Simona Moraci scrittrice, giornalista e insegnante messinese dopo il successo di “Duecento giorni di tempesta”, in novembre è tornata in tutte le librerie con un nuovo romanzo dal titolo “L’Eterno”. Ci sono libri che rimangono sulla superficie e scorrono rapidi senza lasciare traccia; altri invece che riescono a fagocitare il lettore e a liberarlo solo dopo aver letto la parola FINE.

Questo è proprio il caso de “L’eterno” in cui si viene inghiottiti in un noir fantasy dai toni cupi ambientato nella Parigi del dopo Bataclan. Ovunque si stia leggendo il libro, ci si trova improvvisamente a passeggiare in modo furtivo nella Banlieue parigina insieme a due dei protagonisti, Irene e Sandro, giornalisti che loro malgrado si trovano a dover indagare su una serie di efferati delitti avvenuti proprio nella periferia della Ville Lumière.

La vicenda si farà sempre più complicata quando sulla scena appariranno Mike, Ethan e Laurent tre figure eteree apparentemente umane, ricche di segreti secolari che, per motivi assai differenti, stringeranno le loro spire intorno alla coppia. Riemergere da un libro emozionante ed appassionante è sempre difficile e lo è ancor di più se lascia molti nodi irrisolti e domande aperte. Per questo motivo abbiamo voluto intervistare, Simona Moraci, per carpire qualche segreto dell’autrice e, in fin dei conti, per conoscere meglio i suoi protagonisti.

L’intervista

“Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver freddo o fame” (Cit tratta da: “La storia infinita”). Inizio la mia intervista con questa citazione tratta da un libro che ho adorato da bambina e che rispecchia il mio sentire in merito a “L’Eterno”.

Se tu prendessi in mano il tuo libro ora, ti sentiresti così?

“L’Eterno” è uscito in libreria il 24 di novembre, quindi sento ancora un legame abbastanza forte con il libro e ho nostalgia di Ethan e degli altri protagonisti. Per questo motivo, a volte, la sera rileggo qualche paginetta e rimango ancora per qualche istante abbracciata a lui (ride). Come autrice penso che il distacco si maturi col tempo infatti, quando termino i miei libri, mantengo ancora un  legame sentimentale con loro. Nel periodo dell’adolescenza mi sono innamorata della letteratura gotico-decadente, di Ruthven, del “Dracula” di Stoker, di Jane Austen, di “Cime tempestose”, di Dorian Gray. Quindi è capitato anche a me come lettrice  di non riuscire a riemergere da un  libro, e mi capita anche adesso come autrice.

Come nasce un libro fantasy?

Ti posso dire come nasce un libro rispetto al mio sentire: “L’Eterno” nasce dalle passioni letterarie che ho coltivato per tutta l’adolescenza, dai miei studi universitari sulla melancolia del vampiro e, in particolar modo, dalla mia esperienza a Parigi. Ho trascorso diversi anni in questa città e ho passeggiato realmente per le piazze e le vie descritte come Place de Vosges e, come Sandro (il protagonista) mi sedevo di fronte e quei bellissimi palazzi e fantasticavo su chi potesse vivere dietro quelle vetrate. L’immaginazione ti conduce alla scrittura; infatti Ethan, come presenza nella mia vita, c’è da sempre e ad un certo punto ha assunto una sua forma e ha creato una sua storia nella Parigi del dopo Bataclan. Da circa 16 anni ho la fortuna di vivere periodicamente a Parigi, un luogo che amo profondamente, ma la Parigi dei dopo attentati è una città molto cupa divisa tra ombra e luce. La luce è la grande forza che ho trovato nei Francesi di risorgere, infatti il messaggio contenuto ne “L’Eterno” è questo amore infinito che ci permette di superare gli ostacoli e di rinascere. Ed è questo il motivo che ci porta sulla scena della Ville Lumière che volevo narrare sia nell’ombra che nella luce.

 Perché hai deciso di dedicarti alla letteratura fantasy?

