Non ero mai entrato in quella parte del Gris. Affascinante, porticata. Non mi stupisco che Fabio abbia trovato ospitalità proprio lì con la sua bottega. Tutta la conversazione è distratta, continuo a spostare lo sguardo sui suoi modellini, sui suoi schizzi appesi alle pareti. Lui solleva opere in ferro pesanti come fossero fuscelli per farmi posto. Comincio male, gli chiedo della sua ultima opera, del monumento agli alpini. “No, non è un monumento, un monumento è una cosa del passato, un personaggio, un fatto storico questa invece è una cosa attuale, parla degli alpini di adesso, di quello che fanno di buono nel mondo”.

E già la sfera…il mondo.

Certo e anche il basamento, là ci sono i nomi delle Brigate, delle glorie passate ma anche i nomi di dove gli alpini intervengono adesso, nei terremoti, nel….

Beh, la sfera- mondo deve aver comportato un lavoro pazzesco.

Sì. Intanto sono tre metri di diametro, non ti dico trasportarla, e poi non indovinereste mai cosa ho usato. Non ne ho idea, so solo che lui fa dei bozzetti, li appiccica su della carta velina, la taglia, dà una forma, quasi un lavoro sartoriale su misura e poi, solo dopo, viene fuori il metallo.

Mi serviva qualcosa di grande: ho usato dodici fondi di cisterna. Per cucirli tra loro ne ho tagliati altri due. Un tubo di tre metri fa da perno, poi con le altre parti insieme fanno 15 quintali.

Ma dove avete lavorato?

Sempre qua al Gris, c’è una lavanderia dismessa. Da settembre, tutti i giorni, con un argano e un panino e via. Abbiamo finito un paio di giorni prima dell’inaugurazione. Mi hanno aiutato in tanti, ma soprattutto Claudio (Gobbo) e Gabriele (Meggiato) più il mio “procuratore”.

Scusa, chi?

Il qui presente Agostino Zanardo. Che mi procurava qualsiasi cosa in un paio d’ore. Pure qualche idea come quella del basamento.

Non devo chiamarlo “monumento” ma agli alpini è dedicato.

Le penne avvolgono il mondo come hai visto e dentro c’è un cappello, è il collegamento con il passato. Un cappello semplice che vuol rappresentare l’alpino semplice che una volta difendeva e adesso aiuta in tutto il mondo.

Scusa è acciaio?

Sì acciaio inox e corten. Il primo l’abbiamo trattato con la fiamma ossidrica e l’ossido di cobalto per dare l’idea dell’oceano e l’altro, corten dà quell’effetto ruggine. Ti sei accorto che la sfera si muove? Con una mano puoi muovere 15 quintali. Ah, scrivi un’altra cosa, non mi piacciono le recinzioni, voglio che la gente tocchi l’arte.

Entra la signora Isabella. Orgogliosa di quel marito scapestrato, artista fino al midollo, e lui dice che “l’opera” lo ha distratto per mesi da lei, che tornava a casa solo con il corpo ma che la mente era sempre in officina. Perdonato e anzi spronato da lei per nuove creazioni.

Futuro? E no non gli ho ancora chiesto niente del passato e lo costringo a una condensata biografia scultorea.

Sono un figlio artistico di Toni. Ho studiato con lui per tre anni. Benetton mi ha insegnato ogni segreto del metallo. E da lui ho ricevuto il più bel complimento. Una volta mentre armeggiava con una statua mi ha detto che non capiva se fosse sua o mia. Ma c’è un’altra persona, un altro artista che già conoscerai: il maestro Zaramella. Più di tutti mi ha aiutato a tirar fuori la mia indole, la mia personalità. Da loro due ho capito che copiare è molto più facile che diventare qualcuno.

Hai fatto molte mostre, mi puoi mostrare l’opera che…

“Il cavallo medievale” guarda qua. Impressionante, bellissima e non a caso è nel parco dei paperoni locali a Ponzano.

Vivacizzo l’intervista.

Scusami puoi raccontare di quella volta che ti hanno censurato un’opera proprio qui a Mogliano?

Ah ah, ma dai. Non interessa a nessuno, comunque è andata così. C’era una mostra collettiva sul tema di Adamo e Eva, o più o meno. Ho sviluppato un’idea, sui lati di una mela addentata ho plasmato i genitali maschili e femminili. La faccio breve, hanno deciso che non era esponibile. Ti assicuro che invece secondo me era quanto di più attinente al tema proposto. Mi mostra la mela. Poi mi mostra altri modelli, altri bozzetti poi un rumore strano.

Entra una carrozzina. Gira attorno alla stanza. Si ferma davanti alle statue. Prende un libro, lo sfoglia. Ha un respiratore. Fabio mi dice che lui è Moreno e viene a trovarlo. Non può più parlare né sentire, ma gli piace l’arte e viene ogni giorno da solo con la sua carrozzina. Fabio gli porge un caffè.

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

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