Non meno importante nell’ambito della manifestazione del “ Rock Music Circus” è la presenza,  in veste  di presentatore,  del  critico  musicale Michele Bugliari, storico corrispondente della  «Nuova Venezia e Mestre» e speaker radiofonico, per fare  alcune considerazioni sull’ andamento degli incontri, sinora dedicati agli anni 60, a Muddy Waters e ai  Doors, nell’ambito di un  progetto che verrà portato avanti sino al 17 Settembre, serata in cui Tolo Marton salirà sul palco insieme al batterista dei Deep Purple Ian Paice.

Devo dire – commenta Bugliari- che il progetto di per sé ambizioso ed impegnativo di ripercorrere la storia del Rock in otto serate sta procedendo molto bene, grazie alla bravura e alla duttilità di Tolo Marton e dei suoi musicisti, che non solo ripropongono un repertorio classico, in una chiave assolutamente originale e creativa, ma non meno coinvolgente e suggestivo è stata, sempre per idea di Tolo, di portare la manifestazione, all’interno di un circo. Devo ammettere che personalmente, all’inizio avevo qualche perplessità, invece devo dire che sta funzionando tutto al meglio, la gente viene ed è contenta. Ma soprattutto percepisce la professionalità e l’energia di una performance, che va vista anche come una sfida nel proporre il repertorio storico del Rock & Roll con atmosfere innovative e per nulla standardizzate. Insomma, anche se siamo in un circo, Tolo è un “domatore” in grado di proporre cavalli di battaglia assolutamente freschi e non addomesticati o, peggio, dopati. Grazie anche alla bravura di Alessandro Zanetti ideatore e organizzatore della manifestazione.

Possiamo considerare il “Rock Music Circus” come momento di reinvenzione della storia del Rock?

Assolutamente Tolo mi ha spiegato che ha scelto di fare in parte brani che rispettano l’originale, dall’ altra brani in cui procede all’insegna della sua creatività, e anche dei brani suoi, che richiamano dei periodi in cui si parla durante la serata. È interessante il fatto che lui si sia voluto fermare agli anni ’70. Perché voleva parlare in modo approfondito degli anni ’70.

Con risultati decisamente buoni.

È bello vedere la storia del Rock narrata da un grande musicista; io ho vissuto questo periodo in modo diretto e credo che sia importante cercare di trasmettere ai giovani le atmosfere di quegli anni, piuttosto che fargli comprare o regalare un disco di quel periodo. Comprare “Sgt. Peppers” dei Beatles o “The dark side of the moon” oggi, credo che non sia la stessa cosa che l’averlo comprato in quegli anni. E sentirsi raccontare la storia da chi l’ha vissuta, credo sia un modo per raccontare quanto questa musica sia stata viva ed abbia inventato le vite personali e la storia di quel costume e della società e di un’epoca in cui ci si esprimeva in un certo modo.

A proposito di epoche, mode e rigenerazioni, cosa pensi del fenomeno “Maneskin”?

Direi che è normale che un ragazzo che vive in Italia in questo periodo, forse la situazione all’ estero è diversa, non so, si appassioni di loro. Per due motivi il primo è che sicuramente da un po’ di anni, il Rock era passato in secondo piano, rispetto al Rap e alla Trap, e quindi viene percepito come una novità. L’altro motivo perché il Rock dei Maneskin molto vicino al Punk inglese degli anni ‘70-77 è anche una musica che porta un carattere di rottura. E quindi fare ancora per quel che si può della sana contestazione. Solo che essendo vicino al Punk, mi sembra una rottura un poco nichilista, rispetto a quello che propone. Contestazione, ma non alternative, per come la vedo io, da “anziano”. Però è già qualcosa che ci siano queste componenti. Se invece devo dire cosa penso io da persona che ha vissuto tanti anni di musica è ovvio che i Maneskin a me personalmente non comunicano granchè. Per me questo tipo di Rock non è nuovo, in quanto l’ho vissuto a presa diretta negli anni ’70. Un’ epoca in cui la musica non era un fatto di consumo come oggi, ma vissuta con un rispetto assoluto, perché era considerata una forma d’ arte elevatissima. Noi la davamo per scontata, perché era la musica della nostra epoca, oggi sono dei classici, all’ epoca non lo potevamo sapere, ma diciamo pure che siamo stati un po’ viziati sul piano del gusto. Perché abbiamo vissuto un’epoca d’ oro della musica Rock. Diciamo pure che è stato un momento irripetibile. Il Rap e la Trap mi dicono ben poco sul piano artistico, molto su quello culturale, in quanto modo di esprimersi dei giovani.

