Lunedì 31 luglio, alle 19:00, presso il Parco Primavera, la scrittrice moglianese Erida Petriti presenterà il suo ultimo libro “Riflessa in uno specchio rotto”.

Una raccolta di racconti in cui l’autrice, col suo particolare stile, ripercorre le vicissitudini dell’Albania, sua terra d’origine, viste attraverso gli occhi dell’infanzia, vissuta sotto la dittatura; dell’adolescenza, che ha conosciuto le atrocità della guerra civile e infine della maturità, che la vede emigrare e trovare accoglienza in Italia.

Di questo ed altro Erida discorrerà con Luisa Valmassoi, lettrice ad alta voce e insegnante di lettura espressiva.
Una piccola selezione di brani sarà letta da Monica Bianco, lettrice ad alta voce del gruppo “Quante storie”.

Pubblichiamo qui a seguire il racconto: “Un sogno spezzato”, scelto dall’autrice come assaggio per i lettori del Il Diario OnLine, estratto dal libro “Riflessa in uno specchio rotto “.

UN SOGNO SPEZZATO

Era vicino alla porta. Aveva un bastone in mano e parlava con degli amici. Elena voleva uscire a comprare del materiale per la scuola con due sue amiche. Lo videro.

«Oh no!» esclamò una di loro, «c’è Sid, il pazzo. Io torno indietro.» «Anche io» rispose l’altra. Lei, invece, andò avanti. Proseguì diritta come se non avesse sentito nulla di quello che loro dicevano. 

«Elena fermati!» le urlò una di loro a voce bassa «non lo vedi che ha un bastone in mano?» Alzò le spalle come per dire: «Eallora?» e andò avanti in direzione della porta. Le sue amiche le andarono dietro con passo molto lento e indeciso.

Sid avanzò venendole incontro. Alzò il bastone come per picchiarla. Elena lo guardò senza battere ciglio e proseguì per la sua strada. Le si parò davanti con aria prepotente. «Fermati!» le disse.

«Perché?» rispose lei come se nulla fosse. «O ti fermi o ti picchio!» continuò lui con aria strafottente.

«Vediamo se ne hai il coraggio!» rispose in tono di sfida. «Metti avanti le mani, e subito!» Nel frattempo le si avvicinò ancora di più. Elena approfittò di quel poco spazio tra lui e la porta E, mentre bofonchiava un «non sei affatto divertente», uscì in strada.

Sid, ammirandola, la seguì con lo sguardo. Era la prima volta che una ragazza non aveva paura di lui. Cosa le passava per la testa? Come osava sfidarlo? Si mise a sorridere, senza accorgersene. Poi chiese agli amici chi fosse.

«È Elena, la secchiona!» gli rispose uno di loro, «è arrivata quest’anno. È una tipa tranquilla anche se un po’ strana.» Una volta in strada Elena si fermò. Respirò a fondo e cercò di calmarsi mentre le sue amiche la raggiungevano rimproverandola per la sua imprudenza.

«Tu sei matta!» le disse una di loro,«avresti potuto prenderle.» «Non è mai morto nessuno per una bastonata» rispose sorridendo, «almeno adesso sappiamo che non fa sul serio e non avremo più paura.»

Non si videro più per un bel po’ di tempo. Fino a quel giorno: lei era seduta sull’erba con le sue amiche e Sid un po’più lontano con i suoi amici che osservavano le ragazze. Con qualcuno di loro ci aveva anche parlato in modo amichevole e li reputava ragazzi “a posto”. Certo, “a posto” secondo i suoi canoni di giudizio.

«C’è Sid» disse a voce bassa una delle ragazze, «forse è meglio se ci allontaniamo.» «Ma no» rispose Elena. «stiamo qui a vedere cosa faranno.»

L’amica la guardò strabuzzando gli occhi, ma nessuna di loro si mosse dal suo posto. Mentre le ragazze parlavano sottovoce e tenevano d’occhio i ragazzi, soprattutto Sid, quest’ultimo tirò fuori un giornale e si mise a fare le parole crociate, ignorandole completamente. Parlavano a voce alta e cercavano di trovare le parole esatte. Alcune, però, erano difficili da indovinarle, e su un  paio si erano del tutto bloccati.

