Una foto scattata ieri mattina, domenica 2 gennaio 2022, in una banca in pieno centro a Mogliano Veneto. Una foto che interroga tutti: istituzioni, cittadini, associazioni di volontariato. Una foto che stride profondamente non solo per il luogo: una filiale della banca italiana più solida dal punto di vista finanziario (dati BCE), la stessa che qualche settimana fa ha posto fine al lungo contenzioso sul derivato con il Comune di Mogliano. Ma anche per il contesto: una della città più ricche del Veneto, dove 3.902 contribuenti su 20.463 hanno un reddito complessivo superiore ai 35.000 euro (e 364 superiore ai 100.000) e in cui la media del reddito imponibile è di molto superiore a quelle provinciale, regionale e nazionale. Una città dove il mercato immobiliare non conosce crisi e l’acquisto di un’abitazione diventa proibitivo perfino per quello che viene definitivo in maniera sbrigativa il “ceto medio”, figuriamoci per una famiglia monoreddito. Una città dove peraltro esiste una rete di solidarietà forte di numerose associazioni che si occupano di assistenza e che vanta una lunga tradizione di vicinanza agli ultimi. Merito di decine di volontari che quotidianamente e in silenzio accolgono, confortano, ristorano coloro che non ce la fanno: in una parola, si prendono cura.

Ora qui non conta se dentro quel sacco a pelo ci sia un uomo o una donna, un bianco o nero, un moglianese o un “foresto”, un “senza dimora” che ha alle spalle una storia di grave marginalità e di povertà estrema oppure un “senzatetto” che semplicemente non ha un alloggio in cui vivere. Qui conta che dentro quel sacco a pelo ci sia una persona. Questa immagine infatti ci pone di fronte alla fragilità dell’uomo moderno, alla disperazione che porta qualcuno a trovare riparo dal freddo perfino all’interno di una banca a pochi metri dagli sportelli del bancomat, tra l’indifferenza o la curiosità scocciata dei cittadini.

Mi auguro che questo episodio non sia trattato come una problema di ordine pubblico e che questa immagine non sortisca un semplice intervento della polizia locale. Ma neanche che vi sia un banale e scontato moto di pietas per risolvere questo e altri casi che si sono verificati nelle ultime settimane nel nostro territorio. Il problema, infatti, è più profondo. Serve un progetto a medio e lungo termine per contrastare la povertà in maniera concreta. A questo proposito sarebbe utile attingere ai fondi messi a disposizione dal Piano Nazionale per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà 2021-2023. Ad esempio, il Pronto intervento sociale parte dalla necessità di affrontare questo problema secondo un approccio infrastrutturale e non più emergenziale. Prevede infatti la costituzione una centrale operativa dedicata e specifica per il pronto intervento sociale in grado di rispondere ai bisogni così detti “indifferibili” e “urgenti”, ma all’interno di un sistema di servizi strategicamente orientati verso il perseguimento del maggior grado di inclusione sociale possibile per ciascuna persona in stato di bisogno; questo al fine di garantire innanzitutto risposte primarie ai bisogni delle persone senza dimora, mediante servizi di pronta e prima accoglienza svolti in strada o in strutture di facile accessibilità, in una dimensione di prossimità rispetto alla persona e che crei le condizioni per una successiva presa in carico, avviando un percorso di inclusione sociale che consenta di uscire dalla condizione di disagio.

Anche perché i numeri pubblicati periodicamente dall’Istat sono solo una drammatica conferma di ciò che può essere facilmente osservato con metodi empirici in questo tempo di crisi e di pandemia. Le incidenze di povertà sono più contenute se accanto a un reddito da lavoro se ne affianca uno da pensione, ormai da tempo un vero e proprio ammortizzatore sociale. Ma a preoccupare ancora di più è la “povertà assoluta”, calcolata su una soglia che corrisponde alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi. Cito dal report dell’Istat pubblicato nel giugno del 2021: “Nel 2020, secondo le stime definitive, sono oltre due milioni le famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,7%), per un totale di oltre 5,6 milioni di individui (9,4%), in significativo aumento rispetto al 2019 quando l’incidenza era pari, rispettivamente, al 6,4% e al 7,7%Il  valore dell’intensità della povertà assoluta – che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere è in media al di sotto della linea di povertà (cioè “quanto poveri sono i poveri”) – registra una riduzione (dal 20,3% al 18,7%) in tutte le ripartizioni geografiche. Tale dinamica è frutto anche delle misure messe in campo a sostegno dei cittadini (reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, estensione della Cassa integrazione guadagni, ecc.) che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica – sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020, sia quelle che erano già povere – di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà” (LE STATISTICHE DELL’ISTAT SULLA POVERTÀ | ANNO 2020) .

Daniele Ceschin
Nato a Pieve di Soligo il 20.12.1971. Storico con un dottorato di Storia sociale europea dal medioevo all’età contemporanea. Docente a contratto di Storia contemporanea dal 2007 al 2011 all’università di Ca’ Foscari di Venezia. Autore di pubblicazioni a carattere storico. E’ stato Vicesindaco a Mogliano Veneto dal 2017 al 2019.