Fu il vento a dirmelo:
“Va’ incontro al sole!”
Lieve guidò i miei passi
scalzi all’alba sulla rugiada.
Giunsi in un campo,
verde prato d’erba odorosa;
a mille e mille, voci di bambini
salivano al cielo, ai loro aquiloni,
vivaci farfalle garrule,
che ne facevano eco.
Musica per le orecchie,
beatitudine degli occhi,
estasiato ammiravo.
Tra tutti un piccolo aquilone,
bianco, semplice, mi colpì.
Non come gli altri ai capricci del vento
si abbandonava: fiero e tenace
volava dritto e sicuro.
E non gioiose grida emetteva,
ma melodiosi sussurri.
Seguii il suo filo e mi stupii,
due verdi smeraldi
in un roseo viso di bimba
mi sorrisero sinceri.
“È bello il mio aquilone!
Di tutti il più bello!
L’ha fatto il mio papà,
e sa volare come nessun altro!”
Alla piccola e candida veste sorrisi:
“È vero! Nessuno vola come lui.”
Un’ombra spense le voci,
nere ali spaventarono il vento
che timido si quietò.
Ad uno ad uno caddero gli aquiloni
insieme alle lacrime dei piccoli.
Solo il bianco vessillo rimase.
L’aquila dalle nere penne
girava intorno sentendosi sfidata.
“Va’ via, come gli altri!
Qui non puoi stare,
solo io posso volare:
anche il vento ho cacciato.
Potrei stracciarti coi forti artigli,
col rostro adunco recidere il filo
e portarti lontano!”
Guardai pavido la bimba.
Serena e calma la sua voce
salì all’aquilone:
“La tua prepotenza
fa paura solo a chi ne ha.
Non ho bisogno del vento
per farlo volare,
mio papà lo ha fatto:
col suo spirito di libertà.
E adesso che è in cielo,
è lui a tenerlo su.
Puoi anche farlo a pezzi,
portarlo via lontano,
quello spirito non morirà.”