Arriva Zaia a Mogliano. Non è molto alto ma è molto fasciato in un abito strettino. Capelli ancora abbastanza scuri all’indietro. Un po’ fuori moda. Cerco di stringergli la mano ma prima della presentazione sta telefonando. Immagino sia la Meloni, il Salvini, un qualcosa di importante e non lo importuno. Me ne pentirò.

Sale sul palco, da attore professionista, invita il pubblico ad avvicinarsi. In effetti non c’è il pieno pieno, sono un po’ in ansia per questo. Sorride e in realtà qualcuno si avvicina.

Il giornalista che gli deve fare le domande si chiama Domenico Basso. Controllo su internet, lavora sulle reti televisive locali. Tutte rigorosamente filo maggioranza. Zaia fa un paio di battute in dialetto, il pubblico è già suo. Ci sa fare.

Domanda politica. Battuta di Zaia, dice che è venuto a Mogliano per il libro, non per la politica. Risate. Risponde comunque alla domanda politica sul terzo mandato. Dice che il terzo mandato per il presidente della regione e per i sindaci è una conquista della democrazia, vengono eletti, non usa il termine popolo, è giusto così, se non funzionano la gente non li rivota e basta. Cosa c’è di più democratico?

Altra piccola provocazione. Come va con Salvini? Ha telefonato dopo la bocciatura dell’emendamento sul terzo mandato? Ma no, risponde, mica siamo scolaretti e dobbiamo sentirci ogni giorno. Siamo maturi. Domenico insiste: “Ma in un momento così Matteo non doveva esserti vicino?”. Zaia fa un paragone stupendo. Quando Tognazzi da Roma in auto raggiungeva Cortina con la moglie non si scambiavano una parola eppure si capivano benissimo. Già. Tocco il gomito del mio vicino e gli dico che Ugo (Tognazzi) divorziò un paio di volte.

Finalmente il libro. Zaia parla con nostalgia dei suoi diciott’anni, del suo essere stato giovane avventuroso a bordo di una “Due cavalli” verso la Spagna.

Elogio della gioventù. E un’uscita quasi inaspettata sulla fuga dei cervelli. Dal Veneto se ne vanno 3500 giovani, 18 /34. Ma secondo lui nessuna statistica seria prova quanti fuggono e quanti vanno invece a farsi un’esperienza utile all’estero. E i ragazzi che vanno a lavorare nelle gelaterie dei padri in Germania? E le ragazze e ragazzi che si innamorano nella città dell’Erasmus? Il pubblico applaude. Zaia parte con un altro paragone audace ed equino: lui, i cavalli li conosce bene. Qual è il puledro che non sgroppa? Che non faccia le bizze? (il mona in dialetto). I giovani sono sempre stati così. Applausi.

Il libro. Anche quella sua vacanza nella “Due cavalli” (un destino) è stato un viaggio di formazione.

Parentesi tecnologica. Non esistevano i telefonini, Google Maps, l’euro, esistevano le cartine stradali, i gettoni telefonici, la peseta, il franco. Era il 1986 e a 18 anni si faceva il primo viaggio da soli. Zaia quasi si commuove.

Domenico implacabile lo riporta alla politica. Di che cosa sei orgoglioso? “La Pedemontana e l’opera di cui sono più soddisfatto, prima di me era solo un’idea in stato cadaverico. Ah, sì le Olimpiadi, sono io, anzi la Regione Veneto, che le ha ottenute, non lo Stato italiano, quello è arrivato dopo”.

E poi, a sorpresa (siamo in un collegio salesiano) si lancia in una sincera commemorazione di Stefano Gheller. Morto ieri. E va giù convincente sulle norme (bocciate) sul fine vita. Sono perplesso e affascinato. Vorrei però porgli in un’intervista almeno dieci domande sull’ambiente, sull’aria, sulle nuove strade. Mi metto in coda. Cinquanta persone gli chiedono la firma sul libro e ci tengono a farsi il selfie. Lascio perdere.

Indosso l’ombrello, piove e quindi il Veneto sull’inquinamento è a posto. Per una settimana.

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

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