-Ha qualche aneddoto della sua esperienza come assessore?

Ho cominciato facendo l’assessore al bilancio, allo sport e alla pulizia urbana e sono finito a fare urbanistica, lavori pubblici e edilizia privata. Mentre andavo a lavorare leggevo libri e leggi che riguardavano il settore per capire come si scriveva e leggeva un bilancio comunale. Era più forte di me, una rivincita sulla vita. Lavoravo come operaio a Porto Marghera, quindi il riuscire a fare, prima nel sindacato e poi nella politica, mi spronava ad impegnarmi ancora di più. Mi sono trovato di fronte a grandi problematiche in un contesto in cui le amministrazioni comunali dell’epoca duravano uno o due anni a causa delle crisi di giunta. Questo fino alla riforma degli enti locali del ‘95, grazie alla quale era più facile che le amministrazioni avessero una certa continuità. Quello era il periodo in cui Marcon stava facendo il salto di qualità: da un paese di otto mila abitanti è arrivato rapidamente ai numeri di oggi.

Le motivazioni che l’hanno fatta avvicinare alla politica sono state la passione e la voglia di cambiare le cose?

Quando sono arrivato a Marcon nel ‘73-’74 ho partecipato ad una riunione della scuola sul trasporto scolastico. C’è stata una grande discussione perché c’era disparità tra i nuovi e i vecchi abitanti che criticavano: “ ‘sti qua che sono arrivati ieri, anche il pullman per portare i bimbi a scuola vogliono? Noi andavamo a scuola a piedi o con la bicicletta!” Mio figlio faceva la prima elementare e quindi ho voluto fare qualche cosa per il territorio, cominciando a contribuire con idee e il mio impegno. Fui avvicinato dall’allora segretario del PSI di Marcon che mi ha invitato ad una riunione. Costruimmo un giornalino mensile, “Alternativa Socialista”, in cui si discuteva dei problemi del territorio. Poi nell’ ‘85 mi sono candidato, sono stato eletto prima consigliere comunale e poi, dall’87, ho fatto l’assessore. E così via fino al 2002.

-Prima parlava di un salto di qualità di Marcon. Che cambiamenti ha visto in quel periodo?

Il salto di qualità è avvenuto perché Marcon era tagliata fuori dal territorio veneziano. L’unica via che portava a Venezia era una strada in cui c’era un passaggio a livello che chiudeva la comunicazione e la capacità di sviluppo. Il superamento del collegamento per la ferrovia a Dese con il collegamento verso l’aeroporto fu decisivo. Iniziò il ragionamento sul Valecenter e l’area commerciale. Di conseguenza ciò portò all’aumento della domanda di abitazione. Quando nel 2000 abbiamo fatto la variante al piano regolatore, io ero assessore all’urbanistica. Abbiamo ridisegnato tutto il territorio con l’accesso autostradale dietro al Valecenter (via Pialoi e via Delle Industrie).

Come crede che ci si debba muovere affinché ci possa essere un ulteriore salto o un’evoluzione positiva nel futuro del nostro comune?

Marcon ha tutte le caratteristiche per diventare un polo residenziale e produttivo di alto livello. Siamo a ridosso dell’aeroporto di Tessera, attorno al quale si sta sviluppando l’area metropolitana veneziana. È importante lavorare per fornire degli “insediamenti di qualità”. Si deve pensare anche a ricucire e sviluppare un tessuto a Marcon che sia in grado di superare le problematiche esistenti (quando si parla del raddoppio in dieci anni del flusso turistico si parla anche di probabile inquinamento). Fra le altre cose Marcon è sempre stata l’epicentro della zona grazie agli svincoli autostradali. Importante rimane lo sviluppo ambientale (siamo vicini alla zona lagunare). Inoltre, nuove possibilità dal punto vista turistico e ambientale sono auspicabili considerando i nuovi scavi ad Altino.

Come vedeva Marcon quando è arrivato? Qualche speranza o qualche visione che aveva per il futuro si è avverata?

Per me si è avverata tutta quella parte di sviluppo sia residenziale che produttivo, con un collegamento importante con le autostrade, che ha consentito di avere una divisione tra l’area produttiva e quella residenziale. Su questo bisogna molto insistere nelle modalità che abbiamo discusso prima, tramite qualità abitativa e sviluppo compatibile con quello dell’area.

Oggi cosa direbbe ai giovani?

Che fare politica vuol dire partecipare allo sviluppo della realtà in cui vivono e di cui possono essere partecipi. Disinteressarsi è lasciar fare agli altri e abdicare ad un ruolo di autodeterminazione dei cittadini. Il giovane deve capire che il suo impegno e i suoi sforzi necessitano di essere funzionali ad uno sviluppo che tenga conto del benessere della persona. In questa fase non vogliamo più il personalismo. Credo che ci sia la possibilità, o la necessità, di uno sviluppo che dia l’opportunità a tutti di salire una scala sociale, di stabilire e trovare una propria collocazione, senza che ci sia una società che deprima una parte di sé e ne esalti un’altra.

-Qual è la principale differenza che nota riguardo la politica correlata ai giovani rispetto al passato?

Un po’ di disimpegno o un po’ di incapacità di incanalare le proprie ambizioni su una volontà di fare insieme. Ci sono delle iniziative buone, però c’è questa diffidenza verso la politica che deve essere superata. Forse la politica non ha dato un buon segnale negli anni ai giovani, nel senso che molte volte si è dimostrata più propensa agli interessi personali che a quelli della popolazione. Bisogna recuperare la voglia e la volontà, la speranza e la prospettiva di essere attori del proprio futuro insieme agli altri. Le occasioni sono molteplici, ma i partiti fanno fatica ad aprirsi. Questa cosa è necessaria affinché la gente partecipi al dibattito e alla proposta, perché molte volte i giovani si avvicinano ma vengono lasciati ai margini e non possono esprimere il proprio punto di vista. Con l’impegno di tutti si possono risolvere i problemi.Altra questione, che è uscita anche alle ultime elezioni, riguarda gli studenti fuori sede che non possono votare se non rientrando a casa pagando molti soldi per il viaggio. Su queste questioni non c’è sensibilità, se vogliamo che i giovani partecipino, dobbiamo dargli le possibilità di farlo.

Alessandro Vinciati
Studente. Nato a Conegliano e divenuto marconese all’ età di tre anni. Fluente in italiano, inglese e rumeno. Da sempre interessato a svariati ambiti: dalla Scienza alla Storia, dalla politica alla tecnologia ed ai motori. Membro del gruppo Giovani di Marcon.

4 COMMENTS

  1. Bravo Alessandro, bella intervista con la quale mantere viva la storia di Marcon e dare voce a chi come Roberto ha trasformato il nostro Paese in Città!

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