Leggo su questo giornale un bell’articolo di Michele Zanetti (La sorte dei piccoli fiumi, 18 novembre) e mi viene subito voglia di rispondergli e far nascere una bella ed irrigua discussione. Invece metto alle stampe (anzi online) una intervista che ho fatto il giorno prima. Coincidenze? Melanconie autunnali? Sintonie fluviali? Boh, l’argomento è un piccolo fiume, sempre lui, lo Zero ed è stata fatta a due bravi (e disponibili) operatori del “Consorzio di Bonifica Acque Risorgive”, sono Matteo e Paolo. Il primo l’avevo già conosciuto a proposito del problema della fruibilità degli argini, del secondo avevo letto qualche intervento sulle zone umide appresse allo Zero.

Comincio come sempre dalla domanda sbagliata

Cosa fa in pratica il Consorzio per lo Zero?

Espressioni perplesse come se avessi chiesto -parlami del tuo migliore amico- ma si adeguano con pazienza.

Matteo: noi abbiamo un compito istituzionale, dobbiamo fare la manutenzione dei corsi d’acqua sotto la nostra giurisdizione e sono 2200 km. Anche per lo Zero ovviamente. Un esempio? Lo sfalcio. Lo facciamo due volte all’anno e poi c’è la sistemazione degli argini… Ecco possiamo cominciare da questo se vuoi.

A di argini va bene. E già che siamo sull’argomento ditemi qualcosa sulla sicurezza.

Matteo: oltre alla manutenzione ordinaria abbiamo anche quella straordinaria in caso di piccole frane. Gli argini? Abbiamo cambiato radicalmente approccio, usiamo solo materiali naturali come legno e pietre, niente cemento.

Scusa che legno è?

Matteo: si usano molti pali di robinia ma anche il castagno…

Ecco questo non lo sapevo, cerco di insistere sulla sicurezza quando interviene Paolo che finora mi aveva scrutato severamente.

Paolo: prima di andare avanti volevo fare una premessa così capisci il nostro modo di agire (mi metto tranquillo con il taccuino spalancato e prendo nota). I fiumi hanno uno schema che ricorda il trapezio rovesciato, un lato sopra, i due lati obliqui e un lato più stretto giù: le due sponde più o meno ripide e il letto del fiume. Finora con l’avanzare dell’agricoltura e dell’urbanizzazione il trapezio si è ristretto e quindi gli argini dovevano sempre di più irrigidirsi, meno spazio più argini. Questa filosofia noi la stiamo cambiando, abbassiamo la pendenza, creiamo spazi spondivi più larghi. Il fiume diventa più sicuro e anche più bello.

Mentalmente ripasso il trapezio (isoscele?) E cerco di fare domande più intelligenti.

Questa pratica riuscite ad applicarla su tutto il corso dello Zero?

Paolo: queste sono le intenzioni, assecondare il corso d’acqua vuol dire dargli più spazio, quindi è possibile in alcune situazioni ma non in tutte. E poi è oneroso. Significa espropriare e molte volte i proprietari sono contrari.

Argomento delicato. Cerco di tornare sul discorso della sicurezza specie a Mogliano

Matteo: ormai dopo la costruzione dell’idrovora Simionato è tutto sotto controllo. Qualche preoccupazione forse c’è per la strettoia provocata dal ponte sul Terraglio ma finora non è mai successo niente.

Quindi c’è un’idrovora a Mogliano? Fingo stupore, l’ho anche fotografata ma mi serviva una domanda ad effetto.

Matteo: sì c’è un’idrovora sulla sponda destra che ha messo in sicurezza con delle pompe la zona a ridosso dello Zero che fino a una decina di anni fa era soggetta ad allagamenti.

Insisto su Mogliano

Quali sono gli altri interventi più importanti che avete fatto sullo Zero nel moglianese?

Stavolta interviene Paolo e come prima fa una premessa e come prima zitto zitto prendo nota.

Paolo: il grande merito del Consorzio è stato questo. Un ventennio fa, finanziato dalla Regione e con l’input dell’Università di Padova ha unito insieme tre cardini: rinaturalizzazione, disinquinamento e sicurezza. Con la realizzazione di fasce tampone e aree umide ha di fatto cambiato la silhouette e la natura dello Zero.

Chi mi fa un esempio pratico e moglianese?

