Il 10 maggio 2012 il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione secondo cui la data del 6 Marzo di ogni anno sarà considerata Giornata europea dedicata ai Giusti di tutti i Genocidi.
La Repubblica italiana, conformemente a tale risoluzione, con una legge del 20 dicembre 2017 ha riconosciuto il 6 Marzo come “Giornata dei Giusti dell’umanità, dedicata a mantenere viva e rinnovare la memoria di quanti, in ogni tempo e in ogni luogo, hanno fatto del bene, salvando vite umane, si sono battuti in favore dei diritti umani durante i genocidi e hanno difeso la dignità della persona, rifiutando di piegarsi ai totalitarismi e alle discriminazioni tra esseri umani”.
Facendo degli esempi, ci si riferisce, con queste parole, a non ebrei che salvarono ebrei durante la Shoah; a turchi o non armeni che salvarono armeni durante il Metz Yeghern , il genocidio che si abbatté sugli armeni d’Anatolia nel 1915; a tutzi, altri africani o europei che salvarono hutu in Ruanda nell’estate del 1994; a serbi, bosniaci, croati, che nel corso del conflitto interetnico che ha infiammato l’ex Jugoslavia dal 1992 al 1995, non hanno ceduto alle subdole sollecitazioni delle rispettive propagande ultranazionaliste, ma si sono aiutati e protetti vicendevolmente.
Tutti costoro operarono per il Bene altrui in modo gratuito, pur consapevoli dei pericoli cui andavano incontro, ma rispondendo alla voce della propria coscienza. Persone comuni che a un certo punto della loro vita hanno sentito di essere dinnanzi a un bivio: fingere di non vedere, oppure agire. E hanno agito, compiendo gesta eccezionali, senza avere la benché minima aspirazione alla gloria, senza credersi santi o eroi. Anzi, una volta concluso il loro operato, sono tornati alla vita di tutti i giorni, senza parlarne con nessuno.
Il primo concetto di Giusto è stato elaborato nello Stato di Israele, dove nel !953 la Knesset ha ritenuto necessario che, accanto al Museo della Shoah di Gerusalemme fossero ricordati anche tutti coloro che, a rischio della loro vita, avevano lottato per salvare tanti ebrei dalla persecuzione e dalla morte. I “Giusti per le Nazioni” sono proclamati tali da un apposito Tribunale del Bene, e onorati con la piantumazione di un albero nel Giardino dei Giusti che sorge a Gerusalemme.
Tra di loro alcuni sono nomi noti, come Gino Bartali, di cui per tanti anni si sono conosciute solo le imprese sportive, Oskar Schindler e Giorgio Perlasca, resi famosi anche attraverso il grande e piccolo schermo. Poi forse non molti sanno che Carlo Angela, medico psichiatra antifascista, anch’egli salvatore di ebrei, era rispettivamente padre e nonno di Piero e Albero Angela.
Spesso ci capita di non sapere che alcuni Giusti per le Nazioni vissero nelle nostre città: a Treviso ad esempio operarono per la salvezza di molti ebrei perseguitati, don Ferdinando Pasin e il notaio Elio Gallina.
Il modello tracciato dallo Stato di Israele è stato seguito da altri Paesi, in cui si fa memoria di un genocidio. Nell’attuale Repubblica d’Armenia, accanto all’imponente Monumento al Genocidio, nella capitale Erevan, è stato eretto il Muro della Memoria, dove sono tumulate le ceneri, o un pugno di terra dei luoghi di sepoltura, di numerosi Giusti per il popolo armeno: in tal caso si tratta di missionari occidentali che operarono sul posto durante i massacri, sottraendo soprattutto donne e bambini alle stragi, diplomatici o funzionari ottomani che cercarono di bloccare l’infernale macchina genocidaria. Tra tutti costoro, ricordiamo Armin Wegner, militare tedesco che prestava servizio presso la Croce Rossa del suo esercito in Anatolia quando il genocidio era in atto: egli scattò numerose foto, raccolse testimonianze, che sono una delle più importanti documentazioni raccolte in tempo reale su quanto stava avvenendo.
È necessario a questo punto sottolineare che esistevano leggi molto severe che proibivano ai turchi, o ad altri stranieri, di prestare aiuto agli armeni; lo stesso valeva per gli “ariani” che soccorrevano gli ebrei. Nella ex Jugoslavia gli squadroni di paramilitari delle diverse parti in lotta, si accanivano senza pietà su coloro che osavano aiutare che avrebbe dovuto essere percepito come “il nemico”, perché di altra etnia; stessa logica stava alla base delle violenze compiute dagli spietati interahamwe contro gli hutu che proteggevano i loro connazionali tutzi.
L’idea di creare un giardino, di dedicare un albero a un Giusto, è una intuizione bellissima. Un albero fiorisce, dona dei frutti, purifica l’aria, è simbolo di vita: la vita che i Giusti hanno preservato a tanti perseguitati, in genere dei perfetti sconosciuti, ma bisognosi di essere salvati.
In molte città sono stati creati Giardini dei Giusti. A Milano ha sede un vasto importante Giardino a Monte Stella, in cui sono onorati assieme ai Giusti per i diversi genocidi, anche molte persone che nella storia più lontana o recente hanno lottato e lottano per la giustizia e la salvaguardia dei diritti umani. Un nome fra tutti, la giornalista russa Anna Politkovskaja, che ha pagato con la vita le sue coraggiose inchieste sulla guerra in Cecenia.
A Padova, dal 1908, esiste il “Giardino dei Giusti del Mondo”, in cui sono stati negli anni, onorati molti Giusti per il Genocidio armeno e per la Shoah, e anche per il Genocidio ruandese e quello bosniaco. A ognuna delle persone qui ricordate è stato dedicato un albero personale, scelto con cura, uno differente dall’altro, a seconda della personalità, del luogo d’origine del Giusto o della sua esperienza di vita. Tra questi, sono stati onorati, con un melograno, Pierantonio Costa, console onorario d’Italia in Ruanda e fautore di molti salvataggi, soprattutto di bambini, e Gabriele Moreno Locatelli, un pacifista che morì a Sarajevo durante l’assedio, freddato da un cecchino, mentre stava portando aiuti umanitari; per lui è stato piantato un melo cotogno. Alle cerimonie di piantumazione sono sempre intervenute molte scolaresche, non come semplici spettatori, ma come membri attivi. È infatti di fondamentale importanza che i giovani conoscano queste storie esemplari: esse educano alla libertà di pensiero, alla capacità di avere uno sguardo critico nei confronti di propagande subdole e pericolose, e alla solidarietà.