In realtà ho trovato uno spazio in questo genere letterario grazie alle letture fatte durante l’adolescenza, ai personaggi meravigliosi che ho incontrato nelle pagine lette e alla melancolia del vampiro alla quale sono ancora legata. In realtà un libro lo scrivi perché in un determinato momento della tua vita senti di poter raccontare una storia ed io ero arrivata al punto di voler rendere omaggio a ciò che avevo amato. Ethan è un angelo e ha le caratteristiche letterarie dei miei personaggi preferiti: è collerico come Dracula di Stoker, sensuale come Carmilla di Le Fanu e gelido come  Lord Ruthven di Polidori. Queste suggestioni letterarie hanno certamente influenzato il modo di scrivere il mio libro, ma la vera sfida è stata portare la storia a un livello di scrittura attuale e rapida. Per farti capire, l’Arcangelo, che è uno dei cattivi, usa Instagram e i social quindi ho dovuto riadattare tutto ai canoni di questo secolo che è un secolo veloce. Ne è nato questo libro che scorre via rapidamente e abbraccia una parte degli interessi letterari che ho sviluppato durante l’adolescenza, il periodo in cui ci si forma letterariamente.

In chi ti identifichi nel libro?

Sono molto legata all’Eterno. Avendo come narratore interno Ethan penso sia molto divertente pensare e soffrire come lui che, come dice il figlio Laurent, non riesce ad accettare e a capire il secolo in cui vive e da questo malessere nasce la sua rabbia. Lo trovo un personaggio molto interessante: la cosa affascinante della scrittura è proprio il fatto che ti consente vivere nel personaggio e col personaggio che, ad un certo punto, deve diventare altro da te.

Da cosa hai preso ispirazione per il tuo libro?

Mi sono ispirata sicuramente a tutto quello che riguarda la mia area di competenza e, per la stesura,  non ho considerato solamente un autore. Durante i miei studi universitari mi sono dedicata alla ricerca sugli Irin , angeli incarnati a cui Dio affidò il compito di vigilare sugli uomini, ma che attratti dalle figlie dell’uomo stesso, se ne innamorano cadendo dalla grazia di Dio. Il libro nasce dalla voglia di riscatto della figura del vampiro- non vivo e non morto-perennemente inquieto e agitato per questo suo essere ambivalente, come tutti i personaggi del romanzo. Come ti dicevo prima, la fonte di ispirazione letteraria sono stati i libri letti in gioventù, mentre ho scelto come scena Parigi perché viene dal mio vissuto: ho fatto la giornalista in questa città, ma non con la fortuna di Sandro (ride). Nel mio girovagare per Parigi sono stata fortunata perché ho potuto seguire per la “Gazzetta del Sud” la stessa mostra che segue Irene nel romanzo, quella sul Romanticismo nero al Musée d’Orsay dove ho ritrovato lo ombre letterarie della mia giovinezza. La figura di Rebecca prende vita dalla visione di questa esposizione che ho amato molto. “L’Eterno” nasce da questa letteratura gotico-decadente e dall’esperienza molto forte del mio vivere a Parigi.

Nel libro ci sono nodi irrisolti e domande aperte? Ci sarà un sequel? O un film?

Il film rimane il mio sogno. “L’Eterno” a livello narrativo si presta ad una trasposizione cinematografica, lo vedrei bene anche se diventasse una serie televisiva. Si presta perché all’interno c’è la regola del sospeso: l’autore lascia delle story lane,  alcuni spunti più velati per vicende che non si risolvono. Io lascio tracce aperte per creare nel lettore un senso di attesa anche perché diventa difficile risolvere trame complesse in un unico libro. Ed è per questa ragione che amo i finali aperti proprio come la vita. Nella vita, infatti, non sai mai cosa ti riserverà il futuro. È così anche per l’Eterno che vive da molti secoli e rimane come tutti un po’ sospeso, maltrattato da un Dio in cui crede e per il quale il futuro rappresenta sempre un’incognita. Mentre Laurent è la scintilla divina e ha una visione più razionale del tutto essendo figlio dell’Illuminismo, Ethan è un uomo d’altri tempi e il futuro lo vede sempre un po’ incerto.

