nutrienti” per decenni? L’ambiente di coltura della vita fluviale è quello: è il fondale, che allo stato di fatto ostacola persino lo sviluppo della vegetazione acquatica …” fermiamoci qui.

Questo è un primo panorama di idee sul triste marron-Zero. Poi vedo una scena idilliaca: una bella tartaruga che prende il sole sulle sue rive. Contento mando subito la foto a Zanetti. Lui mi risponde che non è autoctona e che fa un sacco di danni.

Ti pareva.

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

1 COMMENT

  1. Abbiamo fatto l’anno scorso una manifestazione per il problema enunciato nell’articolo e stiamo attendendo la carta del Dese e dello Zero visto che del problema abbiamo investito i sindaci dei nove Comuni rivieraschi.

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