Siamo in un paese cattolico e chi da altri continenti venisse a visitare i nostri monti, magari anche per salire sulle loro vette, se ne renderebbe velocemente conto dato che vi vedrebbe allocate sia croci di dimensioni diverse sia monumenti attestanti la medesima fede (lapidi, cippi, cappelle di diverse fogge e dimensioni a seconda dello spazio disponibile sulla cima).

Segni tangibili di un’epoca, quella dei due secoli scorsi, da quando gli umani si misero in testa di salire in cima ai monti e di non limitarsi a frequentarne le balze, in cui veniva spontaneo a molti erigerli come riconoscimento all’Entità superiore, segno di gratitudine, ma anche fonte di protezione spirituale ed energia da infondere a chi poi doveva tornare a valle; in qualche caso anche una campana a suggellare la felicità per l’avvenuta “conquista”.

Ora però ci viene da scrivere che già da un po’ qualcuno si interroga se sia ancora necessario suggellare un luogo naturale da ammirare in quanto tale con questi interventi che sono pur sempre di appropriazione.

La montagna, oltre quelle già esistenti, ne ha bisogno? non penso, i nostri monti per forza devono presentarsi come presidi della nostra Fede? non credo, abbiamo le chiese, purtroppo spesso vuote.

Ora che tutti gli abitanti del pianeta sono in movimento e ognuno sale dove gli pare (salvo i monti posti in aree geopolitiche critiche) vale ancora segnalare al buddhista, all’induista, al mussulmano, all’ateo e all’agnostico che il raggiungimento della vetta deve incrociarsi con un’attestazione di fede?

Badate bene, per non essere frainteso, quello che già c’è può benissimo restarci anche se talune installazioni paiono francamente fuori luogo e fuori scala, ma continuare a occupare luoghi ancora intonsi con questi simboli non corre il rischio di passare per un’appropriazione indebita?

Anni fa, su una delle nostre cime, un’escursionista belga mi chiese: -Siete sicuri che piantare croci su ogni cima rafforzi la fede di chi la raggiunge? Non vi ponete il problema che invece qualcuno ne rimanga infastidito? – lo chiedeva senza acrimonia, solo per capire.

Accade in questi giorni (fine giugno 2023) che il Presidente del CAI prenda la distanza da Pietro Lacasella e Marco Albino Ferrari responsabili della stampa CAI per aver discusso di un libro che trattava di questo argomento, non per eliminare le croci di vetta, ma solo per chiedersi se in questo contesto storico abbia ancora senso affermare la propria Fede continuando nella pratica di posizionare nuove croci sulle nostre montagne.

Il brutto di questa storia, a quel che ne ho capito a oggi I° luglio, e che la presa di distanza della Presidenza CAI sembra conseguente alla critica, totalmente fuorviante rispetto ai contenuti discussi, dei ministri Santanchè e Salvini che hanno gridato allo scandalo, come se qualcuno avesse voluto lanciare una crociata anticristiana solo per aver posto il problema!

Per fortuna i collaboratori del portale online del CAI “Lo scarpone” hanno espresso il dissenso nei confronti della loro Presidenza e, nel caso questa non receda, sembra annuncino le loro dimissioni in massa.

Spero che tanti soci di questo grande Club possano esprimere l’dea che si può essere cristiani e cattolici anche accontentandosi dei simboli già esistenti; se poi si vorrà continuare a porne altri sulle cime, per carità nessuna guerra di religione ne nascerà, almeno spero.

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