Per il resto la società di oggi è scarsamente creativa?

Per quanto mi riguarda sì, e anche la musica non esprime niente di sconvolgente, ma credo che sicuramente ci sarà un nuovo momento di rinascita, perché di idee innovative ce ne sono, circolano anche se non viene data loro visibilità e circolano sottotraccia. Corsi e ricorsi storici anche nella musica insomma.

Dal tendone del Rock a chi ha attinto a piene mani da questo genere cosa pensi della Triade: Finardi, Vasco Rossi, Ligabue.

Finardi è stato sicuramente il primo tra i cantautori Rock, rispetto alla tradizione più lirica che so di un De Gregori, Lolli, Dalla ed aveva anche uno spirito molto di rottura, rappresentava anche una generazione di giovani che avevano anche una certa sofferenza. Lui ha sicuramente aperto molte strade rispetto a quella che sarebbe stata la successiva evoluzione del Rock italiano. Vasco Rossi invece è stato un cantautore importante al di là del Rock, in determinati momenti lo ha perfettamente rappresentato, è un cantautore che va dentro e fuori gli schemi precostituiti. Ha scritto bellissimi testi e bellissime canzoni. È un artista decisamente molto completo. Ligabue ha invece rappresentato l’anello di congiunzione tra quello che in America poteva essere rappresentato da personaggi come Springsteeen, all’ italiana, un cantautore italiano, però con quel Sound e con quel Rock americano che da noi mancava. 

Una triade che ha una sua completezza nel panorama Rock italiano.

Sono tre grandi artisti, ma io credo che per me siano anche un po’ ingabbiati, alludo a Vasco e a Ligabue, dall’enormità delle loro figure mediatiche, ma nonostante questo sono stati assolutamente bravi a non lasciare che questa gabbia impedisse loro di continuare ad essere dei creativi, perché tutti e due hanno continuato anche dopo a scrivere canzoni belle ed interessanti. Non si sono seduti sul loro successo insomma. Ed è un merito non da poco.

Cosa ti ha colpito di più delle serate sinora svoltesi nel “Rock Music Circus”?

Devo dire intanto che Tolo ha raccolto la sfida tutt’altro che facile di fare otto serate tematiche, anche con due repertori, cosa per certi versi ovvia, vista la sua bravura e la sua professionalità, ma per nulla scontata. Lui è un punto di riferimento importantissimo per la musica italiana, e anche se è stato per sua scelta un po’ defilato, rispetto ai circuiti istituzionali, ha un repertorio espressivo decisamente ampio, che fa riferimento sì al Blues e al Rock, ma che spazia un po’ in tutti i generi. Conosce e suona tantissima musica, ed è talmente onnivoro che vengono fuori influenze di ogni genere.

