“Il futuro uomo tedesco non sarà un uomo di libri, ma piuttosto un uomo di carattere”. Ebbe a dire il ministro della Propaganda nazista Joseph Goebbels in occasione del rogo dei libri avvenuto nella notte del 10 maggio 1933 a Berlino. A quale carattere aspirasse il ministro è noto.
Vennero dati alle fiamme venticinquemila volumi nella sola Berlino. Roghi che continuarono nei territori occupati durante la guerra. Era necessario bruciare tutta la cultura che i nazisti consideravano antitedesca per motivi politici e razziali.
Al rogo i testi di Karl Marx, Bertold Brecht, di scrittori tedeschi contrari al nazismo: Thomas Mann, Erich Kästner, Heinrich Mann ed Ernst Gläser. Al rogo anche i libri di autori stranieri come Ernest Hemingway e Jack London. Al rogo le Bibbie e le pubblicazioni dei Testimoni di Geova, la biblioteca e gli archivi dell’Istituto per la Scienza della Sessualità, per posizioni non ostili nei confronti dell’omosessualità e della transessualità, i libri di autori ebrei, Franz Kafka, Arthur Schnitzler, Franz Werfel, Max Brod e Stefan Zweig. La distruzione riguardò anche l’arte e la musica perché considerate fonte di degenerazione.
Che relazione esiste tra questo non così lontano evento e l’indagine sulla povertà educativa rilevata dalla seconda Ricerca sulla povertà educativa in Italia, realizzato da Fondazione L’Albero della Vita Onlus (FADV) con la supervisione scientifica dell’Università degli Studi di Palermo? Sono stati individuati vari parametri: leggere, visitare città, entrare nei musei, andare al cinema, esprimere le proprie emozioni……
La “povertà educativa” viene definita come “la privazione da parte dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”.
Tra i due fatti esiste una relazione fortissima. Bruciare i libri ha un alto valore simbolico. Significa tenere in spregio la cultura. Il ministro Tremonti affermò “Con la cultura non si mangia”. Dichiarazione in parte corretta in modo poco convincente. Tant’è. Non sostenere l’istruzione e la cultura attraverso le istituzioni pubbliche (scuole, università, biblioteche, musei, teatri, cinema, conservatori) significa lasciare cittadine e cittadini senza strumenti per indagare la realtà, esprimere opinioni motivate. Significa indebolire il tessuto democratico.
Leggere è scoprire ed esplorare mondi, vivere e confrontarsi con esperienze lontane e vicine, sognare, imparare parole per dire e per dirsi, arricchire il proprio mondo interiore. È acquisire la capacità di argomentare, è farsi spazio nel mondo. Visitare le nostre città piene di capolavori artistici, entrare in un museo, camminare nella natura, è avvicinare la bellezza. Così come fare attività sportiva è entrare in contatto con le possibilità del corpo, misurarsi con le proprie abilità, socializzare.
- Povertà educativa:
tra i 454 beneficiari del programma nazionale di contrasto alla povertà ‘Varcare la soglia’ il 43% non possiede a casa libri adatti alla propria età e al proprio livello di conoscenza, il 53% non è mai stato al cinema nell’ultimo anno e il 78% non ha partecipato a visite al patrimonio artistico, culturale e ambientale. A praticare sport è solo il 17% del campione, mentre a leggere solo il 15%. Il 50% degli intervistati non sa esprimere felicità quando capita qualcosa di bello, o gioire appieno dei propri successi (65%). Anche quando si tratta di esprimere liberamente il proprio entusiasmo in occasione di feste e incontri con gli amici il 67% non si sente capace di farlo. Se a non saper esprimere felicità in media sono il 50% dei bambini, la percentuale cresce all’81% se si considerano le fasce più in difficoltà. Stessa cosa se si considera chi è in grado di gestire frustrazione e rabbia (rispettivamente 76% e 91%).
- Italia: un paese che non legge
Dai dati del 2022 sulla lettura di libri e la frequenza nelle biblioteche in Italia divulgati dall’Istat, nel 2022 il 39,3% di persone di 6 anni e più ha letto nell’ultimo anno almeno un libro per motivi non scolastici o professionali. La percentuale delle lettrici è del 44%, quella dei lettori del 34,3%. Vi sono più lettori nel Centro-nord: nel 2022 ha letto almeno un libro il 46,3% delle persone residenti nel Nord-ovest, il 45,8% di quelle del Nord-est e il 42,4% di chi vive nel Centro. Al Sud la quota di lettori è del 27,9% mentre nelle Isole vi sono differenze tra la Sicilia (24,0%) e la Sardegna (40,0%). L’abitudine alla lettura è più diffusa nei comuni centro delle aree metropolitane, un lettore per quasi la metà degli abitanti(47,8%). Tra le persone con un’età pari o superiore ai 25 anni, legge libri il 68,9% dei laureati, il 43,2% dei diplomati e solo il 17,1% di chi possiede al massimo la licenza media.
- Italia: un paese che investe pochissimo in istruzione
L’Italia è il Paese europeo che, in percentuale rispetto alla propria spesa pubblica, investe meno nella scuola dell’obbligo, nell’università, e in settori della formazione. Investe l’8,0% della propria spesa pubblica nell’istruzione, all’ultimo posto della classifica dopo la Grecia (8,3%). La media Europea è del 10,0%.
Nel 2019 l’Italia ha speso per l’istruzione 70 miliardi di euro, rispetto ai 122 del Regno Unito e ai 128 della Francia, paesi con una popolazione di poco maggiore della nostra.
I docenti della scuola italiana vengono pagati meno (in media) dei loro colleghi europei.
Nell’anno scolastico 2018-2019, centodue mila studenti hanno lasciato gli studi, di cui 86.620 nelle scuole superiori. Dato che aumenta in percentuale quando vi siano disuguaglianze già esistenti: tra Nord e Sud, tra centro e periferie, o tra alunni italiani e non italiani.
Secondo l’OCSE il livello di analfabetismo funzionale del nostro paese cioè “l’incapacità totale o parziale di un individuo nel comprendere e valutare in maniera idonea le informazioni che quotidianamente elabora” è calcolato nel 46,3% della popolazione tra i 16 e i 65 anni, il 20,9% in maniera grave e il 25,4% in maniera non grave.
Condannare le nuove generazioni e la popolazione all’ignoranza porta all’incapacità di comprendere la situazione politica nazionale e internazionale e, di conseguenza, all’impossibilità di agire per cambiare le cose.
Don Milani diceva: “La povertà dei poveri non si misura a pane, casa, a caldo. Si misura sul grado di cultura e sulla funzione sociale”. Su un muro della scuola di Barbiana si trova ancora oggi questa scritta: “L’operaio conosce 300 parole, il padrone 1000. Per questo è lui il padrone”
E ancora Gramsci: “La conquista dell’egemonia culturale è precedente a quella del potere politico e questa avviene attraverso l’azione concertata di intellettuali organici infiltrati in tutti i mezzi di comunicazione, di espressione e nelle università”.