Raccontaci i personaggi e i loro nomi…

Irene è la bella vampirizzata, io riprendo questo filone della letteratura gotico-decadente e lo modernizzo. Lei, infatti, in queste sue vite, ammesso che sia la reincarnazione del grande amore di Ethan, è buona ed è totalmente innamorata del vampiro. È un personaggio dolce anche perché quelli ambivalenti sono Ethan e Sandro. Tutto il background di Sandro l’ho costruito grazie alle esperienze fatte come insegnante nelle scuole a rischio dove ho incontrato bambini che non hanno infanzia e adolescenti che crescono per strada. La sua figura nasce da ciò che ho visto e quindi lui porta dentro di sé questa ambivalenza. Poi ci sono i nomi: Aléxandros significa colui che difende gli uomini, Irene è la pace, quindi lei è buona in assoluto, Ethan in ebraico vuol dire l’Eterno. I nomi presenti nel libro sono simbolici e rappresentativi del ruolo dei personaggi stessi.

La scelta di Parigi non è casuale, perché proprio questa città per l’ambientazione del tuo libro?

La conosco e quando sono lì mi sento a casa. Molte delle cose che fanno loro, le ho fatte anch’io e i posti descritti non sono inventati, esistono nella realtà come, ad esempio, lo “Chat Blanc”. Sono i luoghi dove ho vissuto, dove amo trascorrere il mio tempo; passo ore e ore a Place de Vosges e al Marais. Insomma, la scelta di Parigi è autobiografica, fa parte della mia vita.

Hai scritto un libro sulla tua esperienza di insegnante in contesti difficili, come mai questo cambio di rotta?

Semplicemente perché pensavo fosse il momento che “L’Eterno” vedesse la luce, era un progetto che avevo in mente da tempo e, in qualche modo, gli ho dato una nuova vita. Ce l’avevo nel cassetto da qualche tempo, ma avevo bisogno di riadeguare la scrittura e di farlo diventare un po’ più mio; se ci pensi il nostro modo di scrivere si evolve quando maturiamo. Era in cantiere da molto ma per vicende personali ho deciso prima di scrivere altri romanzi come “Duecento giorni di tempesta” e prima ancora un libro sui giornalisti dal titolo “Giornalisti, e vissero per sempre precari e contenti” che si sviluppa come una commedia brillante. “L’Eterno” mi dà la possibilità di vivere il sogno, rappresenta il fantasy, la sfumatura gotica di cui avevo bisogno in questo momento. Avevo bisogno di Ethan.

Qual è il genere in cui ti senti più a tuo agio?

In realtà mi sento a mio agio in un libro quando il libro stesso mi permette di scoprire un altro universo. Sono molto legata alle mie suggestioni letterarie anche di area anglofona, alla letteratura gotico-decadente, a Jane Austen ma sono anche legata a tutta la letteratura italiana, alla poesia. Penso da lettrice che noi abbiamo un tipo di cultura letteraria che si rifà alla nostra formazione giovanile: Stoker, Wilde, Sciascia, Pirandello sono stati importanti per il tipo di autrice che sono diventata ora e fanno parte di me. Non mi precludo nessuna lettura e penso che chi legge trovi nel libro un altro universo e si faccia rapire da esso.

Quanto di autobiografico c’è nel tuo libro pur essendo un fantasy?

C’è molto di Irene e dei luoghi di Irene nel mio libro; anche le vicende amorose sono molto personali benché trasposte su altri piani. Probabilmente c’è un po’ di me in tutti loro, anche se il personaggio che amo di più è Ethan. All’Eterno mi lega una grande passione e penso che in Ethan sia abbastanza evidente.

Samuela Piccoli
Nata nel 1973, veronese. Ha lavorato come hostess di terra al Check-in guida turistica al ceck-in dell’aeroporto Catullo di Verona. Ha svolto attività di volontariato in alcune scuole veronesi insegnando italiano a bambini stranieri e presso l’Univalpo (Libera università popolare della Valpolicella) come docente di lingua inglese base. Attualmente lavora presso la Banca Generali e collabora, come pubblicista con il “Basso Veronese”, giornale on line con sede a Legnago. Ha conseguito la laurea Triennale in lingue e culture per l’editoria e la laurea Magistrale in Editoria e Giornalismo

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