Beh, la poliedricità di Tolo Marton è più che nota…

Da Morricone a Jimi Hendrix, a qualsiasi altro genere. I suoi assoli sono poi sempre imprevedibili, io dico che lui ha il complesso di Paganini, non ripete mai un giro allo stesso modo e con le stesse modulazioni. Se tu senti uno stesso pezzo di Tolo in dieci versioni, saranno tutte diverse tra loro, ma al tempo stesso mai dissonanti, nella loro diversità rispetto all’ originale. E quando fa degli assoli lunghi, cosa che in questo periodo è fuori moda, la gente resta a dir poco ipnotizzata nell’ ascoltarlo, perché la costruzione del suo assolo è come un racconto in note, con dei risvolti spesso sorprendenti e per nulla virtuosistici. Altra cosa, in questi ultimi concerti riesce ad esprimere un’energia musicale talmente forte che si contrappone al passare del tempo. Si il Rock mantiene giovani e da questo punto di vista Tolo ha una marcia in più perché è fortemente introspettivo. E questo deve essere il compito di ogni vero artista, guardare nella profondità di sé stesso e del proprio io bambino e   credo che sia questo il flusso di energia che si muove in lui per poi materializzarsi nella sua musica.

 Un affabulatore delle Sette note?

Assolutamente e credo che anche con i Teen Years After e i Doors, francamente non abbia deluso il pubblico, perché vedremo due lati della  stessa medaglia da una parte il gruppo inglese di Alvin Lee, la cui arte attinge a piene mani nella musica degli anni’ 50  dall’ altra uno dei primi gruppi americani risvegliatisi dopo la  botta che all’ epoca avevano dato i Beatles al mercato d’ oltreoceano. I Beatles avevano avuto di incredibile che oltre alla loro musica, erano riusciti a fare diventare l’Inghilterra il centro del mondo musicale dell’epoca. Togliendo praticamente non solo il monopolio all’ America, ma addirittura conquistandola, creando per l’appunto quello che porta il nome di British Invasion e che mandò all’ epoca in crisi i vari Bob Dylan, che all’ epoca si spaccò una gamba, rimanendo fermo per due anni e ritornare poi sul palco con il Beatle George Harrison con il Concerto per il Bangladesh. I Beach Boys sono entrati in crisi e via discorrendo, È a questo punto che l’America ricomincia però a sfornare sul mercato nuovi gruppi capaci di competere con il mercato internazionale e i Doors era uno di questi, e secondo me uno dei più completi e all’ avanguardia, non solo per la musica, ma anche per i testi. Due motivi risaputi, ma più che validi, se non eccellenti, per farli entrare nel nostro repertorio.  Per non parlare del mito Morrison legato alla sua poesia e alla sua statura di intellettuale, anche trasgressivo, anche se la faccenda dei suoi atti osceni durante il concerto di Miami del… non è mai stata chiarita, e il giudice che l’ha condannato venne di lì a poco arrestato per corruzione di minorenni, mi pare… La faccia ipocrita perbenista e puritana dell’America e non solo…

Per Concludere un modo assolutamente nuovo di riscrivere le pagine più significative della storia del Rock?

Assolutamente sì, in attesa anche di nuovi artisti in grado di pensare. Continuate e venire per Tolo, per Ian Paice che sarà in chiusura il 17 settembre e soprattutto per tutto ciò che di vitale il Rock rappresenta, soprattutto in un’epoca a basso tasso di creatività, dove sembrano avere la meglio solo le ribollite musicali.

I Ten Years After
I Doors
Stefano Stringini
Docente di Lettere presso il Liceo G. Berto di Mogliano. Ha pubblicato alcuni libri di Poesie: “Emermesi” (Pescara, Tracce, 1986), “Breviari, Taccuini e Baedekers” ( Bologna, Andomeda, 1992), “Rimario d’ Oltremura” (Chieti, Noubs, 1997) e vinto qualche Premio, l’ ultimo è stato quello conferitogli dall’ “Istituto Italiano di Cultura di Napoli.” (2019) Ricercatore sonoro (rumori, parole e musica) è istruttore di Hata Yoga e tiene Workshop di scrittura creativa con i Tarocchi.

1 COMMENT

  1. Sono un anziano (1943) da sempre appassionato di musica – di ogni genere-. Mi farebbe piacere fare due chiacchiere con te. Chiamami. Grazie, notte.

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