In Veneto stiamo tutti vedendo come la sanità pubblica abbia, da qualche tempo, difficoltà a sostenere il carico di richieste da parte dell’utenza.
C’è una buona sanità perché ci sono professionisti di alto livello che sono la spina dorsale del sistema ma questi stanno, un po’ alla volta, andando in pensione e non ci sono i numeri per sostituirli adeguatamente. La causa è una scarsa programmazione degli anni passati, quindici anni di vuoto di programmazione per mantenere il consenso elettorale.
La regione Veneto ha investito poco sulle specializzazioni e sulle borse di medicina generale, è l’ultima regione d’Italia per investimento, e c’è un taglio di otto miliardi di euro all’anno nel pubblico, preferendo investire nel privato che acquisisce il trentacinque per cento dei fondi erogati.
Questo comporta ospedali sempre meno moderni, tagli alle assunzioni e blocchi agli stipendi, facendo ricadere tutto sulle spalle dei professionisti, che svolgono un lavoro immane, e sul benessere delle persone, che sono costrette a ricorrere alle prestazioni private, quando possono permetterselo, o a dover attendere tempi lunghissimi per ricevere assistenza.
Sono sempre di più le famiglie che oggi devono scegliere se a fine mese fare la spesa o prenotare una visita privata, e in tanti scelgono di non curarsi. Un sistema sanitario che non funziona ti ruba qualità e tempo della vita. Nel 2022, su ventinove milioni di prescrizioni, tredici milioni non hanno ricevuto risposta. Quando c’è un problema, il tempo che passa tra sintomo, diagnosi e trattamento è quello che fa la differenza.
Il privato arriva dove il pubblico arretra. Il privato e il pubblico dovrebbero lavorare insieme ma si sta scegliendo politicamente di favorire il privato erodendo il pubblico.
I livelli essenziali devono essere garantiti, è scritto nella costituzione. L’art. 32 della costituzione afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Lottare per la sanità pubblica significa lottare per chi non può pagare.
Ad esempio, se non ho le strutture intermedie, il cittadino che viene dimesso dall’ospedale dopo la fase acuta, avendo eliminato anche le lungodegenze, viene scaricato sulle famiglie che, disperate, ricorrono alle RSA, per le quali il costo è totalmente a carico della persona.
Se poi vogliamo ridurre il carico di lavoro negli ospedali, dobbiamo puntare sulla medicina integrata di gruppo nel territorio che, attualmente, serve il ventidue per cento del Veneto. Un investimento da questo punto di vista saranno le cosiddette Case Di Comunità, sedi sanitarie al cui interno lavoreranno più professionisti e saranno erogati vari servizi assistenziali.
È però davvero importante cogliere l’occasione per incrementare il lavoro in team, se si vuole passare dall’aspetto prestazionistico a quello della presa in carico.
Sono due modelli opposti, la prestazione finisce nel momento in cui viene erogata, mentre la presa in carico significa l’assunzione, nel rapporto tra medico e paziente, della complessità e della interezza della persona. Dobbiamo pretendere questo dalla casa di comunità, altrimenti, se diventa solo un ambulatorio più moderno, non cambia nulla. Per questo non si può appaltare ad un privato la casa di comunità, non perché ci sia un pregiudizio ideologico ma perché nella costituzione è scritto che la libertà d’impresa privata non deve confliggere con l’interesse generale. Solo il pubblico può aiutare le persone a recuperare la salute, senza la necessità di un guadagno.
Una cosa importante da comprendere, soprattutto da parte dei giovani che, giustamente, si preoccupano meno della salute, è che gli investimenti fatti oggi saranno utili proprio quando loro cominceranno ad essere anziani e, quindi, ad avere maggior bisogno dell’assistenza sanitaria.
A Marcon verrà costruita una Casa Di Comunità che dovrà rispondere a circa cinquanta mila abitanti. Ad oggi però, a parte l’individuazione della ditta che realizzerà la struttura, non si sa ancora nulla di come verrà gestita.
La Regione, responsabile delle decisioni a riguardo, non si fa sentire; perciò, sarebbe bene che l’amministrazione di Marcon spingesse per avere maggiori notizie e dettagli. La politica regionale ha grandi responsabilità per aver tenuto la questione sanità in un angolo, è il momento di cambiare.