«Prova con questa parola» si intromise Elena «vediamo se è quella giusta.» Sid provò e la parola calzò a pennello. «Brava!» si complimentò. «Eh, capirai che bravura! È stato solo un colpo di fortuna!» rispose sminuendo il suo merito.

«E quest’altra?» le chiese Sid, «cosa potrà essere?» Per la seconda volta lei suggerì la soluzione e il viso di Sid si illuminò. Le andò vicino. «Batti il cinque!» le disse.

Elena colpì la mano del ragazzo con la sua e Sid prese tra le sue le dita della ragazza. Si alzò ridendo: «Pensavo mi volessi picchiare!» Lui, rosso in viso, rispose: «No, assolutamente! Guai a chi ci prova! Dovrà vedersela con me!» «Ah, tu risolvi tutto picchiando?» gli disse, continuando a punzecchiarlo.m

Cominciò così la loro amicizia che,man mano, diventò sempre più intensa.  Risate, confidenze, giochi, scambi di libri. I libri erano il mondo di Sid. Il mondo che lui non aveva vissuto, quello dove si poteva nascondere, ed Elena fu rapita da quanto ne sapesse lui, di libri.

In qualsiasi genere Sid era esperto e,spesso, si appartavano in qualche posto nel giardino della scuola per poter condividere la loro passione comune. Parlavano di nascosto di libri vietati. Vivevano in tempi di censura e averne letto uno di quelli banditi non era una cosa da poco. Inoltre, fino a quel momento Elena era convinta che ne avesse letti tanti, ma Sid le fece subito crollare questa sicurezza.

Adesso, oramai, anche le amiche non avevano più paura di Sid, anche se non stavano troppo volentieri con lui. Tutto si svolgeva nel giardino della scuola. Le passeggiate, le chiacchiere, le confidenze. Vivevano nello stesso collegio, un edificio unico a forma di elle con due entrate. Da una parte stavano i ragazzi e dall’altra le ragazze. La differenza era negli orari: i maschi erano liberi fino alle 22:00, per le ragazze chiudevano già alle 19:00. 

Sid purtroppo beveva, fumava spinelli e, tante volte, soprattutto alla sera tardi, si sentivano le sue urla che arrivavano a Elena e la facevano rabbrividire. Molte volte si chiese il motivo di questo suo comportamento. Cosa succedeva nella testa del ragazzo? Come avrebbe potuto, lei, aiutare questo suo amico? Il colmo arrivò una sera quando Sid, ubriaco, ruppe la TV dei maschi e poi uscì fuori chiamandola a squarciagola per nome. Elena si affacciò alla finestra del collegio. Vide i suoi amici che cercavano di calmarlo e, nel frattempo, dicevano alle sue amiche: «Chiamate Elena. Vuole parlare solo con lei.»

«Dimmi Sid, sono qui!» gli rispose con voce tremante. «Mi fai un tema?» le disse lui, «ho sentito che sei brava!» «Ok, te lo faccio ma vai dentro» gli disse con le lacrime agli occhi, «e cerca di dormire.»

Con parole dure dovute all’alcol lui le rispose: «Anche tu mi prendi in giro, vero? Sei uguale alle altre?» «No Sid, non lo farei mai!» cercò di calmarlo. «Non sai nemmeno il titolo del tema. Come fai a farlo? Mi mandi a dormire per togliermi di mezzo.»

«Sì Sid, vorrei che tu ti calmassi e fossi più lucido perché così riusciamo a parlare e a capirci. Ti prometto che domani salterò la prima ora e faremo insieme il tuo tema.» «Non io, tu! Io non voglio scrivere perché scrivo di me e poi… E poi tutto ciò che scrivo lo usano contro di me, come in tribunale, credimi» le rispose quasi piangendo.

«Ok Sid» disse lei cercando di trattenere le lacrime, «domani mi dirai su cos’è il tema e io lo scriverò per te, hai la mia parola». «Buonanotte Elena» sussurrò Sid rilassato, lasciando che i suoi compagni lo tirassero dentro.

Elena non dormì quella notte. Lo stato nel quale versava Sid la colpì moltissimo. Decise che avrebbe indagato e decise che l’avrebbe aiutato. Il giorno dopo saltò la prima lezione ma Sid non si fece vedere. La seconda ora andò in classe sua ma non c’era. Chiese ai suoi amici di lui. «Sospeso dal collegio» le dissero dispiaciuti.

