Mi è sempre piaciuta Londra, in generale, per il suo carattere cosmopolita e mi piace ancor di più durante le festività natalizie per la capacità che hanno gli Inglesi di far vivere alla gente l’atmosfera calda e avvolgente del Natale. Luci sfavillanti sulle vie principali dello shopping, bevande dagli invitanti nomi natalizi, profumo di cannella e cioccolata, muledwine (il nostro vin brulé) nei pub, maglioni con Babbo Natale in bella vista oppure orecchini a forma di renna.

Insomma, questa festività è vissuta all’ennesima potenza e nessuno si vergogna ad indossare improbabili pullover colorati o costumi di Santa Claus per bere una birra al pub. Ovunque risuonano le note delle famose canzoni di Natale conosciute in tutto il mondo che, negli anni, non hanno mai smesso di cullarmi in attesa del Natale e che forse le nostre stazioni dovrebbero programmare maggiormente. Giusto per cambiare dalle solite canzoni biascicate che ormai passano da mesi e non fanno che parlare di amori tossici o vite catastrofiche, un po’ di buonumore ci vuole, almeno in questa stagione di festa.

Note stonate…

Eppure, c’è qualcosa che stride in tutta quest’aria di festa: da amante dell’inglese e di Londra ho notato alcuni cambiamenti: molti più homeless nelle strade, meno scelta di cibi nei supermercati che hanno rincarato i prezzi, molti negozi e bar chiusi nella zona della city dove prima c’erano case finanziarie e uffici. Brexit? Pandemia? Guerra? Se domandate ad un inglese perché si trovano ora in una situazione difficile vi dirà che è colpa del Covid o del conflitto in corso tra Russia e Ucraina, ma non ammetterà di certo che una gran parte di responsabilità ce l’ha la Brexit. Un amico inglese mi ha giustificato l’atteggiamento dei suoi connazionali dicendo: “Eravamo sicuri che questo divorzio avrebbe migliorato la nostra condizione. Non siamo pronti ad ammettere che forse il matrimonio non era così terribile”.

Jingle B…Brexit

In questi anni circa 440 tra case finanziarie, banche e assicurazioni hanno spostato parti delle loro attività e dei loro dipendenti verso l’Ue, non ultime Morgan Stanley e Goldman Sachs. “l’economia britannica è ora come l’Italia e la Grecia in termini di rischio per gli investitori, e i politici non sono stati onesti rispetto ai problemi che la nazione deve affrontare” scrive il conservatore “Daily Mail” citando un ex governatore della Banca d’Inghilterra. Sette milioni di famiglie non saranno in grado di sostenere le spese di riscaldamento delle loro case, e gli inverni inglesi sono rigidi e nevosi. Per loro è stata chiesta una spesa aggiuntiva di 14 miliardi di sterline che il governo farà fatica a trovare. L’unione europea rimane essenziale per l’economia britannica nonostante i rapporti tra le due non siano chiariti, proprio come tra due coniugi che si sono appena separati. Le bugie raccontate dai politici fautori della Brexit, Johnson e Farage, si sono ritorte contro la Gran Bretagna. La più grande menzogna è stata la promessa che, uscendo dall’Europa, la Gran Bretagna si sarebbe allontanata dagli affari continentali per riprendere il suo ruolo nel mondo. Ma così non è stato.

Cosa pensano i residenti…

Ne abbiamo approfittato per chiedere ai residenti cosa ne pensano di Londra e della Brexit. Ecco cosa ci hanno risposto:

Maddi, cameriera greca del pub “Frontman” e studentessa di counseling: “Adesso è più arduo per i pub e per i ristoranti trovare personale. Hanno reso più difficile agli stranieri lavorare in Inghilterra e tutto ciò per favorire gli inglesi che, in ogni caso, non vogliono essere impiegati in determinati settori.

Francesco, dirigente nel campo della finanza:” “Quelli che lavoravano a Londra, ma avevano un reddito annuo basso, sono stati costretti ad andarsene. Se uno straniero faceva il cameriere e non era naturalizzato inglese, doveva fare domanda per l’Eu Settlement Scheme per continuare a vivere nel Regno Unito dopo il 30 giugno 2021. Uno dei requisiti per la richiesta era il reddito, sostanzialmente dovevi avere un reddito minimo, se così non fosse stato, non avresti potuto ottenere il settle status; quindi, il datore di lavoro non poteva più tenerti. Quindi non ti mandavano via, ma, comunque dovevi lasciare il Paese.”

In fuga dal Natale

Da mesi in Inghilterra si sciopera quasi giornalmente e a queste azioni partecipano quasi tutti i settori della vita cittadina con cinque milioni di lavoratori che devono affrontare l’emergenza degli altissimi costi di vita. Dal 1 al 31 dicembre si fermeranno i trasporti pubblici, gli addetti al servizio ambulanza, la polizia di frontiera, i lavoratori delle poste, i professori universitari e gli studenti (150 università hanno già scioperato), gli insegnati di scuola, i lavoratori delle ferrovie britanniche, il personale infermieristico. Quasi tutti i settori partecipano alle proteste per l’aumento dei salari e per le difficili condizioni di vita che da tempo stanno affrontando. Prima di inneggiare ad una possibile uscita dall’UE bisognerebbe riflettere attentamente sulle conseguenze. Ci insegnano fin da bambini che ogni azione ha delle conseguenze e, in questo caso, sono pesantissime.

Samuela Piccoli
Nata nel 1973, veronese. Ha lavorato come hostess di terra al Check-in guida turistica al ceck-in dell’aeroporto Catullo di Verona. Ha svolto attività di volontariato in alcune scuole veronesi insegnando italiano a bambini stranieri e presso l’Univalpo (Libera università popolare della Valpolicella) come docente di lingua inglese base. Attualmente lavora presso la Banca Generali e collabora, come pubblicista con il “Basso Veronese”, giornale on line con sede a Legnago. Ha conseguito la laurea Triennale in lingue e culture per l’editoria e la laurea Magistrale in Editoria e Giornalismo

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