Era un’intervista sospesa, nel senso che avevo promesso di farla quando avevo avuto un colloquio con Paolo e Claudio degli “Amici della musica”. Ogni discorso finiva sulla “presidentessa”, sulla “Ester”, sulla sua personalità, sulle sue storie. Ed eccomi allora qui a suonare il campanello della signora Frezza pronto ad entrare non solo in un elegante appartamento ma in un viaggio spericolato nel ‘900.

Sulla mia scrivania rileggo tutto il possibile sulle leggi razziali, su Neri Pozza e preparo le domande come fossero un compitino in bella calligrafia. Perfettamente inutile. Ester non ne ha bisogno. Lei è il Novecento.

Bella casa, me l’aspettavo, non c’è l’effetto museo ma i riferimenti ci sono tutti, o appesi alle pareti o poggiati sul tavolino, libri quadri dediche. Mi accompagna Paolo per le presentazioni ma in fretta passiamo subito all’oggetto di tutta la conversazione. Non è lei, non è la signora che mi parla della sua intensa e lunga peregrinazione tra esilii, guerre e ritorni. No. Lei mi parla di suo padre. Un commosso ricordo, attuale e totale, della figura paterna nel quale lei sembra annichilirsi. Non ho mai visto un amore filiale così perpetrato nel tempo. Ah, sì dimenticavo, sono passati settant’anni da quando lui è scomparso.

Immagino che suo padre sia stato…

E parte irrefrenabile il racconto

“Eccolo qui (mi mostra una caricatura) lui aveva il dono dell’umorismo e dell’autoironia. Molto ebraico anche questo. Ecco una sua fotografia. Una testa leonina, capelli ribelli, un naso pronunciato e soprattutto una dentatura cavallina. Pensa che nel suo biglietto da visita userà un cavallo sorridente… Che tipo per quegli anni e per la seriosa Vicenza.

Ebreo? Suo padre quindi…

Jacchia Ermes e mia zia Irene erano nati a Lugo di Romagna ed erano figli di Ezio e Alice Rietti. Famiglie antiche israelite. A Lugo, sai il paese di Francesco Baracca, era loro amico, anche mio padre combattè nella prima guerra. Lui è stato un “ragazzo del 99”. Guarda qui le sue medaglie. Pensa uno che aveva combattuto eroicamente per la sua patria costretto poi a fuggire…

Non anticipiamo, dopo la prima guerra…

Sì la guerra la combatte da eroe ma l’anno dopo mio nonno muore di Spagnola (altra incursione della storia con la S maiuscola) e mio padre è costretto a lavorare. Ma anche qua fa un altro eroismo. Si laurea alla Bocconi da privatista con il massimo dei voti e diventa “il dottor Jacchia”. Poi lo studio da commercialista di successo in centro a Vicenza.

Ecco, appunto, a Vicenza. Era una cittadina vivace e poco provinciale, un gruppo di intellettuali, tra cui il nostro Ermes, si distinsero per intelligenza ed originalità. Un paio di nomi conosciuti? L’editore Neri Pozza, Diego Valeri e più avanti uno scrittore allora giovane ma promettente: Goffredo Parise. Ma torniamo a Ester che stacca con perizia quadri dalle pareti per mostrarmi foto e lettere autografate. Mi colpisce una bella Ada Negri. Tentativo di domanda.

A questo punto, siamo alla fine degli anni 20, suo…

Mio padre si innamora e sposa mia madre Rosetta Bizzarro. Lei non è ebrea, è cattolica e nasco io. Lui è un uomo attivissimo, simpatico piaceva a tutti, aveva successo come professionista ma non si accontentava. Vuole una casa editrice e ci riesce. La “Ermes Jacchia editore in Vicenza ” pubblica il suo primo libro nel 1928. Libri belli curati, dopo te li faccio vedere, gioiellini editoriali per l’epoca, anche per la grafica (collabora anche Giulio Cesari, una celebrità allora) e sai chi è uno dei suoi collaboratori più vicini? Eurialo De Michelis, lo zio di Cesare che poi fonderà la Marsilio.

E con la Marsilio fanno due, due case editrici importanti che hanno avuto a che fare con il vulcanico Eermes. Cerco di fare lo spiritoso su Goffredo Parise.

Ma Parise era un bell’uomo?

Ma neanche per sogno, me lo ricordo quando passeggiava nel corso e cercava di farsi notare ma non l’ho mai preso in considerazione.

Stupenda la signora Ester, ancora adesso snob al punto giusto. Lascio la letteratura e arrivo alla svolta della sua vita.