Matteo: a monte del mulino di Campocroce c’è una bella area naturalistica, l’abbiamo fatta allargando di 300 m lo scolo Zeretto. In pochi anni è diventata dimora per più di trenta specie di uccelli. Inoltre, e non guasta, in caso di necessità può deviare una parte della portata dello Zero salvaguardando il mulino Bertoldo che è poco dopo.

Paolo: sempre a Mogliano vicino alla grande rotonda del Terraglio abbiamo creato un’altra zona umida di tre ettari e mezzo e sono già cresciute 137 specie erbacee diverse. Anche qua abbiamo allargato lo scolo precedente, il Rusteghin e anche questo sito può contenere eventuali acque in eccesso.

Vi sento entusiasti

Matteo: beh sai noi due siamo forestali e siamo contenti di mettere a frutto le nostre conoscenze. Una volta lavorare con il Consorzio sul fiume era un compito di soli geometri, ingegneri, adesso no, si fa un lavoro di squadra.

A costo di uscire da Mogliano ma sempre seguendo lo Zero, qual è il lavoro di cui vi potete vantare?

Paolo: siamo ancora dentro al comune per poco, vicino a Bonisolo. Là c’è il sito Nicolas, se vuoi te lo illustro (preciso subito che Nicholas non è un simpatico ragazzino ma un interminabile acronimo che vi risparmio). Faccio una premessa (e ti pareva) sulle fasce tampone, sono una sorta di sbarramento naturale, come una fila di alberi o una siepe e hanno il compito di limitare l’inquinamento di origine agricola. La bella intuizione è stata questa: in un campo di seminativi è stato piantato un vero e proprio bosco di 30 ha, attraversato da una trentina di canalette e da migliaia di alberi che filtrano l’acqua in modo naturale. I risultati sono buoni, l’azoto viene assorbito. La fitodepurazione è monitorata e dopo quindici anni possiamo dire che la sperimentazione è ben riuscita. Vengono a visitarla in tanti, non solo le scuole, ma anche gruppi, l’altro giorno c’erano dei coreani…

Mi dà un libro su cui prepararmi. L’argomento inquinamento mi sfarfuglia dentro. Faccio una domanda generale generica se l’atteggiamento degli agricoltori è cambiato. C’è un piccolo colpo di scena. Da dietro uno sbarramento di computer compare un altro tecnico del Consorzio che mi dice una cosa molto interessante o perlomeno nuova per me.

Sa una cosa? Durante questa crisi, la siccità, la guerra e altro, i prezzi dei fertilizzanti sono aumentati e quindi se ne comprano meno e quindi anche l’inquinamento è diminuito…

Sì, è convincente ma mastico amaro.

Al proposito di crisi, com’è andata con la siccità?

Matteo: abbiamo prolungato il periodo di irrigazione, siamo andati all’ultima settimana di ottobre e avevano cominciato a metà marzo. Abbiamo dovuto fare delle turnazioni. D’altronde si era verificata la tempesta perfetta: pensa che in molte zone le falde avevano il picco di ottobre più basso di tutte le minime degli ultimi 30 anni!

Li sto stressando, faccio una domanda ruffiana.

Cose si intende per “manutenzione gentile?

Paolo: una volta i nostri interventi, per esempio nello sfalcio, erano radicali, i nostri operai pur bravi erano ostacolati da mille impedimenti, adesso abbiamo una sensibilità diversa. Dove si può si cerca di valorizzare l’ambiente preesistente, la biodiversità, teniamo presente il cambiamento climatico che per noi non è solo uno slogan, è proprio un rompicapo imprevedibile ad ogni nuova stagione.

Avrei altre domande ma vorrei farle direttamente al direttore generale per non metterli in imbarazzo. Gli voglio chiedere dello sfruttamento idroelettrico dello Zero, della rogna della fruibilità degli argini da parte di noi camminatori pacifici, di progetti più o meno futuribili… vediamo.

Lascio Paolo e Matteo con qualche battuta sulle nutrie, sui gamberi di fiume e sulle ricette gastronomiche che riguardano questi invasori. Un rimedio solo goloso? Ma questa è un’altra storia, anzi un’altra intervista.

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

1 COMMENT

  1. grazie mille e mille!
    Aspetto altre puntate
    Magari anche indicazioni per trevigiani ignoranti come me che esplorerebbero volentieri con una camminata il percorso dello Zero

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