Li rimproverò perché gli avevano permesso di bere. Risposero che non potevano fare niente. Chiese a loro come mai Sid si comportava così e loro le parlarono a grandi linee dei suoi problemi in famiglia. Non aveva mai voluto affrontare quei discorsi con Sid. Si sentiva invadente ma ora era decisa ad andare a fondo. Doveva aiutarlo.

Sid ritornò a scuola due settimane dopo. Il suo viso era provato, ma sembrava più tranquillo. Elena gli andò subito vicino e lo salutò calorosamente. Le sorrise con un po’ di imbarazzo, che sparì all’istante appena vide che l’amica lo accoglieva a braccia aperte, senza riserve.

«Oggi ho il turno della mensa» gli disse mentre si alzava, «ci vediamo dopo.» Si avviò svelta verso la mensa, dove avrebbe aiutato le operatrici con altre tre compagne. Dovevano preparare i tavoli per i trecento ragazzi del collegio, quando Sid la chiamò: «Elena, mi accendi una sigaretta per piacere?  L’accendino non funziona».

Sorridente, lei prese la sigaretta e andò in cucina. Sid la seguì. Lei disse: «Sid non puoi stare qui, lo sai!» «Sì lo so, ma non voglio che pensino che fumi tu! Sono pronte subito a parlare male di tutti alle spalle.»

5Elena lo guardò con affetto e, in quel momento, sembrò quasi che fosse lei ad avere bisogno della sua protezione. Allungandogli la sigaretta gli disse: «Ci vediamo dopo pranzo. Ora devo darmi da fare. Ciao!»

Si trovarono dietro al collegio in un angolo appartato, dove di solito non c’era anima viva. Elena gli propose di uscire a fare una passeggiata per le strade della città. Gli avrebbe parlato. L’avrebbe fatto confessare e lo avrebbe aiutato. Voleva tanto bene a questo ragazzo dall’aria strafottente e arrogante ma dall’animo buono e sensibile come pochi.

«No!» le rispose lui, secco. «Perché Sid?» «Perché non voglio che ti vedano in giro con me. Tu non sei come me. Tu sei una ragazza a posto, una brava ragazza che io ho avuto la fortuna di avere come amica» disse lui con una sincerità disarmante.

Le si riempirono gli occhi di lacrime. Si avvicinò e gli appoggio una mano sulla guancia. Lui appoggiò la testa sul suo petto. Lei gli accarezzò i capelli, gli baciò gli occhi sofferenti, le guance, il viso. Fu allora che altri sentimenti, oltre l’affetto, si fecero largo in lei. Vederlo così indifeso la inteneriva ma averlo così vicino, tra le sue braccia, incendiava i suoi sensi. Il cuore cominciò a batterle forte e il suo respiro diventò più rapido, senza controllo. Il seno si alzava e si abbassava al ritmo del suo cuore. Sentì un calore tiepido tra le gambe. Continuò a baciarlo finendo sulle labbra che emanavano l’ardore e il desiderio di un bacio. In quel momento gli disse che non gliene fregava nulla di quello che pensavano gli altri. Che lei stava bene in sua compagnia, che lei… E mentre parlava continuava a baciarlo. Sid ricambiò, prima timidamente poi con più trasporto. Le morse con delicatezza le labbra, le assaporò a lungo, le infilò la lingua in bocca mentre con mani tremanti le toccava il seno. In quel momento tutto si fermò, sembrò non esistesse nessun altro all’infuori di loro due.

Appoggiati dietro quel grande albero si spogliarono e si donarono senza freni. I loro cuori battevano a mille, le mani impazienti esploravano i loro corpi con tale intensità da fonderli quasi in uno solo. Sid, per la prima volta, si fidò ciecamente di una persona e si lasciò andare in confessioni. «Ti amo» le disse alla fine, con la voce ansante dal godimento. Lei lo strinse al petto come se nascondesse un piccolo tesoro.

Si alzarono prendendosi per mano e,in quel momento, Sid le fece una promessa: «Elena cambierò per te, vedrai. Metterò la testa a posto». Elena lo baciò, ma lui si allontanò mettendole un dito sulle labbra in segno di ammonimento: «Elena, questo di oggi sarà il nostro segreto! Non è l’ora di confessarlo a nessuno, ti devo meritare e ce la farò, vedrai!».