Nel ’38 con le leggi razziali cambia tutto.

Oh sì completamente. Mio papà era già sorvegliato speciale, un antifascista e per di più ebreo. Per fortuna gli amici lo avevano protetto ma poi la situazione precipitò. Tramite un’amica del questore ottenemmo i passaporti e il primo gennaio del ’39 fingendoci turisti abbandoniamo tutto e via nel sud della Francia. Eravamo adesso stranieri poveri, io non sapevo il francese, ma sai da bambine si impara subito e divenne la mia nuova lingua in poco tempo. Mia madre si adattò e stirava per le famiglie del luogo. Mio padre venne assunto come contadino, in realtà faceva di nascosto l’amministratore di una società agricola di proprietà di un vicentino. A Montauban è dura ma anche da qui dobbiamo scappare. Nel ’43 i soldati nazisti occupano anche il sud della Francia. Me li sogno ancora. Dobbiamo fuggire e grazie al coraggio della mamma prendiamo l’ultimo treno riservato agli ebrei per l’Italia. Riusciamo ad arrivare a Vicenza ma dobbiamo ancora dividerci. Pianti e disperazione. Papà cerca di scappare verso gli Alleati che stavano avanzando verso il Po, lui come ebreo rischiava più di tutti. Niente da fare, non ce la fa ma riesce ad andare in Svizzera. Niente asilo dorato anzi, ti mostro le foto, sembra un campo di concentramento. Là, proprio lui che non aveva mai fatto niente di pratico (lampo di ironia negli occhi di Ester) è costretto a pulire le camerate, le latrine… Noi invece troviamo rifugio in una casetta a Marsan, vicino a Marostica. Vita dura specie per mia mamma e io devo ricominciare a studiare italiano ma grazie ad una maestra riesco a…

Scusi non ho capito ma lei Ester non era ebrea?

È un po’ complicato. I miei genitori avevano fatto una scelta molto moderna per quei tempi. Secondo loro avrei deciso a quale religione aderire da grande. Inoltre una legge fascista che aveva il compito di togliere di mezzo ogni residuo di ebraismo mi permise di assumere il cognome di mia madre, Bizzaro. Pensa che fui battezzata a undici anni. Una delle poche che ha partecipato alla discussione sulla scelta del proprio nome (altro lampo di allegria).

Cara signora Ester Bizzaro Jacchia Frezza posso chiedere di fare un passo indietro? La casa editrice…

Ah sì, ti ho preparato tutti i libri (sono sedici in bella mostra sopra un tavolo dello studio), tutto è finito nel ’38, anzi l’ultimo libro è stato sequestrato e bloccato dalla polizia fascista. Per mio padre fu un dolore terribile, forse come quello che subì quando perse tutta la sua preziosa biblioteca, ottomila volumi in un bombardamento del ’44.

Torniamo alla guerra, anzi alla fine della guerra.

Ricordo come adesso il giorno del suo ritorno, ero ancora una bambina, quasi arrabbiata per la sua prolungata lontananza. Riprese in mano la sua attività e la passione per l’editoria. Fondò una casa editrice scolastica e perfino una rivista fotografica, era più forte di lui. Finalmente era un uomo libero e si impegnò anche in politica.

Mi scusi ma era un ebreo praticante?

No, non in senso stretto ma ci teneva moltissimo al suo popolo. Ti faccio un esempio. Scrisse una nobilissima lettera al partito comunista di Vicenza per difendere il popolo israeliano contro la politica filo egiziana di Krusciov durante la crisi di Suez (altro flash storico che avevo dimenticato). E poi ti racconto del suo funerale.

Signora Ester non vorrei causarle delle tristezze (No la signora Ester macina storie e sentimenti a scavalco con abilità come fossero contemporanei)

Mio padre muore giovane a soli 57 anni. Una morte improvvisa e pensa fu l’ultimo ebreo vicentino ad essere sepolto nel cimitero acattolico della città. Pianto e rispettato da tutti. Ecco guarda questa è la fotocopia dell’articolo sul giornale di Vicenza che Neri Pozza gli dedicò.

Leggo avidamente. Mi rendo conto quasi con vergogna di non aver fatto neanche una domanda su di lei, sulla sua intensa vita culturale moglianese, su “gli Amici della musica”, sui suoi anni splendidamente indossati con ironia e curiosità.

Mi consegna due o tre volumetti da studiare e un paio di video da esaminare.

Farò il mio dovere signora Ester anche per il signor Ermes, come lui un giorno le disse: “ Perseguitato non dalla patria ma da un uomo nel 1938.” Ieri.

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

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