Nel 1993, uno studioso americano, Francis Fukuyama  scrisse un saggio di geopolitica dal titolo “La fine della storia”. Il crollo dell’Urss e la dissoluzione del patto di Varsavia parevano far prevedere un futuro in cui le dinamiche dei rapporti tra nazioni, la storia come l’avevamo conosciuta nel corso del ‘900,  si fosse messa su un binario definitivo che sanciva la superiorità del modello sociale liberal-democratico e occidentale.

È un sogno, svanito.

La storia è sempre in movimento e, con la guerra in Ucraina, sta accelerando.

Il mondo ha di fronte grandissime sfide.

Da oltre quattro mesi una larga parte del popolo dell’Iran si sta opponendo al regime degli ayatollah.

E’ una battaglia: dove si lotta e si è repressi, incarcerati, feriti e anche uccisi in piazza o giustiziati.

Non vogliamo qui fare la contabilità, tremenda, dei cittadini iraniani colpiti dal regime. Vogliamo ragionare  su uno sforzo che stiamo facendo per portare l’Iran nelle scuole del territorio.

Crediamo che la scuola debba aprirsi al mondo, che i giovani possano trovare nel percorso d’istruzione non solo gli strumenti per decodificare il mondo, ma anche vedere ciò che accade, ragionare su quanto di questo presente agirà sul loro futuro.

Che non potrà essere affrontato, poiché non possiamo prevederlo con statica precisione, se non attrezzandoci con la conoscenza e il confronto costante.

Da dicembre il dottor Mohsen Hamzehian (rappresentante dell’Unione per la Democrazia in Iran) assieme ad attivisti iraniani stanno portando in alcune scuole la testimonianza delle lotte del loro popolo.

Le scuole, attraverso i loro docenti, offrono così agli studenti un pezzo di un “programma” non strettamente disciplinare: cosa sta accadendo in un grande paese? Qual è la storia di questo paese e come si è arrivati a una situazione tanto complessa quanto drammatica? Quali sono i valori in gioco? In che modo siamo coinvolti? Cosa possiamo fare di fronte a questa grande battaglia per la libertà e i diritti umani?

Non è forse un salto di qualità della scuola questo accompagnare i propri studenti nel presente verso il futuro senza che questi siano obbligati a cercarsi da soli i ragionamenti su ciò che accade?

Non è un modo costruttivo e istituzionale per comporre una comunità di cittadini informati e capaci poi di operare, legittime e personali, scelte?

Negli incontri con centinaia di studenti troviamo una grande attenzione e sensibilità.

Il tema della lotta delle donne iraniane e questa battaglia per la libertà colpisce i giovani. Possono poi non condividerla, possono girarsi dall’altra parte perché la  loro vita quotidiana li porta su altri interessi (legittimi), ma la sentono, percepiscono la posta in gioco e molti si emozionano.

Si emozionano perché  un popolo che rivendica donna-vita-libertà parla a tutti, perché si sente che non ci può essere società civile se vengono negati i fondamentali diritti alle donne.

E che questa è una strada su cui tutti, anche noi paesi d’Occidente, ancora dobbiamo avanzare.

L’Iran a scuola, quindi, parla a noi: mette a confronto la nostra democrazia imperfetta con le autocrazie, le nostre libertà con la repressione, i nostri privilegi con la miseria.

E, forse, da questo confronto possiamo essere stimolati a presidiare meglio il territorio democratico e a solidarizzare, usando cuore e ragione, con ogni battaglia per conquistare più libertà e più diritti.

1 COMMENT

  1. Forse resteranno isolate voci nel deserto (del dibattito pubblico del nostro Paese). Profeti insascoltati. E’ probabile. Inutile farsi illusioni su un cambio repentino di strategie – limitandoci all’Occidente democratico – che favorisca l’esaurimento fino alla caduta del feroce regime degli Ayatollah. Ma l’iniziativa di Mohsen Hamzehian e degli altri attivisti dell’opposizione iraniana, arriva come una salutare pioggia in questo deserto. Speriamo, non breve, non occasionale. E’ nella scuola che si comincia a formare le coscienze e la cultura dei diritti umani e del rispetto fra i popoli. Vi auguro un grande successo. Anche fra i giovani degli istituti del Trevigiano.

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