Erano felici quel giorno, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, dice il proverbio. E con Sid andò proprio così.

Un giorno, finita la scuola, rimasero a lungo a chiacchierare tra loro, poi lui andò a spasso con i suoi amici. Elena, invece, seduta sulle scale con le sue amiche stava leggendo a voce alta un romanzo che aveva fatto molto scalpore in quel periodo.

Interruppe la lettura a causa di urla provenienti dall’entrata della scuola. All’inizio non capiva cosa fossero, ma poi lo scoprì. Si trattava della consueta sceneggiata di Sid, a seguito dell’ennesima assunzione di alcol o droghe.

Urlava parole incomprensibili maledicendo insegnanti, psicologi, genitori. Elena gli andò vicino e cercò di parlargli ma lui non l’ascoltava. Tentò di guardarlo negli occhi e vide la sua follia, senza che lui neppure se ne accorgesse. I suoi occhi guardavano nel vuoto ed erano lucidi come avesse la febbre alta. Era come fossero indemoniati. Un fuoco di odio, di distruzione, si vedeva al loro interno ed Elena ebbe paura. Per la prima volta ebbe paura. Cercò di scacciarla via e gli posò la mano sul braccio. Sid non si accorse di nulla.

Prese dei grossi sassi, li sollevò e cominciò a lanciarli a destra e a manca senza nessun obbiettivo particolare. Uno la colpì di striscio sulla spalla, ma non sentì dolore. Il dolore che provava in quel momento era tutto dentro la sua anima.

Un amico di Sid la prese per il braccio e la allontanò. Elena non andò via ma osservò la scena da lontano. Una macchina della polizia irruppe nel giardino della scuola. Volevano portare via Sid. Lui si dimenava e cominciò a dare calci e pugni ai poliziotti che, a loro volta, reagirono con i manganelli.

Elena si liberò dalla presa nella quale era costretta e cominciò a urlare all’indirizzo dei poliziotti. «Voi non dovete toccarlo! Avete capito? Mettetegli le manette ma non picchiatelo. Come vi permettete? Non ha ancora neanche compiuto diciotto anni!» gridava piangendo a dirotto.

Una delle guardie le si avvicinò e cercò di calmarla. Le parlò come un genitore avrebbe parlato a sua figlia. Elena piangeva e singhiozzava vedendo il suo amico portato via come un animale in gabbia, senza nessun riguardo, senza nessuna dignità. Provò pena per lui e strazio per quello spettacolo. Capì di non poter più fare nulla per aiutarlo. Scossa tornò in camera e pianse tutta la notte e tutto il giorno seguente. L’avevano ferita. Lui l’aveva ferita.

Dopo tre giorni Sid fu riportato in collegio. Nessuno aveva sporto denuncia e alla centrale non potevano tenerlo di più. Appena arrivò chiese ai suoi amici chi fosse presente quando aveva fatto la sceneggiata. Quando gli raccontarono di Elena, di come le aveva tirato addosso i sassi, di come lei avesse litigato con i poliziotti per proteggerlo, si sentì morire. Dentro di lui era morta l’ultima speranza. Lasciò la scuola e, da quel giorno,nessuno lo vide né seppe più nulla.

Due anni dopo, per le strade della capitale, Elena stava andando all’università, entusiasta. Le piaceva tanto la facoltà scelta e sprizzava gioia da tutti i pori. Camminava in fretta ma una sagoma barcollante attirò la sua attenzione. In essa riconobbe Sid, più alto, più magro, più ubriaco. Tanto da non reggersi in piedi.

Ricordi dolorosi le affiorarono alla mente. Convinta che lui non l’avrebbe nemmeno riconosciuta, anche se gli avesse rivolto la parola, cambiò strada sussurrando un «perdonami, Sid» tra i singhiozzi mentre lacrime salate le rigavano il viso. Si era vergognata. Di lui, di se stessa che non aveva potuto fare nulla nonostante l’amore che stava sbocciando tra loro. Un amore grande, eppure troppo debole per riuscire a salvarlo. Un amore che Sid aveva soffocato alla nascita.

(Dal libro “Riflessa in uno specchio rotto”)

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